Linea d'ombra - anno XII - n. 91 - marzo 1994

26 PALERMO/STORIE quindi ali' azione di rappresaglia prendendomi subito la mia vendetta. Il primo ragazzino che mi passò davanti, alla rincorsa sfrenata e ansimante del pallone, lo feci ruzzolare con uno sgambetto. Con mia grande soddisfazione balistica, il piccolo rompiscatole volò oltre una siepe da cui poco dopo riemerse con la camiciola lacera e un ginocchio sanguinante. Gli altri, inviperiti, s'affrettarono ad accusarmi ai genitori. Ma per lo più accorsero mamme che non ebbi difficoltà a mettere a posto con qualche parolone altisonante sul1'educazione dei figli. Io di figli non ne ho, ma sono laureato in Pedagogia e per qualche anno ho perfino insegnato, prima di rendermi conto che non c'è nulla di più insopportabile dei ragazzini. Così seppi improvvisare due o tre argomenti inoppugnabili sulla degenerazione dei costumi che lasciarono i soccorritori interdetti e ammutoliti quel tanto che bastò ad allontanarmi senza dover subire ritorsioni e contumelie. Me ne andai soddisfatto e leggero, sentendo gli strilli e i piagnistei del lazzarone infortunato e il borbottio d'esecrazione del capannello dei genitori. Finalmente ce l'avevo fatta. Avevo compiuto il primo passo verso la mia emancipazione dal bene. Occorreva però che fortificassi subito quella iniziale posizione appena conseguita. Così, non trovando di meglio, prima di uscire dalla villetta, calpestai le aiuole, schiacciando con cura tutti ifiori.Ma quel piccolo gesto di vandalismo non mi bastava. Non era in fondo che una marachella, una microscopica rivolta contro l'ipocrisia del senso civico. Allora, durante il tragitto verso casa, lanciando la mia auto a tutta velocità, mi divertii a terrorizzare un paio di vecchiette che si apprestavano con mille cautele ad attraversare la strada fidando sull'aleatoria immunità promessa dalle strisce pedonali. Poi vidi un cane randagio, piuttosto malconcio e spelacchiato, che si accingeva a fare altrettanto. Lo puntai, schiacciai l'acceleratore a tavoletta e lo investii in pieno, godendo nel sentire le sue magre ossa scricchiolare sotto le ruote e il suo guaito d'agonia alle mie spalle. Questo era davvero un battesimo di sangue. Adesso potevo dirmi a tutti gli effetti iniziato al male. Mi stupiva la semplicità del mio guado. ln fondo non era stata necessaria alcuna preparazione. Avevo scoperto che cattivi si diventa d'un sol colpo, senza neppure far conto su una particolare predisposizione (tutti sanno, infatti, quanto io nella mia vita precedente sia stato timorato e morigerato). Non c'è niente di più facile e di più naturale, infatti, che diventare malvagi. In realtà malvagi lo siamo già, si può dire che ci si nasce (avete notato quanta crudeltà si nasconde in quei mostriciattoli che chiamiamo bambini?), e non ci resta quindi che accettarci così come siamo, senza ipocrisia. Ogni atto morale ci costa enormi sacrifici. Dobbiamo costringerci ad essere giusti, perché la nostra essenza è un'altra. La moralità è una maschera di ferro che nasconde il nostro vero volto e ci costringe a fare, obtorto collo, cose che ripugnano al nostro essere, alla nostra volontà. La bontà è pertanto la più nefanda delle schiavitù e delle aberrazioni. lnvece, per essere cattivi non occorre nessuno sforzo. Basta lasciarsi andare, seguire l'istinto, fare la prima cosa di cui abbiamo voglia senza pensarci due volte. E quasi sempre questo desiderio che ci prende di sorpresa è una cosa spregevole di cui l'uomo che si ostina ad essere buono prova vergogna. Io non più. Cerco di essere me stesso, ubbidisco al richiamo delle viscere. Sono finalmente libero dai dogmi, dalle prescrizioni, dai divieti, dalle leggi e dalle regole. Libero. E sono finalmente io, senza il peso dei doveri, senza il laccio delle convenzioni, senza imperativi, se non quest'unico: fai sempre ciò che vuoi e non ti curare degli altri. Da quando sono cattivo non ho più la gastrite, non perdo più cape Ili,dormo sodo (senza incubi) e non sono mai stanco, non ho più quei terribili mal di testa che prima mi tormentavano a intervalli ciclici. Sono un altro. Più forte, più bello, più sano. Sono il meglio di me stesso. Le cose mi vanno bene. Tutto mi riesce con facilità. In ufficio ho fatto carriera. Con le donne va a meraviglia. La gente mi rispetta e mi considera assai più che una volta. Qualcuno mi teme, e questo mi riempie di orgoglio. Ovviamente, sono ancora a un primo stadio di cattiveria. Sono soltanto un appredista canaglia, la mia carriera inizia appena adesso. Ma faccio continui progressi, e non dispero che in breve tempo avrò raggiunto una perfetta condizione. È solo questione di allenarsi con metodo. Anzi, più che un metodo basta appena un po' di costanza. Basta, come dire, compiere sistematicamente la cattiva azione quotidiana. 2. Molto presto, però, mi sono accorto di questo: che un conto è scegliere da che parte stare e schierarsi con il male, salendo sul suo carro sempre vittorioso, e un conto è militarvi seriamente, con impegno concreto e produttivo. Essere cattivi non è difficile, è la nostra autentica vocazione umana. Più difficile è invece fare cattiverie. A qualcuno potrà sembrare strano o paradossale, ma il fatto stesso di aderire al male, preclude molte possibilità di praticarlo efficacemente. Ciò si spiega col fatto che ilmale costituisce una sorta di eterno partito di potere, una maggioranza silenziosa che non proclama i propri intendimenti, ma anzi li occulta sapientemente, e non di meno costituisce l'anima e la struttura della società. Essere malvagi significa quindi pòrsi di fatto all'interno di un sistema di governo e di consenso, essere normali, essere accettati, trovare una solidarietà profonda anche seconflittuale. Ovvero, trovare un'armonia universale. Il cattivo è un ortodosso, un eguale tra gli eguali. Quando cerca di infrangere le regole, trova invece che le vere regole sono altre, non scritte e tuttavia in tutto e per tutto operative, funzionali. Mi trovavo dunque a sfondare porte aperte. Nel coro dei perversi, il mio grido di ribellione si intonava perfettamente, non produceva dissonanze di sorta, era parte integrante di un tutto. Quasi non mi accorgevo più di compiere misfatti, mentre prima la più piccola irregolarità mi angosciava in modo straziante e poneva infiniti problemi alla mia scrupolosa coscienza. Ora, invece, abolita la coscienza (questa fastidiosa illusione) mi trovavo a compiere nefandezze di vario genere senza nemmeno saperle più distinguere e valutare. Allorché, ad esempio, decisi di non essere più un funzionario integerrimo e di appropriarmi invece alla prima occasione di denaro pubblico, mi accorsi che rubare, lucrare indebitamente, speculare in modo illecito era nel mio ufficio prassi così comune che il non farlo costituiva una irriverente violazione dei principi. In breve non mi accorsi più di essere un ladro. Mi pareva di fare il mio lavoro normalmente, come tutti, e mi sentivo quasi (e con immaginabile frustrazione) un impiegato modello. Un altro esempio? Eccolo: una volta mi venne il ghiribizzo di prendere con la forza una delle segretarie; con una scusa la chiamai da sola nel mio ufficio e tentati di violentarla. Tentai è il termine esatto, benché tutto andò liscio, anzi proprio perché tutto andò fin troppo liscio. Lei, infatti, non oppose alcuna resistenza e sembrava anzi lietissima d'ogni mia brutalità, tanto che quasi me ne passò la voglia e ci mancò poco che non riuscissi nemmeno a completare l'opera. La canaglia, soprattutto se è un neofita, si trova nella condizione · di un sadico circondato da masochisti: più fa del male e più gli altri ne godono, cosicché in definitiva ha operato una sorta di bene involontario. Ovviamente, non si possono fare generalizzazioni. C'è sempre una vasta gamma di perfidie da attuare con profitto e soddisfazione. Tuttavia, l'esercizio della cattiveria non è così scontato come potrebbe credersi a primo acchito. È un'arte per la quale abbiamo un'innata vocazione e non di meno dobbiamo apprendere con pazienza, confrontandoci con una agguerrita concorrenza. Giungevo un po' tardi a scegliere la via maestra, quando già molti altri l'avevano intrapresa da un pezzo e vi si erano inoltrati con passo

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