Linea d'ombra - anno XII - n. 91 - marzo 1994

co: non si bestemmiava, non si sputava, non si facevano "pirita". Anche la rappresentazione rispecchiava questa pulizia. Come continua la tua formazione? A undici anni, nella nostra casa-teatro di via Schiavuzzo vicino a piazza Rivoluzione, mio padre si trovò senza un aiutante, fu l'occasione per farmi muovere il primo pupo dall'ultima quinta: "niesci stu pupu, cummatti" mi disse improvvisamente, senza preavviso né indicazioni. Da quel momento potevo "uscire" i pupi. Tuo padre seguiva un disegno per il tuo apprendistato? Mio padre non mi diceva niente, ma solo ora capisco che aveva un progetto. Voleva che fossi io a desiderare di attraversare i vari stadi, e questo è avvenuto con un certo automatismo. Ho preso molti sgabelli in testa: "daccussì si niesci stu pupu, daccussì", ma non mi spiegava come dovevo fare, secondo lui bastavano gli anni passati ad osservarlo. Solo oggi ho capito che il pupo non deve entrare in scena con i talloni, ma che deve muovere i primi passi dentro la quinta, invece io lo facevo entrare direttamente come se volasse, perdendo di verità. Piano piano sono passato al la terza e alla seconda quinta, finché a 15 anni arrivo in prima. Sulle quinte c'era un'ulteriore gerarchia, a sinistra stavano i cristiani a destra i pagani, dalla prima quinta dei pagani si passava alla prima dei cristiani e da qui si prendeva in mano la situazione. Dopo il '66 si cominciò a passare da un pubblico stabile a un pubblico di turisti, questo annoiava un po' mio padre ed accelerò il mio debutto. Eravamo a Cefalù, c'erano pochi pescatori e molti turisti, mio padre finse di sentirsi male e, come al solito senza preavviso, mi affidò le voci e l'intera serata. "Ma come fici Rinaldo a sapiri che Dama Rovenza era vulnerabile giustu in quel puntu? Ci lu dissi Malagigi, mago cristiano, ma non fu facile mancu pi iddù sapillu, picchì aviti a sapiri signuri mei che mentre un giorno Rinaldo assieme alla sua famiglia: Bradamante, Salardo, Riccardo e Ricciardetto e il padre Amone si trovavano dentro il castello di Monfalcone nelle vicinanze di Parigi per discutere su come sconfiggere Dama Rovenza arriva Malagigi ... Sono qui venuto per aiutarvi, lasciatemi solo in questa stanza che interpellar voglio l'arte mia diabolica in modo da sapere ogni cosa ... Regina, tu che dall'inferno sottoposto mi hai un diavolo mi manderai ... Oilà! Dico, dalle stelle, dalle stelle voi che precipitate giù come le folgori tonanti, maestri siete dagli eterni pianti: di comandarvi a tutti io sono il padrone, il primo chiamo te Nacalone, lascia il fuoco e vieni subito in questo luogo." Ora, nell'Opera dei Pupi, questa scena è farcita di effetti special i: fuochi, rullar di tambu1i, fumi di zolfo e il diavolo arriva volando. Nel cuntu tutto è affidato alle qualità dell'interprete. Mimmo non fa che rimpiangere il teatrino, lo spettatore riesce a vedere tutto quello che non c'è, con più forza e verità di quanto non avvenga sulla scena. Nel 1966/67, mi pare, cominci ad allontanarti da tuo padre? Mio padre non voleva più eseguire il "ciclo", aveva ormai un repe1torio di 3 o 4 episodi molto spettacolari e molto richiesti dai turisti. Io ero insoddisfatto di questa situazione e gli chiesi di darmi dei pupi per mettere su un mio teatrino: "I Pupi te li devi costruire con le tue mani, mi rispose, perché devo cambiare io se i turisti cambiano sempre". La responsabilità di questo stato di cose non era solo di mio padre, io in paiticolare la attribuisco ai capigruppo turistici che erano delle vere merde. Loro conoscevano qualche trama e non erano disponibili ad apprenderne altre, così costringevano mio padre a rifare un piccolo ciclo sempre uguale. Capitò pure che si lamentassero perché qualche sera in cui lo spettacolo era affidato a me e ai miei fratelli avevamo svolto una storia intrecciata e complessa, così nostro padre decise di levarci mano. PALERMO/TEATRO 35 Sopro foto di EmanueleCottone. Sotto Giacomo e Pina (seduti),Anna, Roso,Nino, Mimmo (dietro) nel 1984.

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