Linea d'ombra - anno XII - n. 92 - aprile 1994

causeranno migrazioni di massa, con conseguenze incalcolabili tanto per le nazioni sviluppate quanto per quelle in via di sviluppo. Le nazionj in via di sviluppo devono comprendere che il danno ambientale rappresenta una delle più gravi minacce che esse si trovano a fronteggiare - e che i tentativi di contrastarlo saranno inutili se non riusciranno a controllare la crescita delle loro popolazioni. Il pericolo maggiore è quello di trovarsi intrappolati in spirali di declino ambientale, povertà e inquietudine tali da conduITe al collasso sociale, economico e ambientale. li successo di questo sforzo globale ricruederà una drastica riduzione di violenza e di guerra. Le risorse attualmente destinate alla preparazione e conduzione di guerre-che ammontano annualmente a più di un bilione di dollari Usa - saranno oltremodo necessarie per questi nuovi compiti e dovranno essere dirottate verso queste nuove sfide. È anche necessaria una nuova etica, cioè una nuova attitudine verso lo scaricare le nostre responsabilità nell'occuparci di noi stessi e della te1Ta.Dobbiamo renderci conto della capacità limitata della terra a sostenerci: dobbiamo quindi riconoscere la sua fragilità, non dobbiamo permettere che essa sia ulteriormente devastata. Questa etica deve motivare un grande movimento, convincere leaders riluttanti e governi riluttanti e gente altrettanto riluttante qualora si tratti di rendere effettivi i cambiamenti necessari. Gli scienziati che lanciano questo allarme sperano che il messaggio raggiungerà e influenzerà ovunque chiunque ne venga a conoscenza. Ci è necessario l'aiuto di molti. Abbiamo bisogno dell'aiuto della comunità mondiale degli scienziati - scienziati naturali, sociali, economici e politici. Abbiamo bisogno dell'aiuto dei leaders del mondo finanziario e industriale. Abbiamo bisogno dell'aiuto dei leaders religiosi. Abbiamo bisogno dell'aiuto degli abitanti del pianeta. Chiamiamo tutti a unirsi con noi per questo compito. COMESONOGLISCIENZIATI. NEL"LABORATORIO"DI TOMATIS FrancoCarnevale Sei Ierio ha recentemente ristampato, arricchito da una appendice-aggiornamento, Il Laboratorio di Renzo Tomatis, un componimento a metà strada tra il saggio e la narrativa, pubblicato originariamente nei "Coralli" di Einaudi nel 1965, lo stesso che aveva avuto una più larga diffusione a metà degli anni Settanta quando era stato proposto, a puntate, da una rivista di impegno e di divulgazione scientifica. Giulio Maccacaro introducendo, come era capace di fare, con grande passione ed effetto, un secondo componimento di Tomatis (La ricerca illimitata, Feltrinelli 1974) gli riconosceva non soltanto una capacità di "ricognizione di luoghi, incontro di uomini, giornale di esperienza, trama di SCIENZAEFUTURO 11 memoria ...", ma anche, o forse soprattutto ... "una meditazione severa fino al risentimento e sincera sino all'autocritica sul fare scienza e sul fare medicina ...". Quest'ultimo atteggiamento Tomatis certo lo ha sviluppato ed aggiornato nelle opere più recenti che non si presentano più in forma strettamente diaristica; le note rapide, anche di poche righe, del diario diventano delle discussioni esplicite ed esaurienti in Visto dal!' Interno (Garzanti 1981) e quindi in Storia naturale del ricercatore (Garzanti 1985). Ma ne Il Laboratorio, a ben vedere, quell'atteggiamento di cui parla Maccacaro esisteva, era di già compiuto ed efficace; basta rileggere un brano che aveva colpito lo stesso Maccacaro: " ... Visto nel suo insieme il mondo della ricerca è costituito da poche decine di persone che contano veramente, da una piccola schiera di lavoratori fidati, da un discreto numero di ignoranti (colpevoli e no) eda una coorte di profittatori senza scrupoli, veri profanatori ..." (questi ultimi)" ... lavorando all'interno del sistema e parlando in nome di qualcosa cui non si sono mai sognati di credere, seminano zizzania, scavano trabocchetti, distorcono la verità, essendo il loro fine ultimo quello di acquistare potenza e, a un livello più alto della norma, di fare carriera. Con tutto ciò la bilancia del progresso continua a pendere dal lato positivo. Vien da chiedersi se davvero il progresso sarebbe più veloce qualora gli intriganti e i profanatori venissero eliminati. Forse, come il letame dei campi, essi rappresentano il concime della ricerca. O forse per comprendere il fenomeno bisognerebbe liberarsi dai vincoli di un'etica tradizionale? ..." (pp. 133-134). Nelle pagine de Il Laboratorio sgorgano con semplicità, ammantati alle volte da una speciale mitezza, ma chiaramente ispirati da passione intellettuale ed ideologica e sempre in maniera comprensibile, motivata, i vizi specifici del mondo della ricerca ma anche i collegamenti di questi ultimi con i vizi più generali presenti e coltivati anche da quegli stessi personaggi e da altri nella società, nella politica e quindi anche nella così detta economia sanitaria. L'autore con quel volume, ma solo agli occhi di chi era stato toccato direttamente, cioè i potenti ed i privilegiati e chi operava per divenire tale, aveva compiuto una operazione imperdonabile e non mi pare che, a distanza di 30 anni, sia stato perdonato. Tomatis non ne riporta la testimonianza diretta, né poteva farlo, visto il differente campo di interesse, ma appare suggestivo o anzi doveroso collegare oggi quei giudizi e quelle previsioni in termini di impegno e di onestà presenti ne Il Laboratorio anche con episodi recenti, assurti all'onore della cronaca, per esempio con alcune fasi della biografia di Francesco De Lorenzo, prima ricercatore negli Stati Uniti nel campo biologico e poi cattedratico e Ministro della Sanità della Repubblica Italiana. L'aggiornamento presente nella edizione del 1993 de Il Laboratorio, nonostante la sua brevità ed essenzialità, consente di effettuare l'operazione che lo stesso autore consiglia ai suoi lettori," ... riconoscere qualche somjg]ianza e le molte differenze fra la situazione degli anni Sessanta e degli anni Novanta e, frammezzo a queste, forse anche una certa continuità". A qualche differenza l'autore accenna, senza peraltro, mi pare, considerarla di significato rilevante. Quella che emerge, descritta con una vena di pessimismo, è la continuità, quasi un accanimento, illustrata con vicende di vita vissuta; le forze ed i meccanismi attivi negli anni Sessanta valgono ancora oggi, ad esempio nell'Università, ma quella non è una zona franca, libera, vive in funzione ed in sintonia con il resto della società, è una spia, ne riproduce fedelmente i tratti di inciviltà; l'autore, anche sulla base della propria esperienza, ha voluto sostanzialmente testimoniare e far meditare su di un fatto: " ... il sistema che avevo riconosciuto trent'anni fa era da buttare, e malgrado i cambiamenti intervenuti da allora forse lo è ancora ...".

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