vivibilità, che si è fatto di tutto per creare una sorta di torpore cieco, ignari del significato di creatività, espressione, mobilità sociale e culturale. Non è certo qualche scultura, o la sistemazione valida di una piazza, che reinventa le perse condizioni di vivibilità. Ma crediamo che l'atteggiamento sfoderato da parte delle istituzioni in occasione dell'evento Fiumara possa essere letto come la punta ben visibile di una situazione voluta di stasi, come il risultato di una politica di chiusura che da sempre contraddistingue governi e organi culturali. Proprio Presti ha lavorato in questi anni per rendere "normale" l'arte, alla portata di tutti; è questo il senso da dare alla sua scelta di chiamare artisti ad intervenire nelle stanze di un albergo, perché quelle stanze di Icaro, Canzoneri, Nagasawa, Plessi, sono delle vere e proprie scenografie di vita, hanno senso in funzione del visitatore che le abita, vi dorme, ne fa uso. Hanno senso, come d'altra parte le varie operazioni volute, perché catalizzano e disperdono ad un tempo energia per chi le vuole ammirare, e servirsene a modo proprio scrutandole, considerandole, come le sculture della Fiumara, opere vicine e "normali", di quella normalità che non le fa apparire mostri, e che non rinnega il potenziale di vitalità che racchiudono. Per la realizzazione di questi vari progetti sono stati chiamati personaggi di grande rilievo nazionale, e non solo; si è creato qualcosa che resta fruibile da tutti, sfuggendo alla logica imperante delle gallerie, del museo tradizionale, della dinamica critico/artista/ esposizione. Si è cercato anche il contatto con la gente, come a Pettineo che ospita la manifestazione "Un chilometro di tela", che prevede il lavoro lungo le strade del paese di artisti e chiunque decida di esserlo, e l'entrata di quanto creato nelle case degli abitanti. Si è cercato soprattutto di non limitare le singole esperienze e di far sì che esse veicolassero slanci espressivi, di pensiero e di tecniche, della più varia origine, dalla musica alla pittura alla ceramica; che in una condizione di ricerca e sperimentazione gli aitisti collaborassero e si coinvolgessero a vicenda. Nel!' estate dello scorso anno, nei luoghi della Fiumai·a è stato girato un film dal regista Raul Ruiz, Storie di Santi e Peccatori, lavoro che sarà presentato al Festival di Berlino. Lo stesso regista è autore di un intervento in una stanza, e al cinema sono dedicati prossimi lavori. Come non tener conto di questi aspetti, come non pensare che un sostenimento di operazioni di questo tipo e modernità sarebbe per il futuro auspicabile, con tutti i miglioramenti e cambiamenti del caso, o che almeno sarebbe atteggiamento illuminato quello di creai·e delle condizioni maggiormente favorevoli, anche dal punto di vista legislativo, per successive attività? E che dire anche del richiamo turistico che la Fiumara rappresenta, della possibilità che offre di lanciare un'immagine culturale attuale, diversa da que!Ja disastrata a ragione circolata su stampa internazionale? Niente da fare, un personaggio come Presti, idealista, individualista, caotico, che non insegue personalismi, risulta scomodo. A sentirlo parlare, si direbbe inverosimile la sua energia e verve, la capacità di lanciarsi in altri progetti e avventure, il suo desiderio di stupire e stupirsi, lui stesso aitista oltre che promotore. In occasione dell'ultima mobilitazione per difendere l'opera di Festa, a Palermo a Palazzo dei Normanni, lanciava l'idea di trasformare la demo! izione del colosso in un happening, in evento estremo e simbolico che avrebbe comunque liberato il significato profondo e in ultimo tutto spirituale, dell'oggetto condannato. Per il momento, dopo il ricorso in cassazione, sembra che si attenda. I progetti in cantiere non mancano: altre stanze dedicate a Fellini e Pasolini saranno realizzate nell'Atelier. Antonio continua a dare sfogo alla sua mente mobile e inquieta, senza accennare minimamente ad un qualche a1Testodi quanto iniziato, sempre per lo stesso proposito di fai·equalcosa di significa tivo anche da queste parti e per fare della condizione di isola uno status geografico, e non un recinto culturale. SICILIA/SCIASCIA 51 SICILIA/SCIASCIA ILFANTASMADI UN MAESTRO MarcelloBenfante Non vo1Tei uscire dal sacco dei cattivi pensieri l'idea - la pessima idea - del complotto, che è una tentazione indomabile e ricorrente. Tanto meno vorrei che qualcuno mi rinfacciasse (cioè rinfacciasse a noi siciliani) una mania di persecuzione o una ipersensibilità paranoica. E quindi, sgombriamo subito il campo: non credo in congiure antisicilianiste né penso a persecuzioni di sorta, fumogene o meno. Però non mi sembra neanche un caso che a pochi mesi dalla discussa polemica di Sebastiano Vassalli, il quale come ricorderete criticava il carattere omertoso della letteratura siciliana, il sociologo Pino Arlacchi abbia ritenuto doveroso intervenire con un paio di articoli e alcune puntigliose lettere sulla medesima questione - rincarando peraltro la dose - soprattutto sul conto di Leonardo Sciascia. Qual è dunque la ragione di queste accuse? È difficile dare una risposta, soprattutto perché il dibattito culturale somiglia sempre più a quello televisivo delle trasmissioni di Biscardi e dei suoi epigoni, cioè a una rissa priva di contenuti e perfino di buon senso, una ricerca artificiosa del casus belli, una continua provocazione ed autoesaltazione finalizzate alla costruzione dello scoop. Proviamo allora a mettere un po' d'ordine. Cominciamo da Vassalli, il cui Cigno (Einaudi 1993, pp. 182, L. 24.000) - occorre dirlo subito - non è di certo un capolavoro, ma è indubbiamente un buon libro, di quelli che si leggono tutto d'un fiato con la piacevole facilità che solo la pregevole letteratura sa regalai·e. Ma accantoniamo per un attimo il romanzo per ritornare alla polemica che lo ha preceduto. Vassalli, dunque, ha accusato gli scrittori siciliani di essere omertosi, di non fare nomi; ha dichiarato che occorre una letteratura che sia finalmente più chiara, coraggiosa, diretta. Ha lasciato intendere che ci avrebbe pensato lui. Altro che Pirandello, Tornasi e Sciascia! Ci si aspettava, pertanto, da lui un libro-bomba destinato a scoppiare tra le mani dei pavidi, dei corrotti, dei collusi, e sconvolgere equilibri perversi e torbide acquiescenze. E invece la montagna ha partorito un topolino. Infatti, cosa fa Vassalli? Riprende il caso Notarbartolo, ossia un fattodelittuosodi cent'anni fa-tenendosi quindi a distanza di sicurezza dai problemi odierni - di cui peraltro era da un pezzo noto pressoché tutto (mandanti, esecutori, retroscena, complicità). Se si trattava soltanto di rompere il muro del silenzio, non c'era certo bisogno che Vassalli facesse questi nomi, raccontasse questi fatti, dal momento che erano già di dominio pubblico (al punto che perfino una pubblicazione a cura della Sip ne aveva riassunto gli elementi essenziali per gli utenti telefonici di Palermo!). Bastava andare a leggere i due capitoletti che Giuseppe Barone ha dedicato alla vicenda nel volume sulla Sicilia della Storia d'Italia edita da Einaudi nel 1987. E non aggiungo altro solo perché non voglio avventurarmi in una nota bibliografica che
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