non si risolve facilmente. Si ferma del resto pure il brusio dei passeggeri, zittito da un altro allarme: "Il borsellino! Pure a me! Mi hanno rubato il borsellino". Stavolta è la signora giusta, quella derubata da Lorenzo Basta. Il quale sarebbe tentato di specificare: non il borsellino, ma un portatrucco e un portapatente, che chissà i soldi dove sono. La prima reazione generale è di sorpresa: potrebbe essere uno scherzo, ma un rapido sguardo alla signora urlante esclude senz'altro questa eventualità. Essa infatti ha assunto un colorito di grande vivacità, senza contare che non si tratta sicuramente del tipo di persona che scherzi mai. La situazione, però, fa ridere lo stesso, in particolare i due studenti maschi, mentre la venticinquenne non sembra ancora convinta che i fatti successivi abbiano fatto passare in secondo piano il palpeggiamento che lei personalmente aveva dovuto subire. Visto che l'autobus non accenna a muoversi, l'assassino è in trappola. In un romanzo giallo l'investigatore sarebbe stato nelle condizioni ideali per condurre le sue indagini. Nella circostanza è il signore col cappotto ad assumere il ruolo dell'investigatore. "Quanto c'era dentro?" È la prima domanda. Qualcuno potrebbe obbiettare che risulta irrilevante ai fini dell'accertamento deJle responsabilità. E infatti: "Che c'entra questo?", chiede l'altra signora, dibattuta fra gli opposti sentimenti di sollievo per aver ritrovato il proprio borsellino e apprensione per il fotto di queJlo deJI' amica. Ma prima che il signore col cappotto possa spiegare come e quanto la sua domanda sia pertinente, è la vittima a parlare, purché si faccia presto: "Niente. Poco. Trentamila lire. Però, c'erano pure lefotografie di mio marito e tutti i documenti. " Ecco, per trentamila più i documenti - che in ogni caso, stia tranquilla, glieli avrebbe mandati-, Lorenzo Basta è aJle soglie del sesto arresto della sua can-iera di borseggiatore. Tutto mentre quel cornuto di Carmelino continua a ridere. Fuori, l'ingorgo ha assunto le caratteristiche dell'immobilità totale, né qualcuno chiede più di poter scendere daJl'autobus, sia per la curiosità di vedere come va a finire, sia per non destare sospetti col proprio compo1tamento. "Si ricorda quando è stato?" "Ma più o meno chi c'era vicino a lei?" L'indagine del signore col cappotto affronta l'argomento molto aJla larga. A un certo punto, però, l'autista apre il suo sportello e si mette a parlare con qualcuno. Pochi secondi e sull'autobus sale I' appuntatoCoppolino, sui quarant'anni, alto, distinto, deciso. Lorenzo Basta conosce il suo nome perché l'ultima volta che si era trovato a passare suo malgrado dalla questura aveva avuto modo di fare la sua conoscenza. E anche Coppolino si ricorda di Lorenzo Basta. Tanto bene che le sue domande alla vittima durano poco, fino a quando non incontra lo sguardo di lui. Perché Lorenzo Basta non abbia cercato di nascondersi, e anzi abbia cercato lo sguardo dell'appuntato è difficile a spiegarsi. In ogni caso, è sicuro che nascondersi non sarebbe poi servito. Aveva, sì, una speranzella che l'altro non si ricordasse. Ma era veramente una speranzella da quattro soldi, meno addirittura delle trentamila che adesso ha in una tasca della giacca. Coppolino lo vede e capisce che le indagini sono ternunate. Magaii non ricorda il nome, ma certamente le circostanze della loro conoscenza. Si fa strada con irruenza fra i passeggeri. Irruenza inutile, visto che Lorenzo Basta, non accenna ad allontanarsi, né avrebbe la possibilità di farlo. Coppo lino gli mette la mano sulla spalla con forza, ma subito allenta la presa rendendosi conto di stringere una spalla inerte. Ai suoi piedi ci sono i due portaqualcosa della signora. Lorenzo PALERMO/STORIE 25 Basta si chiede di sfuggita in quale dei due, poi, si trovassero i soldi. Appena il tempo di inserire questo pensiero fra la vergogna di tutti gli sguardi su di lui. Però però. Però non è la stessa cosa di sempre. Si sarebbe aspettato le solite scene di accanimento, tutte quelle grida e tutte contro di lui. E invece non succede niente. Coppolino lo lascia persino, per un attimo, il tempo di raccogliere da terra quello che lui troppo evidentemente ha appena gettato a terra. "Controlli se c'è tutto." E la metà degli sguardi si staccano da lui regalandogli il sollievo di un attimo. "Ci sono. C'è tutto." Anche la voce della signora è solo amareggiata, senza punte di rivalsa. I soldi ci sono e per lei la questione potrebbe anche finire lì. No, non è affatto come le altre volte. Nessuno gtida, nessuno inveisce, nessuno si scandalizza. I due studenti non guai·dano neppure più. La ragazza ha smesso di essere imbronciata ed ora ha una espressione che non si capisce. Non si capisce cosa pensino le altre signore, e il signore col cappotto grigio, che di solito è quello che tiene l'arringa d'accusa.Dov'è quel porco di Carmelino? Eccolo: neppure lui ride, né fa gli occhi sfrontati. No. È qualcos'altro che esprimono gli occhi di Carmelino, e con sfumature diverse pure gli occhi di tutti i passeggeri. Non è condanna, né desiderio di giustizia sommaria nei confronti di quel vecchio. È qualcosa di molto più doloroso, specialmente ora che Lorenzo Basta sta arrivando a capire cosa. CATTIVISI NASCE MarcelloBenfante l. Decisi di diventare cattivo in una splendida domenica di pnmavera. Pensavo che avrei compiuto il grande passo d'inverno, infastidito daJia pioggia e dal gelo, intristito dall'uggia del buio precoce, esasperato dall'artrosi e dai reumi. Invece mi capitò di farlo con gioia, nel giorno che è appannaggio del Signore, mentre il sole esplodeva nel cielo e l'aria tiepida e traspai·ente infondeva al mio corpo stracco un senso di pingue benessere. Mi trovavo ad oziare ai giai·dini pubblici, e un gruppo di bambini giocava a paJia vicino alla panchina dove cercavo di leggere il giornale continuamente distratto dalle urla stridule e dai minacciosi rimbalzi. Quei maldestti mocciosi sembravano avermi preso di mira con il loro pallone inzaccherato (dove mai avessero potuto infangarlo in una giornata così asciutta non riuscivo proprio a spiegannelo). Già un paio di volte avevano centrato la panchina e perfino il mio giornale. Ora, non c'è cosa che io detesti maggiormente che leggere un giornale spiegazzato e imbrattato. Figuriamoci uno che in prima pagina reca un'impronta sferica di terriccio umido. Così, quando mi sporcarono i pantaloni nuovi, decisi che la misura era colma e passai
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