Linea d'ombra - anno XII - n. 92 - aprile 1994

24 "GIALLO"/O'BRIEN ma la forza motrice qui è soprannaturale, con innumerevoli apparizioni ed emanazionj associate alla religione della santeria che hanno un ruolo determinante nell'esito del romanzo. Giocando la catta dell'autenticità etnica, Abella tenta di restituire un'ombra di mistero a uno scenario conosciuto; ciò che non gli riesce in questo caso è di mantenere il controllo sulla narrazione. Oasi di descrizioni etnologiche ravvivano quella che sarebbe altrimenti una storia meccanica e tutto sommato poco credibile. Non di meno, Abella è probabilmente sulla strada giusta; gli scrittori di gialli oggi devono fornire informazioni fresche su scenari marginali, proprio come i loro predecessori delineavano una geografia fatta di bettole, lunapark e ambienti chiusi. I romanzi di WalterMosley-chesi dice sia lo scrittore di gialli preferito da Clinton-sono altrettanto irrilevanti, quanto a struttura narrativa. La trama di White Butterjly ( 1992) si rivela, man mano che si sviluppa, per una storiella da quattro soldi datata 1938. Ma le priorità di Mosley sono evidentemente altrove e la sua scrittura è abbastanza buona da non avere bisogno di grandi trame a sostenerla. La storia si potrebbe riassumere nel lo stile di "TV Guide": "Nella Los Angeles degli anni Cinquanta, un detective nero va in cerca di una bella e pericolosa donna bianca". li filo conduttore è solo una scusa per escursioni picaresche in posti e personaggi con l'eroe della serie di Mosley che esercita una calma autorità morale simile a quella del Lew Archer di Ross Macdonald. Con la costruzione dei periodi e la palese ammirazione per Raymond Chandler, Mosley i potrebbe definire parte della tendenza "retrò" comune a molti gialli recenti, vivacizzata, però, da una caratte1istica narrazione in prima persona (piacevolmente) non mirata al vi,tuosismohard-boiledda una grande scioltezza di trama, che conferisce al le storie un taglio di realistica casual ità. L' apparente lentezza potrebbe anche essere una calcolata risposta ai fin troppo facili meccanjsmi del romanzo di serie B. Ma siamo nel regno dell'elegia, nella nebbia di una diffusa, melanconica meditazione su di un passato che svanisce. Cari Hiaasen, un noto cronista della Florida, esemplifica il "romanzo della Florida", che è diventato un'importante sottocategoria della narrativa gialla americana, dalle origini, con John D. MacDonald, fino all'attuale sfaldatura con l'opera di Elmore Leonard, Charles Willeford, Edna Buchanan e James W. Hall. Il romanzo di Hiaasen Skin Tight (I 989) si colloca al limite estremo del genere, coltivando una vena di umorismo surreale. Il mondo della chirurgia plastica, con le sue molteplici bizzarrie fisiologiche e i suoi loschi affari, offre la base per una complicata avventura che conta pesantemente su amputazioni e mutilazioru, per la riuscita. Come per riconoscere la competizione, il cast di Hiaasen include Reynaldo Flemm, ospite dj uno show TV dal titolo In Your Face, un personaggio chiaramente modellato (così come la figura, simile, che appare nella serie con Bruce Willis Die Hard) su Geraldo Rivera, i I famoso, eroico reporter televisivo. li problema è che il livello di realtà rappresentato da un Geraldo Rivera è già così esagerato da sconfinare nella caricatura. Gli esempi immaginari di assurdità e cattivo gusto inventati da Hiaasen non reggono il confronto con ciò che si può ramazzare in un'ora di "zapping" tra le TV via covo. Lo sforzo di Hiaasen per imitare un'atmosfera di folle violenza, esacerbata da un deli,io a sua volta alimentato dai media, richiede una tale esagerazione che parodia e modello si confondono, e i I libro diventa un esempio di ciò che si propone di analizzare. Eugene Izzi, al contraiio, torna a un'epoca più semplice. Una complicata saga di lealtà e tradimento tra gangster come Prowlers (1991) sembra svolgersi in una Chicago della mente, un posto cupo e medioevale dove i secoli vanno e vengono senza alterare significativamente le dinamiche interne alle famiglie mafiose alleate. Izzi possiede una naturale abilità di narratore che ricorda John D. MacDonald o Elmore Leonard, e certamente Prowlers avrebbe potuto essere un'originale "Gold Medal" ai tempi d'oro, se non fosse per le 368 pagine di lunghezza. La lunghezza richiesta dalle odierne considerazioni di mercato è inoltre responsabile, qui come in altri scrittori contemporanei, di una notevole verbosità, di solito espressa sotto fonna di lunghi monologhi interiori. Harry Whittington avrebbe raccontato il libro in metà delle pagine. Ma Izzi almeno lo racconta: conosce il segreto (o questo, irresistibilmente, possiede lui) di lasciare che la storia precipiti attraverso i suoi svolgimenti, come se fosse il narratore a lottare per la sopravvivenza. 4. Infine, due libri di tipo completamente diverso: White Jazz di James Ellroy ( 1992) e Clockers di Richard P,ice ( 1992). (Hanno almeno questo in comune: per una curiosa coincidenza, entrambi i protagonjsti si chiamano Dave Klein. White Jazz è un libro consapevolmente radicale, un deliberato tentativo di creare uno stile di prosa nuovo, sia per Ellroy che per il genere hard-boiled. Il tono è telegrafico, frammentario, come gli appunti sul blocco di un detective - o sul quaderno di uno scrittore. "Controllo fedine penali: nove grossi mandati di arresto in totale. Senza dita si è rivelato un tesoruccio: stupro, ADW, truffa. È pallido, forse sta morendo: un medico gli ha dato caffè e aspirina." L'effetto oscilla tra l'astrazione modernista (un canovaccio nodoso fai·cito di nomi e modi di dire) e i sottotitoli di un fumetto horror inglese (specialmente quando Ellroy descrive una delle sue classiche scene macabre). L'impulso di Ellroy sembra andare verso una frantumazione apocalittica, una violenza in cui i corpi, e pai·imenti il linguaggio, vengono squarciati o fatti esplodere. La profusione barocca della narrazione si avvolge su se stessa, e i suoi personaggi si distruggono a vicenda, lasciandosi dietro solo un triste lamento per un amore perduto, unico raggio di sole in un panorama di corruzione, ossessione sessuale e ottenebrante violenza. Bulbi oculari scavati e animali massacrati vengono chiamati a sostenere un peso espressivo che rivela i suoi limjti. La modulazione qui non è una preoccupazione, cosa che fa sembrare il libro molto più lungo di quel cheè,e molto meno conturbante di quanto vorrebbe essere. Ma l'ambizione di Ellroy nel cercare di creare un nuovo linguaggio è straordinaria. Egli si rende conto, come pochi dei suoi colleghi fanno, che le forme di scrittura dei romanzi gialli fin qui ereditate si sono da tempo esaurite. L'originalità del libro di Richard Price Clockers (1992) non sta nello stile, ma altrove. Formalmente il libro si adegua alle regole di un solido naturalismo; la novità è che Price si misura con una realtà che pochi scrittori sono stati inclini ad affrontai·e in termini che non fossero melodrammatici, e cioè il mondo della strada, dove si spaccia droga e si muore improvvisamente. Clockers unisce, a volte in maniera inquietante, le esigenze della narrativa gialla con quelle delle cronache investigative. L'aspetto giornalistico è il più forte: questo è un libro scritto dopo prolungate ricerche, nello sforzo di riportai·e qualcosa di più dei formulari riciclati dai notiziari locali su guerre di quartiere e sparatorie da macchine in corsa. Semmai Price minimizza l'aspetto sensazionale intrinseco a questo soggetto, creando un protagonista giovane spacciatore di crack che è intelligente, insicuro e non particolarmente incline alla violenza. Al contrai·io della prosa palesemente stilizzata di Ellroy, i periodi di Price sono costruiti per essere invisibili. li suo dialogo aspira, con successo, ad essere plausibile: tranne quando, nelle parti conclusive del libro, i personaggi vengono chiamati a dare troppe spiegazioni. In questi capitoli finali Clockers assume, disgraziatamente, un tocco di quell'aura di consapevolezza sociale tipica di Knock on Any Door e The Blackboard Jungle. Tuttavia, come lettore residente in una città americana, direi che

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