Linea d'ombra - anno XII - n. 91 - marzo 1994

34 PALERMO/TEATRO si potrebbe dire che fu padre d'arte; allievo dei fratelli Greco apprese da loro una tradizione severa, a cinque anni suonava già il "pianino". Il pianino è uno strumento a rulli che sta di fronte al boccascena, ha una serie di motivi funzionali ali' azione che si sta svolgendo: la battaglia, il pianto, la discesa degli angeli. È il primo passo per diventare puparo. Anche tu hai cominciato dal pianino a manovella? li posto del pianino è l'occhio-spia del teatro, da lì si comincia. Ho lavorato con mio padre fino al '66, agivamo per un pubblico tradizionale, vale a dire che facevamo la storia dei Paladini di Francia a puntate, il ciclo durava un paio d'anni. Ho visto il Bovodd'Antona, che precede il Carlo Magno, poi il Guido Santo. Dico "visto" perché lavoravo nel teatrino stando al pianino. So che eravate pupari "camminanti" o "girovaghi", quindi non agivate sempre sulla stessa piazza? Ci trasferivamo in paesi di mare e di campagna. Eravamo a Terrasini quando frequentavo la terza o la quarta elementare. Qualche volta vivevo a Palermo con i nonni, ho vissuto il trauma della distruzione di Piazza della Magione dove loro abitavano, dalla finestra ho visto sradicare i grandi Ficus Magnolia. Mio padre e mia madre a un certo punto decisero di avere una casa stabile a Palermo (casa-teatro s'intende), mio padre continuò a girare e io lo seguivo come figlio più grande. A Terrasini ci andavamo a fine estate, quando i marinai smettevano di uscire per la pesca. li pubblico era fatto di questi pescatori. Ogni sera venivano al teatrino. A inizio estate si smetteva quando i pescatori stessi chiedevano a mio padre di interrompere, per riprendere l'autunno successivo. Allora ci spostavamo a Palestra te, a Partinico, ad Alcamo, anche in paesi più interni. Cominciavo la scuola a Terrasini e la finivo a Palestrate. "Come? dice Dama Rovenza - E chi è stato ad assassinare mio fratello? È stato Rinaldo, ma anche lui è stato da noi ucciso. - E allora Dama Rovenza bestemmiando Magone e Trivignate e tutti i numi dell'inferno, comjnciaadire: -Ma perché mio padre quando è nato mio fratello non lo affidò al mago Tuttofuoco, così come ha fatto con me quando sono nata? - Picchì, che cosa aveva fatto signuri mei il vecchio Calafrone quannu nasciu Dama Rovenza? Pigghiau la nutrica e pensannu che un giorno la voleva fare diventare una valorosa guerriera l'affidò al mago Tuttofuoco. Chistu pigghiò la nutrica e la calau facennuci u bagnu 'nto sangu d'un dragone e per opere magiche la rese invulnerabile; l'unico punto dove poteva essere colpita era d'unni parturisci". Come sceglievate i paesi in cui fermarvi? Dopo qualche anno avevamo degli itinerari, comunque mio padre faceva una specie di sondaggio, parlava con i carrettieri alla taverna e verificava la disponibilità ad ospitarlo. Le risposte erano generalmente positive e qualcuno s'incaricava di reperire un locale adatto, un "malasienu", un magazzino. Certo erano posti squallidi, freddi, "carievanu 'a ceddi morti", ma mio padre li riscaldava, li ripuliva, appendeva qualche cartellone; poi si entrava col cappotto, si fumava, ci si accalcava e arrivava il calore. Come vedevi tuo padre? Per me, bambino, mio padre era un mago che muoveva fili di sogno, dal palchetto mi faceva ridere e piangere. Osservavo le emozioni del pubblico e sapevo che era lui a farle nascere, anche lui era un bambino, ma più grande e che giocava con un mestiere serio. Ci alzavamo la mattina e mi veniva affidato un pupo da lucidare, utilizzando sabbia d'argento e limoni per le armature, allora il "Sidol" non c'era. A parte ilpianino, come capisci che vuoi epuoifare ilpuparo? Tuo padre ti dava suggerimenti? Mio padre non mi ha mai detto né insegnato direttamente niente. Quando, a sette, otto anni, conosci i tempi della rappresentazione ti viene il desiderio di passare dal!' altra parte, ma nessuno ti invita a farlo. Allora non perdi occasione per renderti utile anticipando qualche aiutante che tarda a passare i pupi. Fino a quando non trovi un amico o un fratello più piccolo a cui cedere il pianino. Stai con lui qualche mese e poi informi il puparo che hai un sostituto, così puoi salire sul palco a passare i pupi. li puparo raccomanda e puoi cambiare ruolo nella gerarchia dei pupari. Sul palco i vecchi maestri erano assai rigorosi, non seriosi, ma estremamente determinati nel far rispettare la tradizione della loro preminenza. Stare là sopra non era facile, rischiavo continuamente di creare confusione per inesperienza. Mio padre al massimo mi guardava con occhi feroci quando sbagliavo. Queste occhiate erano però dei codici, insieme ai mugugni e al digrignare dei denti. Poi, c'era una lingua segreta che stava sotto la recitazione e che lo trasformava quasi in un ventriloquo. "Aldauro aveva una larga ferita sulla fronte e un'altra sul ventre, il suo viso era bianco. Un soldato grida: - Guardate o mia regina, proprio al vostro fianco giace il corpo del paladino Rinaldo. Dama Rovenza si alza, si gira e dice: - Maledetto Rinaldo, hai assassinato l'amato mio Germano ed io non posso vendicarlo, ma quantunque morto, voglio schiacciarti lo stesso le cervella ... Gran profeta Magone' quanto è bello Rinaldo, non lo avevo mai visto in viso! Ma poi si ripigghiò e disse: - Ma che cosa sto facendo, bello a colui che ha assassinato mio fratello? - e daccusì isa u marteddu pi cafuddari, ma Rinaldo che sporcatosi le armi di sangue, si era gettato fra i cadaveri, con la spada inmezzo alle gambe, facendo finta di essere morto, cafudda una gran puntata e ci infila tutta la spada giustu in quel punto dunni Dama Rovenza era vulnerabile e quannu la spada da rintra ci trasiu Dama Rovenza comincia a ghittari vuci piegando le ginocchia 'nterra cariu e Rinaldo cafudda n'autru gran terribili colpu nta lu pettu e ci spaccau curazza e cori." Doveva esserci un rituale molto complesso, visto che tuo padre non ti dava indicazioni, come si apprestava alla rappresentazione? Arrivava in teatro un'oretta prima dello spettacolo, si concentrava gironzolando per la sala, dava un'ultima scopatina, guardava il pubblico entrare stando sulla soglia. Non faceva gesti plateali, non si scaldava la voce: nulla di nulla. Arrivato l'orario diceva semplicemente: "acchianamu", saliamo: tutti gli aiutanti lo precedevano e lui arrivava perultimo. Si sedevasullosgabellino, si toglieva la sèarpa e infilava lo zoccolo che era lo strumento musicale più importante di tutto lo spettacolo, si alzava, dava un'occhiata al canovaccio appoggiato dietro le quinte e prendeva uno dei fondali con cui intendeva iniziare, suonava il campanello per il pubblico, accendeva la ribalta e chiudeva le luci di sala, a quel punto batteva il piede due volte per far segno al pianino di suonare. Tutto era improvvisato, non c'erano prove o sedute a tavolino, in tre parole sintetizzava l'episodio agli aiutanti che lo conoscevano come l'Ave Maria. E il tuo rituale? Io faccio allo stesso identico modo. Le femmine quindi non potevano accedere al mestiere? Le femminucce non salivano mai sul palcoscenico, si trattava e si tratta di un lavoro prettamente maschile. Avevano un'altra funzione, stavano alla cassa e, in questo caso, costituivano un segno di distinzione; mio padre ci metteva mia madre e questo determinava un atteggiamento più rispettoso da parte del pubbli-

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