Ruderi... camere oscure... porte aperte e teste col fondale nel vuoto di attori straordinari a lavoro sui permaflex di imitazione abbandonati sui boccascena di una città da niente... Sono salito anch'io sul permaflex lurido. Nessun risultato alla Celentano o come nei vecchi caroselli della televisione Solo quei centimetri in più di spessore rispetto al rasoterra per far cose di teatro... qualche gesto da protagonista ...qualcheinvettiva ... E poi l'Amleto, su quel sodalizio di seconda mano fatto di notti, di dubbi, di preoccupazioni. Tutto è pronto. Prende quota il Theaterflex: alcune battute, facendo credere di ricordare Shakespeare a memoria. Tutto falso. THEATERFLEX "Potrebbe essere come non potrebbe essere. C'è la cicala che canta di giorno, c'è il grillo che canta la sera. Distinguerli è decisivo. Perché è più quieto vivere lasciando ad ognuno la Libertàdi scegliere il canto dell'una o dell'altro; perché è più giusto non contendersi il sangue dell'una o il sangue dell'altro per fingere a modo prop1io dove sta il posto giusto ora per il giorno ora per la notte. Il problema è decidersi a far cose di uomo ogni qualvolta le melodie che vengono dal giorno o dalla notte diventano lo spartito dell'alternanza della vita, dove una volta io ti canto ed una volta ti ascolto. Potrebbe essere come non potrebbe essere. Potrebbe dipendere alternativamente da me e da te, se solo la mente non prendesse in odio l'altalena perché il boss ha sottratto per ignoranza una volta il giorno, una volta la notte. Se solo la mente si affezionasse all'alba per sfuggire come si fosse in una sicura posizione di mezzo, al decreto dei boss. Se tutto fosse finalmente chiaro potremmo non appartenere più alla stirpe di Amleto condannata ancora oggi ad impazzire di dolore. Ma se il topo che muore col veleno di stato, o quello di casa fosse PALERMO/TEATRO 43 il boss che ha ucciso la spontaneità della nostra alternanza, potremmo non solo cambiare storia ma anche autore teatrale. Però una cosa voglio dire, che nonostante tutto sia o non sia, nessuno può imporci di dare per scontato il nostro problema". (Rappresentato il giorno in cui l'acqua arrivò al tramonto del guaito giorno) "Dammi mio boss il tuo tesoro per morire la tua carne di bestia per superai·e deserti e i tuoi stessi dominii. Dammi mio boss il tuo vecchio stemma per andare sicuro tra gli sguardi furiosi dei tuoi amici, per non giungere alla fine, senza attraversare mai una volta quei luoghi proibiti che già ci incuriosivano da bambini. Fammi passare mio boss fammi andare tra fieni e ciliegi tra bagli e antiche palme tra pecorai mai scesi a Palermo e prospettive di golfo mai viste da qui Devo passare mio boss che tu lo voglia o no devo andare di qua e di là senza meta, si accorci o si allunghi da qui la mia strada. Paga mio boss paga in contanti, la parte che mi spetta" Sparo sotto la palma miro al mio cuore. Premo come fosse un pennino. Sparo e scrivo qualcosa. Sono un autokiller, auguri anima mia! Che ingenuità! Serve solo a questo la rabbia di un giov1me? Sono qui nella città che sale da porta Felice a porta Nova. Con la saliva cancello il punto impresso dal pennino e così mi rimetto in corsa per la vita, mi riabituo all'aria riguardo il sole, e se è già calante vado a trovare Zinetta. Anche lei non è di Palermo, è venuta qui per l'Università. Ha frequentato solo due anni Botanica e poi s'è cercato un lavoro. Folo di Shobha/Conlrasto
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