1O ELEZIONI E TELEVISIONE Berlusconi e i suoi alleati rappresentano il peggior vecchio sommato al peggior nuovo, la continuità dell'economia senza etica intrecciata alla politica senza solidarietà. Incarnano valori forti (liberismo senza regole, privatismo, egoismo sociale e ten-itoriale, consumismo, desolidarizzazione, familismo, autoritarismo perbenista ma amorale, spettacolarizzazione della realtà e così via) che indicano già una soluzione modernamente reazionaria alla crisi della democrazia. In tal modo portano a compimento il lungo, faticoso, nascosto - o distrattamente osservato - processo di rifondazione della Destra, della sua credibilità e del suo potere in Italia. I tempi. È inevitabile che un pericolo del genere raduni la parte della società che ha a cuore la democrazia o almeno alcuni dei suoi valori. Attenzione, però: la raduna ma non la unisce. E se la forza quantitativa di questo pezzo di società non è irrilevante- e appare anzi sorprendente, dopo anni di sconfitte di ogni tipo -, la sua qualità è bassa. Servirebbero tempi lunghi per modificarla, ma il tempo manca e così questa aggregazione, generosa e obbligata che sia, appare debole. Suscita più equivoci che simpatie, più dubbi che speranze, più gelosie che entusiasmi. Il motivo è semplice: dentro a quella aggregazione che si è autodenominata progressista si sono per così dire rovesciate le antiche culture della sinistra- le culture della sconfitta, vecchie anche quando anagraficamente giovani, come nel caso dei Verdi, della Rete o di certe zone "cattoliche democratiche" - o poco di più. Non c'è stato un reale processo di confronto, di ricerca e di ricostruzione delle ragioni della cultura della sinistra, del suo posto nella società, dei suoi programmi. Eppure il tempo che ora manca c'è stato, in questi anni. Da decenni le principali bandiere della sinistra hanno perso smalto e verità, da almeno tre lustri i suoi valori sono socialmente deboli e poco credibili, da cinque anni è infine rovinosamente crollato il pezzo di mondo che in modo più o meno contraffatto e sviante ne incarnava simboli, idee e parola d'ordine. Cinque anni che non sembrano molti ma valgono un secolo se si guarda alle trasformazioni che li hanno accompagnati. Se confrontate con la rapidità e con la radicalità di questi mutamenti, le culture delle sinistre italiane sembrano ferme, quasi paralizzate alle prime reazioni: il rifiuto più o meno mascherato della sconfitta, una trasformazione coraggiosa ma confusa e incompleta o ancora una sorta di ipocrita dichiarazione di estraneità. Un mondo è crollato, le contraddizioni planetarie cambiano volto, una grande tradizione pervertita arriva al capolinea, si rivelano sbagliate tutte le risposte tentate-e quelle culture sono ancora avvinte agli stessi nodi, come malattie da cui non si vuole guarire. Se misurato sull'enormità di questo ritardo, assume dimensioni ridicole, per dirne una, il fatto che i nostri "ri-comunisti" accettino le privatizzazioni o che brandelli di culture "terzaforziste" si pieghino a contaminazioni assai compromettenti. La fatica che è costata raggiungere questi minuscoli risultati è la prova migliore della debolezza di queste culture e delle loro prospettive. Non è qui il luogo e il tempo per recriminare. Però come sono passati invano questi anni e che disastro i politici e gli intellettuali della sinistra! Quasi tutti hanno preferito rinchiudersi nei propri piccoli spazi, senza rischiare le rotture e gli scontri che sarebbero stati necessari per provare a trasformare quelle culture, a renderle adeguate ai tempi e, in prospettiva, vincenti; e in certi casi l'ibrida alleanza elettorale premia proprio questi opportunismi. Ma il giudizio politico e anche elettorale no, temo di no. Ormai è tardi, però, il tempo manca e troppo grande è il pericolo che ci raduna. Bisogna provare a sconfiggere il Grande Nemico o prepararsi a contrastarne il trionfo. Ma bisogna sapere che le idee che abbiamo a sinistra sono in tutti e due i casi ancora insufficienti. Comunque vada, tanto dovremo ragionare, scontrarci, discutere, fare. Foto di luigi Baldelli/Contrasto
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