Linea d'ombra - anno XII - n. 91 - marzo 1994

76 VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE "il resto può essere scritto molto rapidamente", "accennare a questo leggermente"), l'indicazione di battute da portare a compimento ("ecc., ecc., ecc."). Non c'è dunque un copione da mettere in scena, ma un testo (anche per il suo aspetto di work in progress, di laboratorio d'aitista) di grande interesse da leggere. E infatti, fino ad ora, Venise sauvée era stata recitata soltanto in forma oratoriale da un gruppo teatrale universitario. Quella di Luca Ronconi, vista sul palcoscenico del Teatro Carigna'no di Torino, è quindi la prima vera messinscena della tragedia. Ronconi è un regista che ama le sfide. A volte la sfida · sta nell'originale anomalia dell'interpretazione registica-scenografica applicata a lavori di sicura teatralità. A volte, assai spesso negli ultimi anni, sta nel cercare di trovare una forma teatrale fotte per testi caratterizzati da una forma drammatica fragile, ai limiti della rappresentabilità. Sono, in genere, testi in cui la parola domina sovrana; ma non necessariamente una pai·ola teatrale, bensì, spesso, una parola letteraria, filosofica, una parola densa di significato che forse solo una attenta lettura può cogliere in tutta la sua 1icchezza. Ronconi sovrappone alle parole del testo un'invenzione scenogràfica che ne racchiude il senso, a cui affida immediatamente, visivamente (d'altronde teatro viene dal greco thedomai, vedere), il significato della sua interpretazione. E, pai·adossalmente, le parole, che in quel testo erano tutto, vengono spezzettate, frantumate, legate e congiunte contro la grammatica e il senso, a mostrare tutta l'artificiosità insita nella rappresentazione teatrale. In questo Ronconi è un regista metateatrale per eccellenza, che costantemente sottolinea la finzione del teatro e che radicalmente dichiara l'improponibilità della pretesa naturalistica. Venezia salva è messa in scena secondo tal i prineipi di fondo; ma con risultati deludenti. La scena (forse perché si pai·la di Errata corrige Nel numero di febbraio 1994, nell'articolo di Santina Mobiglia, Uno strano movimento di normali studenti, sono saltate quattro righe del testo a p. 17, colonna sinistra, ultimo rigo. Riproduciamo l'intero brano in questione: Se venti o venticinque anni fa era una scuola di élite che subiva convulsamente l'impatto di una crescita di massa, oggi è una scuola compiutamente di massa che stenta a darsi un'identità coerente, ovvero a garantire una qualità media adeguata e diffusa (basta pensare ai giri di consultazione diventati quasi ossessivi fra i genitori al momento delle iscrizioni dei figli), carattere comune peraltro anche ad altre istituzioni (dalla Sanità alla Magistratura, all'Università) del nostro paese fatto più di eccezioni che di regole. In particolare la scuola superiore, il troncone più arcaico del sistema scolastico, ondeggia in una incertezza profonda di finalità formative, contenuti culturali, educazione civile, forme di disagio giovanile cui è chiamata da ogni parte a far fronte. Nello stesso numero di "Linea d'ombra", nell'articolo di Federico Varese a p. 70, il libro di Diego Gambetta e Steven Warner, citato nella seconda colonna, rigo decimo, ed edito in questi giorni da Einaudi, ha per titolo La retorica della riforma. Fine del sistema proporziona/e in Italia. Nel numero di gennaio I994, nel!' introduzione di Stefano Merli al testo di Ignazio Si Ione, Lafine di un concordato. Il dovere della verità, a p. 21, colonna destra, diciassettesimo rigo dal basso, si legga Si Ione anziché Stalin. congiurati?) ricorda i sotterranei di un qualche palazzo percorso dalle condotte per l'aria condizionata e dalle tubature dell'acqua (con manopole, valvole, snodi e giunture per l'alimentazione, si immagina, della vicina caldaia). Il pavimento è ineguale, con alcune "vasche" profonde qualche centimetro colme d'acqua (e all'inizio l'acqua cola da una mezzadozzinadi lugubri docce), in cui sguazzano i personaggi, appositamente muniti di stivaloni e di anfibi. Jaffier (questo, come si è detto, è il senso di tutta l'opera) è mosso a pietà dalla bellezza di Venezia. Ma qui Venezia è un antro cupo e sinistro, che tutto può suggerire tranne l'estatica contemplazione (Ronconi si è acco1todell'incongruenza madornale e in un paio di scene, incentrate sui due veneziani, il Segretario e la figlia Violetta, fa scorrere l'enorme pannello sul fondo, rivelando un'altissima vetrata illuminata da una luce calda e abbagliante: bella invenzione, ma non cancella l'errore, anzi lo sottolinea). Il testo, tranne che nell'interpretazione eccellente di Parnbieri/Renaud, è sottoposto al tipico trituramento ronconiano. E in più gli atto1i recitano gli appunti inseriti nelle didascalie: non solo i riassunti, ma anche gli "ecc. ecc.", gli "insistere", i rimandi a ciò che ve1Tàdetto dopo o che è stato detto prima. L'effetto è di confusione, se non addirittura di incomprensione: cosa ancor più preoccupante in un testo in cui l'azione sta tutta nelle parole. Ronconi ha un'idea di teatro e di messinscena di grande rigore; e da essa ha fatto discendere scelte originali e spesso sorprendenti, che, nonostante i manierismi e i vezzi, hanno rappresentato uno dei contributi di maggior rilievo della ricerca teatrale in Italia. Ma non questa volta; sebbene, anche questa volta, sia giusto dargli atto dell'audacia delle sue proposte teatrali. GRUPPO SIMONE WEIL in collaborazione con Istituto Gramsci Emilia-Romagna Rivista 11 Linea d'ombra 11 SCUOLA E CULTURA IN CARCERE Unogiornatadi studiosu didallicoe volontariato Bologna, 19 marzo 1994 IstitutoGramsciEmilia-Romagna Via Barberia4/2 - 40123 Bologna Programma dei lavori ore l 0.00 - 13.00 Silvana Marchioro, insegnante IRRSAE-ER Chi insegna a chi? Dibattito ore 14.00 - 18.00 Giancarlo De Cataldo, magistrato Lasituazione ollualedegli istitutidi peno Dibattito Presiede: Goffredo Fofi, direttore di "Linea d'ombra"

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