Linea d'ombra - anno XII - n. 91 - marzo 1994

14 ELEZIONI E INTELLETTUALI gine". Il discorso ideale e la trasmissione di cultura devono fare i conti, oggi, con un problema unico (quello dei mezzi) che presenta due facce distinte: l'invasività dei principali mass media (quotidiani, settimanali, radio e televisione) che erodono lo spazio e il tempo una volta disponi bili ad altri strumenti: la riduzione al I' immediatezza che essi inducono nella riflessione su temi e questioni che sono quanto di più irriducibile alla quotidianità. Queste due facce condizionano pesantemente non solo il "tipo" di idee che si vogliono far circolare, ma la loro stessa essenza nonché il contesto in cui vanno a cadere. Se in molti casi, infatti, quelli che possiamo chiamare i grandi media favoliscono la precisione e la concretezza, in altli incoraggiano l'astrattezza e la gene1icità, che si traduce spesso in una nuova retorica. Per essere più incisivi, più compresi, più ascoltati, occorre essere più gridati, più scandalosi, più paradossali: o comunque apodittici, irriflessivi, sicuri di sé, assertivi e un tantino ingiuriosi. Non solo in TV, come si tende a credere. Fare opera di critica e di controllo, allora, è estremamente difficile. Perché usare in tal modo il mezzo a disposizione (sia esso la pagina o lo schermo) è impresa ardua e rara; e perché una certa nonnalizzazione e adattabi]jtà ai linguaggi dominanti è condizione per poter accedere all'uso di quegli stessi mezzi. Qui emerge, accanto a quello dei "mezzi", l'altro grande problema degli intellettuali: quello delle consorterie, come si diceva una volta, dei riflessi corporativi, delle strategie amicali e delle disposizioni psicologiche individua]j_ Anche rispetto a questo campo, infatti, le scelte non semp.re avvengono sul piano lucido e coerente dei contenuti: ma degli schieramenti, delle simpatie, degli interessi comuni. Come informare, allora? E con chi? Privilegiare il rigore della critica o l'incisività? Influenzare direttamente, scegliendo i mezzi che si rivolgono al vasto pubblico, o percorrere una via di ENNIPOINTACUDA La scelta· a colloquicoon AldoCivico "Equandomisonoresocontoq, uandohoconstatato chelaveranaturadellamafiae lasuaforzaconsistono nelsuofarsipolitican,ell'intrecciarcsoinessa perdeteriorarleadistruggerla, lalottaallamafia èdivenutalamiasceltairrinunciabile". EnnioPintacuda PIEMME ulteriore mediazione, utilizzando strumenti più elitari capaci però di influenzare g]j opinion-makers? Quale limite porre ai necessari compromessi da raggiungere con i responsabili e i padroni dei media, col linguaggio richiesto e prevalente, con gli altri chie1ici che partecipano a questa nuova e grande rappresentazione sacra? Vorrei, in proposito e per maggiore chiarezza, fare due esempi che toccano intellettuali credo abbastanza vicini ali' idea di impegno critico e rivoluzione morale rivendicata da Bobbio e Pasquino. La sgradevole polemica scoppiata tra Salvadori e Romano, sul tema di un improbabile e incensurabile plagio di giudizi storici (improbabile proprio perché ogni giudizio storiografico è il frutto di plagi e manipolazioni continue; incensurabile perché la "vitt01ia" di una interpretazione è considerata meno importante del notarile omaggio a chi ne sarebbe, forse, l'autore), è la testimonianza più limpida del male prodotto dall'azione combinata dei grandi media e dei rapporti di consorteria nel modo di pensare e trasmettere di intellettuali autorevoli. L'altro esempio è la stima e i 1iconoscimenti di cui continua a godere come grande "riformatore" il ministro della burocrazia Sabino Cassese, in nome dei suoi studi, della sua intelligenza, della sua collocazione, dei principi più volte enunciati e difesi. Nessuno di questi estimatori, tuttavia, si è preso la briga di indagare in concreto cosa stia portando nella pubblica amministrazione la sequela di leggi, leggine e normative introdotte da Cassese, a che punto siano la semplificazione e il decentramento auspicati, quali siano i vantaggi finora ottenuti dagli utenti (non voglio con questo dare un giudizio negativo sull'operato di Cassese, che conosco poco e di seconda mano; ma stigmatizzare il modo con cui si attua il discorso critico e il controllo tanto invocati, quando si tratta di persona "di fiducia"). La "rivoluzione morale" auspicata da Pasquino è oggi estremamente difficile. A rendere possibile la sua sconfitta non è solo, infatti, l'appeal della po]jtica, che pure c'è e non è qualcosa di esterno agli intellettuali, ma interno al loro bisogno e tradizione di impegno; è la natura stessa degli strumenti di comunicazione/ informazione, che sconvolgono e tradiscono- nella maggior parte dei casi con facilità, spesso ineluttabilmente - l'essenza stessa della produzione degli intellettuali, cioè la parola e l'immagine; ed è anche la rete di "rapporti" in cui essi vivono ormai pienamente inseriti, vincolati e condizionati. Per cercare di rendere inoperosa quella possibilità c'è bisogno di una scelta, di una volontà esplicita, di un atto forte. Che non può essere semplicemente una dichiarazione d'intenti, ma qualcosa che abbia un effetto pratico e come tale sia visibile e vivibile. Per dare il loro contributo alla "rivoluzione morale" gli intellettuali si dovrebbero impegnare: l) a non candidarsi nelle prossime elezioni, pur mettendo a disposizione del nuovo parlamento le prop1ie capacità; 2) a licop1ire incaiichi istituzionali solo sulla base di un preciso programma da verificare ogni sei mesi; a condizione di abbandonare del tutto, provvisoriainente, la propria attività professionale anche se non in contrasto con la legge; 3) a limitai·e la propria apparizione sui grandi media nella misura di: una volta ogni tre mesi alla televisione e una volta al mese nei quotidiani ad alta tiratura; una volta alla settimana alla radio e nel resto della stampa. E possibilmente di essere chiari nelle proprie proposte e nei propri giudizi; 4) a intervenire due volte all'anno per spiegai·e se e come si è cambiata opinione e che fine hanno fatto le proprie proposte, interventi, azioni positive; 5) a devolvere metà dei loro introiti extraprofessionali a iniziative periferiche e minori di intellettuali più giovani che intendono svolgere una funzione di controllo e critica su scala locale.

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