58 SICILIA/RIVISTE cappati" ed innumerevoli altre; non da ora ha contribuito a far conoscere le ricerche e gli studi di centri di documentazione come il CSD "G. Impastato"; da due anni si è prestato, con molta generosità, a supportare logisticamente la Scuola di formazione etico-politica "G. Falcone". No, non si tratta di inventarsi un metodo: piuttosto di praticarlo con spirito di servizio, nella convinzione che non sempre il successo è proporzionato ai meriti, specie quando questi non si lasciano districare facilmente da errori strategici e da limiti soggettivi. OLTRECATANIA, ' PERUNA CITTAD'UTOPIA AntonioPioletti Non è facile trovare percorsi in una città come Catania. Percorsi che non siano di politica salottiera e accademica, che non siano di frammentaria e frammentata preferenzialità tutta interna a ceti o circoli politici e culturali. Percorsi che non siano di un generico assistenzialismo fatalmente orbitante in logiche clientelari vecchie e nuove. In una città massimamente incline alla critica e allo scetticismo avviene sovente che la critica sia solo pettegolezzo bottegaio e lo scetticismo incline al qualunquismo ondi vago spesso irresistibilmente attratto dalla demagogia. E avviene che, quando la critica tenta di toccare contenuti seri, essa sia considerata, con sufficienza e fra pettegolezzo e qualunquismo, settarismo. Alle volte sembra un processo che si avvita su se stesso, destinato a perpetuarsi in una dimensione di allucinanteautoreferenzialità. Pochi ambiti sono immuni da questi tratti, forse nessuno. La disgregazione sociale è grande; le professioni dominanti, del terziario, radicate in un'antica pratica di prebenda, di clientela e di delega, di sottogoverno; i lavoratori, atomizzati e perennemente ricattati; i settori emarginati, schiacciati fra la presenza della mafia e la criminalità istituzionale, senza punti di riferimento credibili. C'è da chiedersi perché a Catania molto difficilmente le iniziative, le strutture organizzate di impegno sociale e civile abbiano durata. Qualche risposta è forse possibile trova.re nel quadro, certo estremamente semplificato, sopra delineato. Ebbene, per e con la consapevolezza di queste difficoltà è nata "Città d'utopia", rivista autofinanziata che conta soprattutto su una diffusione militante. Una rivista, è da riconoscere, un po' pesante, che qualcuno ritiene, forse non a torto, incline ad un linguaggio politichese: limiti da superare, ma, ahimè, c'è anche da di.re che questa rivista, rispetto alla mancanza di contenuti, preferirà sempre la loro presenza, anche se in qualche limite di politichese. Della rivista, dal gennaio del 1992 a tutt'oggi, sono stati pubblicati nove fascicoli, più due doppi. li numero 11 è il primo del 1994. "Città d'utopia" nasce dal lavorìo di tutta un' a.rea,nella quale s' intrecciano culture e pratiche politiche diverse, che ha ritenuto e ritiene non rinviabile il tentativo di procedere ad una lettura, meno superficiale e fuorviante di quanto finora proposto, dei processi economici, sociali e politici che attraversano la città meridionale, Catania ma non solo essa: la città come spaccato delle contraddizioni e dei conflitti che segnano il sistema e in paiticolare il rapporto Nord-Sud. In questo ambito ha trovato e trova rilevante spazio l'elaborazione, a paitire dai fondamentali contributi delle ricerche del Centro "G. Impastato" di Palermo, sulla natura della mafia e sui contenuti di antimafia che non sia demagogico spettacolo. La rivista si pone altresì l'obiettivo di contribuire a creare un circuito di comunicazione fra le realtà associate e non che lavorano nel sociale, per fornire dimensione di confronto, per dare voce alle tante esperienze sommerse spesso molto più significative della politica "ufficiale", al fine di favorire una riflessione sulla sperimentazione di nuove forme della politica e sui processi di aggregazione sociale fondati sul protagonismo diretto e sul controllo dal basso. Pubblica materiali di inchiesta e di documentazione spesso occultati dall'informazione dominante e utili ali' approfondimento delle conoscenze. Prevede una serie di Quaderni, a carattere monografico, il primo dei quali, a cura di Antonio Mazzeo, è/ "Vispi Siciliani". Tutti gli uomini del Ministro Salvo Andò che hanno dichiarato guerra alla mafia, Catania 1992 (rist. 1993). Gli altri Quaderni in preparazione sono relativi a Mafia oggi (le relazioni tenute nel corso del 1993 presso il "Seminario permanente" promosso dalla rivista), La socializzazione del territorio come lotta alla mafia, L'educazione alla pace in terra di mafia, Lotta alla mafia, nuove forme della politica e strumenti del controllo (le relazioni tenute nel corso del 1994 presso il "Seminario permanente"). Promuove un Seminario permanente "Mafia economia politica culture" in collaborazione con la Scuola "G. Falcone" di Palermo e con il Csd "G. Impastato". È impegnata nella costruzione di un Centro di documentazione sulla città presso la Casa delle Associazioni (via Cantarella 6, Catania). Di "Città d'utopia" vengono pubblicati cinque fascicoli l'anno. li prezzo di un fascicolo è di L. 6.000. Abbonamento ordinario per il 1994 L. 25.000, sostenitore L. 50.000. Sedi di redazione, via Idria 5, Catania (0957159995), via Cantarella 6 (095-446885), Fax, presso Libreria Cuecm, 095-316737. DOPO LESTRAGI I redattoridi "Casba" "Casba" originariamente era una rivista dedicata ai temi dell'immagine e dell'immaginario. Nel 1992, in seguito alle stragi in cui trovarono la mo1te Falcone e Borsellino, in uno dei momenti più drammatici e più travagliati della storia di Palermo, un gruppo di persone impegnate a diverso titolo in vari ambiti culturali decise che non poteva più rimanere a guardare o a paitecipare passivamente al carosello di manifestazioni che per qualche tempo stravolsero il ritmo indolente della città. [I "che fare" era all'ordine del giorno, e si pensò allora di fare una rivista, di portare un contributo di analisi, di riflessione, di denuncia. Ma anche di aggregazione e di speranza. In una emergenza negativamente caratterizzata dalla chiusura del giornale "L'Ora", con i I conseguente monopolio del I' informazione da parte del "Giornale di Sicilia", ci parve un gesto simbolico significativo riprendere la testata di "Casba", cioè di un'esperienza fugace ma rappresentativa come forma di autogestione, e ridarle vita, ma con un taglio più sociale e marcatamente impegnato sul fronte antimafia. Il gruppo dei fondatori (Balsano, Benfante, Cottone, Fazio, Fedele, Giacobello, Giambrone-che è i I direttore responsabile- Mai·cenò, Merlo, Rais, Ribaudo) era del tutto anomalo: non proveniva infatti da esperienze di movimento o da militanza politica o sindacale, ma scaturiva da una presa di coscienza civile individuale che a sua volta si conve1tiva in impegno e progetto collettivo. Un'altra anomalia è la mancanza di giornalisti. Tranne un paio di pubblicisti, nessuno aveva forti esperienze redazionali. Costituire una redazione è stato quindi tutt'uno col fai·crescere e amalgamare il gruppo attraverso il dibattito, il confronto, qualche volta - soprattutto all'inizio - anche lo scontro. La nostra linea editoriale e culturale è il risultato di questo lavoro di gruppo completamente affrancato da ogni logica di appartenenza, di schieramento, di gerarchia, di consorterie culturali. Al di là di ciò che pubblichiamo, ossia del prodotto editoriale, la rivista è in primo luogo questo centro di aggregazione e di progettazione aperto al confronto con la paite sana dell'intelligenza cittadina e finalizzato alla
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