WORKERS. LAGRANDEMOSTRADI SALGADO GoffredoFofi Sebastiao Salgado, brasiliano, cinquantenne, è uno dei maggiori fotografi oggi attivi. Il Palazzo delle Esposizioni di Roma ha presentato a marzo-aprile la sua grande mostra sul lavoro nel mondo, Lamanodell'uomo. e la fondazione Aperture, la nuova ERI e l'agenzia Contrasto hanno messo a disposizione un magnifico Catalogo, un ampio volume di splendida fattura. Salgado raccoglie nella mostra e nel volume il lavoro di anni, e vi racconta il lavoro nel mondo fotogra- Fotodi BrunoBarbey/S Salgado/ Magnum/Contrasto fando zone e mestieri poco o pochissimo frequentati da qualsivoglia forma di giornalismo. In Cuba, in Brasile la canna da zucchero; in Rwanda la coltivazione del tè; e ancora in Cuba, il tabacco; in Brasile il cacao; all'isola della Réunion i profumi, le essenze; in Galizia la pesca; in Sicilia le tonnare; nel Sud Dakota l'allevamento di maiali; in Bangladesh e Kazakistan i tessuti; a Shangai la fabbricazione di biciclette, in India di scooter, a Madras di motociclette, in Ukraina e Cina e India di automobili; in Polonia e Francia i pescherecci; in Kazakistan le miniere di titanio e magnesio; in Francia e Ukraina quelle di acciaio; in Francia i ferrovieri; in Azerbaijan, a Baku, in Kuwait, il petrolio; in Francia e Inghilterra la costruzione del tunnel sulla Manica, in India la costruzione di canali ... Eccetera. E in Brasile, ancora, le foto più celebri tra quelle di Salgado e tra le più celebri di questi anni, sulla miniera d'oro di Serra Pelada, girone infernale fissato in eterno con statuaria e tragica grandiosità di figure singole mai singole, sempre su fondo di massa, su fondo di dannati al lavoro. La mano dell'uomo richiama già nel titolo una celebre mostra collettiva che girò il mondo negli anni Cinquanta, stabilita dall'Unesco, Lafamiglia dell'uomo. Lì s'intendeva un po' artificiosamente, cioè oltre le differenze di classe, tra ricchi e poveri del mondo, indicare la somiglianza: dovunque, vi si diceva, la vita si afferma e prosegue nell'istituzione familiare, oltre ogni razza e casta e base di tutto è la famiglia. Qui, un po' ideologicamente, si afferma una comunanza dell'uomo, sotto ogni latitudine e in ogni cultura, nell'atto del lavoro manuale, nella fatica e nello sforzo di una costruzione, contro la natura e per la produzione di beni e di migliori condizioni per la società tutta, secondo una visione che appare oggi discutibile. Essa risponde infatti a un'idea di progresso che non si è in pochi ormai a rifiutare, così come risponde a un'idea di solidarietà, Nord-Sud tra i lavoratori del mondo che la storia ha dimostrato inesistente. Ma che Salgado ci ricordi l'importanza del lavoro nell'esperienza dell'uomo, anzi la sua centralità, e che da essa possa scaturire solidarietà, che essa sia la base della solidarietà, è opportuno e benvenuto. fn ogni caso, le dichiarazioni di un artista (la sua percezione teorica di ciò che fa) non sempre sono probanti - e anzi uno dei guai della moderna critica letteraria e cinematografica ecc. è quello di rinunciare all'analisi delle intenzioni profonde dell'opera fidandosi delle dichiarazioni dell'autore. ln questo caso, la lettura che Salgado dà della propria opera (vedi l'intervista che apre il catalogo) è riduttiva rispetto ali' opera stessa, e dice molto meno di quanto l'opera non dica, al contrario di quanto di solito avviene ... Certo, l'epica quotidiana del lavoro regge l'ispirazione di queste immagini e le lega tra loro; ma Salgado sceglie quei lavori nei quali le recenti trasformazioni sembrano avere inciso di meno. Non c'è molto terziario, in queste immagini, e tanto meno c'è la cibernetica e l'elettronica. A Salgado interessa il lavoro in qualche modo ancora "intero", quello dove "la mano dell'uomo" ha un ruolo e un senso. E se qualcosa di profondamente rivelatore le sue immagini hanno, è in quelle parti in realtà nuove, là dove l'Occidente ricco (il Nord) ha trasferito quelle lavorazioni che nei suoi paesi sono troppo costose, come forma di sfruttamento ulteriore del Nord sul Sud, sui Sud. Sequenza per sequenza, ambiente per ambiente, secondo Salgado il lavoro puòavvilireedistruggere l'uomo, ma è anche la cosa dalla quale egli può ripartire, e incontrare gli altri, costruire una solidarietà nel mentre che modifica iImondo e lo segna. La polemica è evidente, con la solitudine narcisa ed esibizionistica nostra, del mondo ricco e terziario. Nessuna figura -anche nel le immagini rare in cui una sola figura campeggi - noi sentiamo sola, le sappiamo tutte circondate da altre, unite con altre. L'ispirazione di Salgado è sociale e corale. E in qualche modo anche sentimentale, secondo il principio stesso della solidarietà. Nelle sue dichiarazioni colpiscono l'insistenza sulla parola "guerrieri" applicata agli operai di cui narra, che mostra guerrieri contro la forza degli elementi, della natura, e sulla parola "tenerezza", che indica il legame di fraternità tra chi lavora nello stesso luogo, sottoposto alle stesse fatiche. Ma soprattutto colpisce una dichiarazione poetica oggi assai rara, quando nella valutazione della qualità di "sogno" che questa lotta contiene (e si pensi alle immagini struggenti e visionarie sulla lotta contro il petrolio che è da ricondurre nel suo alveo, dopo la guerra del golfo, e da controllare di nuovo nel suo empito distruttivo, vulcanico) egli dice essere il "sogno" un fatto sociale, ché "non esistono sogni solitari". In epoca di fotogiornalismo sensazionalistico, che predilige i luoghi dei fatti "televisivi" ed estremi, ma anche oltre il valore stesso della testimonianza e dell'immagine che riferisce ciò che altri possono tacere, Salgado non tanto sa "connettere" i fenomeni, quanto cantarli. La qualità del suo canto? Quella di una indignazione e partecipazione che egli bensì ritiene e controlla, dalle quali strappa ogni tentazione di demagogia scegliendo il vigore e l'altezza della constatazione. Non c'è predica e ricatto, non c'è lamento e accusa, c'è constatazione e c'è, sul sociale, una so11adi richiesta, di esigenza che è decisamente morale, ma che può raggiungerci e toccarci in quanto egli ne fa al contempo una esigenza di estetica. Salgado inventa, o meglio reinventa, una "retorica" dell'immagine a partire da una istintiva sapienza culturale. Le sue immagini ricordano la pittura e la scultura del tempo in cui la pittura e la scultura ancora si davano come scopo di narrare l'uomo e la natura. Oggi che a questo hanno abdicato, è la fotografia a recuperare la loro prima tensione, la loro necessità, ci dice Salgado con una coscienza istintiva e con una forza davvero inusitata in questa misura e con questa esattezza. La tensione per una forma, che tramite la fotografia e la necessità della informazione recuperi le acquisizioni della pittura e della scultura classiche, di prima delle avanguardie e dei formai ismi,
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