Linea d'ombra - anno XII - n. 91 - marzo 1994

6 RUSSIA schizofrenico. Le incongruenze esterne ed interne possono procurare l'orgasmo. Il risultato è un salvifico cinismo che trasforma Dovlatov nella figura chiave della nuova letteratura russa, lo rende popolare nel grande pubblico dei lettori. Il cinismo dà sollievo; il lettore riceve la tanto sospirata indulgenza; nessuno lo esorta più a compiere atti eroici. Il cinismo raggiunge vette di virtuosismo con Eduard Limonov. II suo eroe confessa: "lo sono un tipo particolare. So cos'è la paura, come tutti, ma ardo sempre dal desiderio di violare le regole". Egli trova interessanti la patologia o l'improvvisa confidenza, qualunque cosa esuli dalla norma che diventa il nemico comune dell'altra letteratura. La vecchia idea del superuomo è abilmente impacchettata nella mentalità del piccolo sentimentalista amante della birra, delle donne e del salame. L'eroe di Limonov non è capace di fare nuIlae al contempo è capace di tutto. L'atteggiamento mentale tipico del balordo che offende l'immaginazione, a maggior ragione in Russia. Basta un secondo perché tutto cambi. Ieri avanguardista, oggi nazionalista. La mancanza di certezze è la sostanza del cinismo. L'instabile equilibrio fra i complessi provinciali e la megalomania si spezza negli anni Novanta grazie alla politicizzazione del protagonista. Convintosi della noia del modello di vita occidentale, Limonov fa proprio l'oltraggiato ideale comunista come una sfida, come un sistema per andare contro corrente. Il proiettarsi attivamente nella vita quotidiana del personaggio letterario è molto russo: gli eroi letterari hanno generato un mucchio di seguaci. L'eroe di Limonov ha generato il proprio autore. È iniziata la partita con il male autentico, un gioco col sangue, con cui il gruppo degli scrittori stravaganti vuole "incantare". Venedikt Erofeev, Vjaceslav P'ecuch, Evgenij Popov, adombrano ognuno la propria visione del mondo. In epoca sovietica l'offuscamento era una forma di autodifesa politica, ma in realtà rifletteva il rifiuto di risposte razionalistiche alle maledette domande del vivere quotidiano, la lucida e polemica impotenza di spiegare il mondo. Il mio omonimo Venedikt Erofeev propone alla prosa russa il ritmo biologico specifico della confessione alcolista. Ne scaturisce un effetto di autenticità nazionale. L'alcolista - animo delicato, timido, trepido - risulta più lucido del mondo dei sobri. Venedikt va a mettere le mani su un tema assai serio per la cultura russa: l'atteggiamento "tutt'altro che serio", menefreghista nei confronti della vita, che affonda le sue radici nel passato religioso dei mentecatti e dei giullari. E propone anche una soluzione nazionale: i I ciclo "naturale" della sbronza e del dopo-sbronza come rifiuto dei calendari ideologici imposti al popolo, una sorta di viaggio ipnotico divenuto la buona novella sull'incompatibilità fra sovietismo e animo russo. Con il suo schivo moralismo, la "stravaganza" dà alla creatura di Erofeev per metà eroe letterario e per metà autore (simili centauri sono diffusi anche nell'altra letteratura) la forza per continuare a vivere, per maledire il potere, lo aiuta a guardare con fiducia crescente a quella fusione particolare di auto umi liazione e orgoglio nazionale, a sentirsi parte delle "costellazioni". Per quanto un russo possa essere disgraziato, sporco e ignobile, egli è comunque convinto di avere in sé qualcosa di speciale, di inaccessibile agli altri popoli. "Nell'animo russo c'è tutto", afferma con una punta di stravaganza Vjaceslav P'ecuch che appartiene alla categoria degli scrittori conciliatori, per i quali un mondo cattivo è meglio di una guerra buona. Bonario, per non impelagarsi nei dettagli naturalistici P' ecuch preferisce "carnevalizzare" il male, stemperandolo nella poetica della fiaba popolare. Gioca con gli eterni stereotipi dell'arc~ismo russo, con la propensione nazionale al pensiero mitologico. E un tentativo di ammaliare il male con la magia, di raccontarlo in modo buffo, di sostituirlo furtivamente con il bene, di fondere le spade in aratri. Ma basta andare un po' più a fondo nella sua prosa ed ecco che balzano agli occhi la stupidità, i tormenti, le assurdità e il finale, proprio per la sua fiabesca malia, si trasforma in una involontaria parodia del lieto fine. La parola stravagante di Evgenij Popov è più triste, anche se esteriormente è più colorita e scherzosa. Anche lo scrittore desidera una felice conclusione, ma questo siberiano non riesce a raggiungere la concordia. Geneticamente vicino alla letteratura contadina, Popov se ne allontana limitandosi di fatto a sostituire una sola lettera: il "pazzone" campagnolo diventa nei suoi racconti un cazzone. Il turpiloquio acquista una valenza metafisica. Popov cerca di chiarire il susseguirsi degli avvenimenti descritti, ma li confonde, si perde, mena il can per l'aia, incapace di tenere testa ali' impeto della realtà con le sue storie, come quella di come "presero dei bambini, li appesero nel bosco, li squartarono con i coltelli e ne raccolsero il sangue in vasi di vetro". Perché? "Per consegnarlo ai centri di trasfusione, ricevendone in cambio un sacco di soldi". Al pari di altri scrittori inclini alla stravaganza, Popov descrive in modo meraviglioso, spesso peraltro del tutto casualmente, il noneuropeismo del carattere russo, l'incoerenza, la vaghezza del pensiero e dell'azione, dovuti alla confusione della struttura assiologica della realtà russa. Il lettore occidentale tirerà un sospiro di sollievo: per fortuna non vive in Russia dove la vita umana vale così poco e dove c'è tanta crudeltà. Ma non si tratta di Russia.L'intento della nuova letteratura russa non è denunciare il proprio paese, ma far vedere come sotto la leggera patina culturale l'uomo si riveli un animale incontrollabile. A volte l'esempio russo è solo più convincente di altri. Alcune caratteristiche del "ritardo" culturale della Russia si individuano nell'opera di Evgenij Charitonov, fondatore della moderna cultura gay russa negli anni Settanta, quando I 'omosessualità era ancora considerata un reato. La consapevolezza di affrontare un tema vergine e proibito ha suggerito allo scrittore uno stile sofferto e nitido che lo ha reso uno dei migliori autori della sua generazione. Con lui nasce una nuova scrittura d'amore (dai tempi di Turgenev la letteratura russa non ricordava un amore così puro): una scrittura appassionata, tormentata, schiva, affannosa, con una tensione interiore da preinfarto. E così è morto lo scrittore, per un attacco di cuore in mezzo alla strada, a Mosca, prima di aver raggiunto il successo. Oggi la rinfrancata stampa gay esalta Charitonov, ormai è un classico, il suo nome una parola d'ordine. Parallelamente a Charitonov nasce la letteratura femminile, molto schietta, ma generalmente lontana dall'ideologia femminista, nei cui confronti Tatjana Tolstaja non nasconde la propria ostilità. La forza e l'energia virile della scrittura tradizionale creano nei suoi racconti un beffardo contrasto con la descrizione di destini assurdi e infelici. Sempre pronta a coccolare e incoraggiare i suoi sfortunati eroi, non perde mai però la consapevolezza che aiutarli, e tanto più salvarli, è difficile, se non impossibile. Chi vince sono i rapaci, nella vita non c'è né giustizia né logica, ma solo un palpitare, sogni fugaci, e mentre non esistono i buoni in assoluto, in compenso ci sono i cattivi in assoluto, i più buoni e i meno buoni e questo bisogna farlo vedere, in modo da distinguere gli uni dagli altri. Per quale motivo? La domanda rimane sospesa nell'aria, tanto più che la forma della scrittura stimola la golosità dell'autrice, il deside1io di riempire lo spazio della pagina di parole sapide, succulente, espressive. La vivacità del linguaggio nei racconti della Tolstaja è peraltro piuttosto sospetta, fa venire in mente l'apparente freschezza delle piante finte esposte negli interni americani. Può darsi che non sia così, ma l'odierno contesto culturale trasforma inesorabilmente la vegetazione viva in un'abile stilizzazione. Stilizzata alla maniera puskiniana, la narrazione neutra di Anatolij Gavrilov si contrappone sia alla precedente letteratura ufficiosa sia a quella di denuncia destinata a terrorizzare il lettore con le turpi bassezze della realtà di oggi. Dando per scontate le sue convenzioni,

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