18 PALERMO/MOVIMENTI 2) Che ne sarà ora di questa straordinaria effervescenza sociale, dopo la svolta di novembre? Quale ruolo dovranno assumere i movimento di fronte alla Giunta progressista di Orlando? Sono gli interrogativi che si pone in questo momento l'ampio fronte dell'associazionismo di base, mentre la nuova amministrazione, da quasi due mesi asserragliata a Palazzo delle Aquile alle prese con la pesante eredità della vecchia Giunta e con l'arduo problema del controllo della macchina burocratica, stenta ad aprire un dialogo con la città. Il nodo, difficile da sciogliere per i movimenti, è quello di come riconvertire la cultura d'opposizione, che è loro tipica, in una nuova cultura "di governo" (per dirla con uno slogan). Di quale rapporto instaurare con un governo locale "amico" senza perdere i propri punti di riferimento tra la gente, senza dissolvere quello spazio sociale, in cui hanno le loro radici, diverso e autonomo dal classico circuito istituzionale. I pericoli non mancano, come dimostrano in genere le esperienze delle Giunte di progresso in altre città italiane. In primo luogo quello che prevalga un vizio antico, quello dell'ipertrofia della politica che pretende, dall'alto del Palazzo (anche di un Palazzo rinnovato), di dettare modi e tempi della partecipazione e del protagonismo dei cittadini. Una possibilità non peregrina proprio in considerazione della investitura plebiscitaria di Orlando, della pericolosa delega messianica con cui è stato insediato a Palazzo delle Aquile. La deresponsabilizzazione dei movimenti e una fiducia cieca, da parte dell'amministrazione progressista, nel consenso popolare, che invece è ora da conquistare effettivamente, sono i due rischi speculari che possono incrinare la fase politica che si è aperta a Palermo. S Agata Militello. Fotodi Armando Rotoletti/Grazia Neri. 3) È presto per dire se tali rischi si tramuteranno in realtà, per il momento è possibile cogliere solo qualche linea di tendenza. Intanto è positivo che, dal marzo del '93, i movimenti abbiano cominciato a superare una frammentazione decennale, a sperimentare un unico cammino, un comune progetto di liberazione di Palermo dalla mafia. Con la costituzione - nell'anniversario degli omicidi di Falcone e Borsellino - di "Palermo Anno Uno", un cartello delle più importanti associazioni palermitane, è infatti nato un nuovo soggetto politico capace di passare finalmente "dalla rabbia alla proposta", di coniugare prospettive settoriali e interesse generale. Il cartello ha già da tempo sviluppato iniziative "coordinate" sulla base delle quali confrontarsi con la nuova Giunta: ha elaborato una proposta di nuovo Statuto comunale, progetti specifici di intervento sul territorio, sui temi della vivibilità urbana (da quello della Circonvallazione a quello degli asili nido). Piccole cose, evidentemente, che dimostrano però la volontà di assumere un ruolo di protagonista nella determinazione della politica comunale. Tale strategia riuscirà ad imporsi in modo duraturo? Difficile dirlo. È significativo però che anche altri settori della società civile abbiano sentito il bisogno di inventare luoghi e momenti di confronto, di controllo e verifica dell'attuazione del programma di Orlando; che abbiano posto il problema di una corretta informazione sulla attività della Giunta progressista in una città in cui le forze del cambiamento, dopo la chiusura del giornale "L'ora", non hanno un loro organo di stampa. Al di là del dilemma tra collaborazione "acritica" e opposizione purchessia, si è aperto dunque per i movimenti uno spazio importante per "accerchiare" la politica istituzionale, per imporre ad essa, laddove occorra, i tempi del "sociale". In questo senso Palermo può ridiventare un autentico laboratorio di democrazia, come agli inizi della Primavera di qualche anno fa.
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