Linea d'ombra - anno XII - n. 91 - marzo 1994

regime di manipolazione, ma questo non ci ha scandalizzato abbastanza. Come, sempre a causa della stessa logica, non ci ha scandalizzato come doveva la lottizzazione alla Rai, perché riproduceva un sistema di spartizione universalmente accettato. Adesso e sul nuovo non possiamo più fare professione di ipocrisia e dobbiamo guardare fino in fondo nelle cose. E allora, per ricostruire, o meglio costruire, l'informazione nel Meridione, in Sicilia, a Palermo - i luoghi delle prime epifanie del cosiddetto nuovo - occorre un progetto di giornale che interpreti il cambiamento per quello che dovrebbe davvero essere: un ribaltamento radicale, che non può accettare la contraddizione di strutture e logiche ormai arcaiche che sono state funzionali al vecchio potere. Ben sapendo qual è stato il ruolo delle proprietà - che per quanto diversamente strutturate hanno sempre fatalmente creato un "padrone" - non illudiamoci che possa esserci novità e diversità senza sfasciare i vecchi meccanismi e i vecchi assetti delle proprietà. La sola vera novità plausibile è l'azionariato popolare. Che sia però assolutamente puro e diffuso. Azionariato popolare totale. Questo al momento appare l'unico vero strumento economico e finanziario per creare un veicolo di informazione quotidiana davvero libero dai condizionamenti. Mille proprietari non riusciranno mai a fare un solo padrone, mille orientamenti politici diversi purché affini -cioè identificabili nel travaglio del cambiamento - non riusciranno mai a fare un partito. Va rifiutato pregiudizialmente di fare ricorso alle vecchie formule proprietarie, perché in ciascuna di esse possono annidarsi il padrone o il partito, quando addirittura non il padrino. Non è possibile essere indulgenti verso assetti proprietari forti e perciò poco trasparenti. Un no senza appello al padrone unico e assoluto, fosse anche il chimerico "editore puro"; un no anche alla commistione tra capitale privato e cooperative. In entrambi i casi l'informazione fatalmente è alla mercé di un soggetto forte. Sì, perfino quando ai vertici proprietari figurano una o più cooperative. Si tratta di formule ad alto rischio di ipocrisia e confusione. Primo, perché le cooperative vengono messe in piedi quasi esclusivamente per ottenere le provvidenze dello Stato, Fotodi Shobho/Controsto SICILIA/RIVISTE 63 destinate appunto ai giornali in cui le cooperative figurino come soci di maggioranza, ma è arcinoto che in questi ibridi viene spesso mascherato un assetto societario in cui le cooperative contano in realtà meno di niente. 1 giornalisti in cooperativa non possono disporre di un capitale- si tratta di miliardi - tale da detenere una vera maggioranza al 51 per cento. Secondo, perché, proprio a causa di queste finzioni, il vero soggetto forte del giornale in cooperativa diventa fatalmente il socio privato che, detto brutalmente, è in condizione di ricattare i giornalisti con la persuasione della sua maggioranza effettiva e del suo denaro. II progetto editoriale de "II Cittadino" ha affrontato questi problemi nel modo più radicale. Proprietari del quotidiano debbono essere i cittadini. Si crea così una figura nuova nell'editoria italiana, il lettore-editore, un passo fondamentale perché l'opinione pubblica si faccia protagonista e giornale. Questo si ottiene solo con un azionarìato popolare puro, con una microproprietà diffusa, che non consenta ad alcuno, né a proprietari al 51 per cento, néa cooperative-vere o finte proprietarie di maggioranza-, di decidere con controlli di comodo come impiegare i soldi dei lettori-proprietari, che incalzati dal vuoto di informazione attualmente esistente in Sicilia e a Palermo, decidano di sostenere e finanziare giornali. Il progetto de "Il Cittadino" dà corpo al bisogno fondall\entale di pattecipazione a tutti i livelli espresso da quella parte di società siciliana e palermitana che vuole voltare pagina, badando prima d'ogni altra cosa alle regole della trasparenza. Non ci sono padroni, né cooperative, né gruppi, né cordate. Non si possono possedere più di venti quote (venti milioni) della società editrice per evitare il rischio di concentrazione. Sono questi i segnali concreti che "Il Cittadino" ha dato alla città perché sia chiaro a tutti che non esiste alcun settarismo nei confronti di tutte le forze che hanno non solo determinato l'inizio del cambiamento ma hanno anche soffe1to la marginalizzazione dai canali di informazione. In una città dove perfino i diritti più elementari vengono negoziati si è voluto dare il segnale e la certezza del diritto fondamentale ali' informazione. Non più un diritto inquinato, sofisticato e subdolo, manipolato dai soggetti fo1ti dell'informazione, ma un diritto pieno e trasparente. In una p1ima fase, e mentre ancora non è disponibile materialmente lo strumento del giornale, è impossibile chiedere ai cittadini un coinvolgimento troppo ampio che

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