PALERMO, SICILIA:UTORITRATIO INMOVIMENTO RACCONTI, INTERVISTE, RASSEGNE , . Marzo1994/ N~mero91 Lire 9.000 mensile di storie, immagini, discussioni e spettacolo .. ., ,·, ,-~-_.-·· ✓-~7,,- . -r• 1/ . ·-:; ,;fi,,.,, ' __. , .. /, ;,;, , , ,• .... ;.,,...;.,· ,J/ ., '.-~/-,; , I . , . - v' .... _ \ . .... .• ELEZIONIE-VIDEOCRAZIA INTELLETIUALI EPOLITICA OGGI i ·- ~-.:::.... .... :~,-;:~:-_ • i . , ' ·,,, \_) t:·\\ '/ .. .. ~ .. . ·, ·• ':,,',( 'ff, -'~ .. ;. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POST~ 50% · VIA GAfl'URJO 4 • 201:1,4MILANO ,, •·..-r.,,
Civiltàletterarie. Civiltà che consegnano a testi scritti le rappresentazioni di se stesse, le proprie conoscenze e riflessioni, il proprio immaginario. Civiltà della parola, che nelle sue declinazioni artistiche o storiografiche, scientifiche o filosofiche hanno approfondito la conoscenza dell'Uomo. Civiltà delle idee, dove il contrasto di opinioni e tendenze vivifica e arricchisce l'incontro tra culture. Civiltà della comunicazione, che per custodire e diffondere le idee creano scuole, biblioteche e giornali, stampano libri, discutono in accademie e circoli . .Civiltà letterarie: l'espressione letteraria nel vivo della storia di una società e della sua cultura. Storia della civiltà letteraria italiana, diretta da Giorgio Barberi Squarotti. Sei volumi in più tomi completi di dizionario biobibliografico. Storia della civiltà letteraria degli Stati Uniti, diretta da Emory Elliott. Due volumi e dizionario biobibliografico. Storia della civiltà letteraria spagnola, diretta da Franco Meregalli. Due volumi e dizionario biobibliografico. È ora disponibile la Storia della civiltà letteraria francese, diretta da Lionello Sozzi. Tre volumi a cura dei maggiori specialisti italiani e francesi, completati da un volume di dizionario biobibliografico.
ANABASI NICOLA CATTEDRA ILFILONERO "Un saggio-racconto pieno di fatti, esperienze, incontri, personaggi, la Sicilia in presa diretta. Una storia della mafia scritta con eleganza senza noia, con naturalezza, piena di particolari, di riflessioni, arricchita dalla presenza costantedell'autore che ha spesso vissuto in prima persona quel che racconta". CorrodoStojono LUISA ACCATI ILMATRIMONIO DI RAFFAELEALBANESE "Vi odio famiglie" disseGide; la ragione di questa frase apparirà chiara leggendo questo romanzo d'esordio che sorprende per la sapienza della costruzione, la nitidezza della scrittura, la suspence psicologica. "Un inquietante Rashomondomestico sulle silenziose battaglie che decidono dominanza e sottomissione in una famiglia." RobertoBorbolini,Panorama GIUSEPPE MAZZAGLIA PRINCIPIGENERALI Un albergo sul mare, due giovani in luna di miele, una prima notte di nozze. Ma un awenimento apparentemente qualsiasi si trasforma in un affresco visionario intriso di erotismo. Il nuovo romanzo di uno degli scrittori più amati da Sciascia. ANGELA CARTER FANTASMI AMERICANI In quest'ultima raccolta di racconti, pubblicata un anno dopo la sua morte, Angela Carter fruga negli archivi del cinema, dell'arte e del subconscio con lo spirito e la ricchezza immaginativo abituali, ribaltando i miti e reinventandoli. YEHOSHUA KENAZ VOCI DI MUTO AMORE "Uno dei più bei romanzi ebraici che ho letto negli ultimi anni ... Un raro capolavoro." Amos Oz "Cresce nello storia l'effetto di coro che ho lo vita, quando uno scrittore vero scompone il chiasso nelle sue tonalità ... Non si esce illesi do Kenoz.. Nessuno fretto è possibile su queste pagine, nessun rigo è superfluo." ErriDe Luca, il corrieredello sera MONTSERRAT ROIG AMORE E CENERI Storie di illuminazioni e di sofferenze, dell'inevitabile trascorrere dei giorni e di eventi fulminei. Otto racconti per scoprire uno scrittrice che è, con Mercé Rodoreda, lo voce più amato dello letteratura catalano contemporaneo. WILLA CATHER ILMIO PEGGIOR NEMICO Lo storia di un omore "quasi perfetto". In poco più di cento pagine l'immagine di uno donna complessa i cui successi e fallimenti si susseguono o comporre un destino ineluttabile. DAVID MALOUF RITORNO A BABILONIA Do uno degli autori australiani più noti e stimati nel mondo, un romanzo che ci pone di fronte ai grondi temi dell'identità e dello tolleranza. DAVIS GRUBB ILTERRORECORRE SULFIUME Uno delle più straordinarie cocce all'uomo che siano mai state narrate. Do questo romanzo che fu o lungo un bestseller, Charles Loughton ho trotto un film indimenticabile, interpretato do Robert Mitchum, ShellyWinters, Lillion Gish. STEPHEN SPENDER ILTEMPIO Il racconto outobiògrofico del soggiorno nella'Germonio di Weimar di un giovane poeta inglese. Il romanzo di uno generazione cresciuto poco primo dell'incubo Hitleriano. FRANZ WERFEL MORTE DI UN PICCOLO BORGHESE Un lungo racconto uno dei migliori scritti do Werfel tra il 1920 e il 1927. Uno storia ricco di umanità, o trotti ironica e grottesco in cui si respiro l'atmosfera inquieto dello Vienna postbellica. RENATOMANNHEIMER, GIACOMO SANI LA RIVOLUZIONE ELETTORALE L'Italiafraloprimoe lo secondo repubblica I motivi e le logiche dello "Rivoluzione elettorale" e i possibili sviluppi futuri. Lospecchio di una realtà in continuo cambiamento e i suggerimenti per interpretarlo. PIERO ROCCHINI MANUALE DI AUTODIFESA DELCITTADINO "Obiettivo di Rocchini è fornirci un vero e proprio manuale per scegliere i nostri rappresentanti non più solo per affinità ideologico o interessi di bottega. Lo lettura è utile e la consigliamo. Mo non pensate che vi dio serenità e conforto.. L'horror è dietro quello porto che finora non abbiamo voluto aprire." OrestePivetta,L'Unità FRIENDLY/94 ALMANACCO DELLA SOCIETÀ ITALIANA Progettodi LauroBaldo Friendly,al suosecondo anno, si ripropone come un'alternativa al catastrofismo. "L'almanacco che registro tutti i segnali di un possibile nuovo modo di vivere, ci appare come uno sorto di repertorio di soluzioni possibili allo difficoltà del vivere alcune già messe in pratico oltre allo studio, altre infine soltanto immaginate." MiriamMofoi, LoRepubblica OTA DE LEONARDIS, DIANA MAURI, FRANCO ROTELLI L'IMPRESASOCIALE Lo proposto innovativo di forme d'intervento sociale che ristabiliscono una relazione positivo tra mondo dell'assistenza e mondo dello produzione, tra crescita economico e benessere sociale. MARIANELLA SCLAVI LASIGNORA VA NELBRONX Un libro che si colloca tra romanzo verità e etnografia urbana. Lo storia di uno esperienza "dall'altro parte dello barricato", dell'incontro scontro tra l'autrice bianco, italiana, insegnante universitario e i personaggi che lo guidano nella quotidianità del Brònx. Uno straordinario "reportage etnografico". PIERREROSANVALLON LA RIVOLUZIONE DELL'UGUAGLIANZA Dalla rivoluzione francese allo fine del XIX secolo intorno al suffragio universale si sono intrecciati tutti gli interrogativi sulle forme della democrazia moderna: il rapporto tra diritti civili e politici, fra legittimità ed esercizio del potere, fra uguaglianza e ricchezza. FULVIO CARMAGNOLA DELLAMENTE E DEI SENSI Estetica e utilità nel mondo degli oggetti che ci circondano. Un panorama del presente tecnologico dove astrazione e fisicità - mente e sensi - compongono un complesso statuto entro uno percezione estetico allargato. RAGION PRATICA/2 Nello porte monografico: immigrazione e xenofobia; nazionalismo, razzismo e odi interetnici; multiculturalismo e diritti delle minoranze. IDRA H SEMESTRALEDI LETTERATUIRA Testidi EmilioTodini, Fernando Marchiori, FobioMuggiosco, SalvatoreOuosimodo, Pericle Potocchi,Corinne Bilie,Walter Vogt, Niklaus Meinberg.
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COMEABBONARSI A REGALO ESCLUSIVO Un inedito di Norberto Bobbio sullaVIRTÙDELLAMITEZZA I VANTAGGI 1. Risparmiodi L. 20.000 sul prezzodi copertina. 2. Scontodel 20% sui numeri arretrati. 3. Scontodel 20% sui volumi della collana "Aperture" Edizioni Linead'ombra. 4. Tremesidi abbonamento gratuito. Segnalateci il nomedi unamico. Riceveràinvisionegratuitauna copiadellarivista. Sesiabbonaprolungheremo di 3mesi l vostroabbonamento. UNLIBROASCELTA Marco Lombardo Radice UNACONCRETISSIMA UTOPIA Goffredo Fofi I LIMITIDELLASCENA Albrecht Goes LAVITTIMA Mori Ogai L'INTENDENTE SANSHO FriedrichSchiller ILDELINQUENTE PERINFAMIA Per sottoscrivere l'abbonamento utilizzate ~ ·------------------------------------ SÌ sottoscrivounabbonamento annuale(11numeri)aLinead'ombraperunimportot taledi L.85.000. Riceverò inregalol'ineditodiNorbertoBobbio Scelgo inomaggio ilvolume □ lAVITTIMA □ L'INTENDENTE SANSHO □ ILDELINQUENTE PERINFAMIA □ I LIMITIDELlASCENA □ UNACONCRETISSIMA UTOPIA Segnalounamicointeressatoricevereunacopiaomaggio diLinead'ombra(incasodirispostaaffermativa prolungherete di3mesi il mioabbonamento) NOME _______________ _ COGNOME ______________ _ INDIRIZZO ______________ _ _____________ (Ap __ _ CITTÀ_______________ _ NOME _______________ _ COGNOME ______________ _ INDIRIZZO ______________ _ _____________ CAP__ _ CITTÀ_______________ _ Indicolamodalitàdipagamento (senzaggiuntadispesepostali) O Assegno (bancarioopostalen.________ _ banca___________ inbustachiusa) O Versamento sulc/cpostalen. 54140207 intestatoaLinead'ombra □ Viautorizzoadaddebitarmi lacifradi L. 85.000 sucartadicredito □ CartaSì □ Visa O Mastercard □Eurocard I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I I N. SCAD. POTETEMANDAREANCHEUN FAXAL N. 02-6691299 FIRMA_____________ _ L---------------------------------------J
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Su un saggio di Bobbio Risposta a Pontara Meneghello: l'Italia vista da Londra Diari d'ospedale, da Guibert a Moretti Gangsters secondo De Palma Simone Weil vista da Ronconi PALERMO,SICILIA. SOCIETÀCIVILEE CULTURA -------- 17 Goffredo Fofi Molti segni di vita Giacomo Vaiarelli A Palermo, dopo le elezioni 19 D. Ciprì, F. Maresco Brutti, sporchi e perdenti Incontro con Alessandro Rais 33 Mimmo Cuticchio Pupi e racconti Incontro con Matteo Bavera 45 Gianni Gebbia Musica: normali anomalie Incontro con Francesco Giambrone 22 Roberto Alajmo Storia di Lorenzo Basta 25 Marcello Benfante Cattivi si nasce 30 Cinzia Coltura Grida 37 Franco Scaldati Vàsami 42 Lina Prosa 'Nniriade 39 Roberto Koch La Sicilia dei fotografi 49 Joselita Ciaravino Arte e paesaggio 51 Marcello Benfante Sciascia, o il fantasma di un maestro 53 P. Di Falco, H. Friese Un libro di Enrico Deaglio Le riviste sono gruppi 55 Emanuele Villa I vent'anni di "Segno" 56 Augusto Cavadi "Città per l'uomo" 58 Antonio Pioletti "Città d'utopia", a Catania "Casba" Dopo le stragi 59 Tano Siracusa Da Agrigento, "Suddovest" 61 Sergio Albertini Aria nuova, contro lo "Smog" Letizia Battaglia "Mezzocielo", tutto di donne Anselmo Calaciura Un nuovo quotidiano, "Il Cittadino" 64 Antonio Roccuzzo Un nuovo quotidiano, "I Siciliani" Le fotografie del dossier sono di Ernesto Bazan, Emanuele Cottone, Armando Rotoletti, Shobha, Tano Siracusa, Massimo Siragusa, Paolo Titolo, Francesco Traina, Francesco Zizala. La copertina di questo numero è di Fabidn Gonzdles Negrfn. La vignetta a p. 8 è di Elfo. Abbonamento annuale: ITALIA L. 85.000, ESTERO L. 100.000 a mezzo assegno bancario o c/c postale n. 54140207 intestato a Linea d'ombra o tramite carta di credito SI. I manoscritti non vengono restituiti. Si pubblicano poesie solo su richiesta. Dei testi di cui non siamo in.grado di rintracciare gli aventi diritto, ci dichiariamo pronti a ottemperare agli obblighi relativi.
4 RUSSIA Victor Erofeev I 11 FIORI DELMALE'' RUSSI UNALETTERATURA CHEEMANAFETORE traduzionedi Lila Grieco La letteratura russa dell'ultimo quarto di questo secolo è stata caratterizzata dal potere del male. Citando Baudelaire, si potrebbe dire che la Russia letteraria di oggi ha raccolto un intero mazzo di fleurs du mal. Non è affatto mia intenzione considerare i singoli autori solo come elementi di questa composizione floreale, convinto come sono del loro valore individuale. Tuttavia, testi fra loro dissimili e talvolta persino reciprocamente ostili lasciano trasparire l'esistenza di un singolare testo archetipico. Alla fine degli anni Ottanta la storia della letteratura sovietica si è bruscamente spezzata. È stata una m011eviolenta la cui causa è estranea alla letteratura stessa. La letteratura sovietica era iI fiore di serra del sistema statale socialista. Non appena è cessato il riscaldamento della serra, il fiore è appassito e si è seccato. Speculare ad esso, il fiore della letteratura della resistenza ha subito la stessa sorte: avevano in comune lo stesso sistema di radici. Tutto ha finito per confondersi. Gli scrittori sono rimasti senza letteratura. Non tutti, però. Sin dai tempi delle serre aveva cominciato a formarsi, fuori del solco della linea propagandistica, una letteratura successivamente definita dai critici l'altra letteratura. Politicamente, l'altra letteratura era "indefinita", iIche generava un atteggiamento di sfiducia nei suoi confronti da parte dei contrapposti campi ideologici. Certamente non si può dire che soffrisse di "sovieticità", era più a-sovietica che anti-sovietica. Dimostrava una certa freddezza verso la letteratura dissidente poiché la vedeva come il rovescio ideologico di quella ufficiale, rilevando l'evidente comunanza dei criteri estetici. L'altra letteratura è andata a scuola da una compagnia di maestri eterogenea e strana, se non altro dal punto di vista dell'intellighenzia russa: Gogol' e il marchese De Sade, i decadentisti dei primi anni del secolo e i surrealisti, i mistici e i Beatles, Andrej Platonov e lo sconosciuto Leonid Dobycin, Nabokov e Borges. Amava Pound e l'astrusità degli obereuti, i colossal di Hollywood, la pop art e le canzoni della mala, i grattacieli di Stalin e il postmodernismo occidentale. Avendo esaurito le possibilità del collettivismo, la letteratura di fine secolo si sposta dai valori generali ai valori marginali, dal canonico all'apocrifo, si sgretola in più frammenti. Prende l'avvio, a metà degli anni Settanta, un'era di dubbi senza precedenti, non solo sull'uomo n,uovo sovietico, ma sull'essere umano in quanto tale. La nuova letteratura russa mette in discussione tutto senza eccezione: l'amore, i figli, la fede, la Chiesa, la cultura, la bellezza, la nobiltà d'animo, la maternità, la saggezza popolare (crollano le illusioni populiste 1imaste intatte nell'intellighenzia per tutta la durata del potere sovietico) e successivamente anche l'Occidente. Il suo scetticismo va via via crescendo. È una duplice reazione: al la sei vaggia realtà russa e ali' eccessivo mora Iismo del la cu Itura russa. Frantumato il muro fra eroe positivo ed eroe negativo, così ben difeso nella letteratura classica, qualunque sentimento che non sia sfiorato dal male viene messo in discussione. Si civetta col male, molti illustri scrittori ne rimangono abbagliati e ne diventano ostaggi. Alcuni di loro intravedono nel realismo socialista una sorta di fascino volgare e veri e propri modelli ontologici nelle sue forme architettoniche. La bellezza cede il posto ali' espressione dell' osceno. Si sviluppa un'estetica che nùra a scandalizzare e a scioccare. Cresce l'interesse per la parola "sporca", per il turpiloquio come detonatore del testo. La nuova letteratura oscilla fra una "nera" disperazione e una cinica indifferenza. La letteratura che un tempo profumava di fiori di campo e di fieno è pervasa ora di nuovi umori, diventa maleodorante. Tutto emana fetore: la morte, il sesso, la vecchiaia, il cibo cattivo, la quotidianità. Balzano in primo piano i temi della violenza, del sadismo, delle vite spezzate. Aumenta vertiginosamente il numero degli omicidi, degli stupri, degli aborti, delle t011ure,delle scene che descrivono contesti diversi di umiliazione (esercito, prigione, criminalità), delle perversioni sessuali. Svilisce la fiducia nella ragione, cresce il ruolo dei casi disgraziati e del caso in genere. Gli scrittori sono sempre meno interessati alla vita professionale dei loro eroi che di solito non hanno particolari occupazioni o una biografia coerente. Molti dei personaggi sono folli o ritardati mentali. Alla prosa psicologica si sostituisce quella psicopatologica. Il punto di partenza dell'altra letteratura è l'inferno, e insieme Solzenicyn e Salamov. Solzenicyn è riuscito a celebrare l'animo russo nel gulag (Ivan Denisovic), mentre Salamov (/ racconti di Kolyma) ha mostrato il limite al di là del quale si spezza qualunque animo. Era una novità, o almeno così veniva letta. Egli ha mostrato come le sofferenze non sublimino l'uomo (lineadostoevskiana), ma lo rendano indifferente, come si annulli addirittura la demarcazione fra vittime e carnefici, pronti a scambiarsi di posto. I racconti di Varlam Salamov, che ha trascorso 17 anni nelle galere e nei lager, non sono scritti da un Orfeo disceso negli inferi, ma da un Plutone risalito dall'inferno e resosi conto "dell'illusorietà e della gravezza della speranza". Questo cambiamento di direzione è tipico dell'altra letteratura. li gulag di Salamov è più una metafora della quotidianità che una realtà politica. E che la Russia sia una "grande gabbia", il prolungamento del gulag con le sue leggi spietate, emerge anche dalla prosa di Victor Astafev. Il grado di coinvolgimento degli seri ttori nel male è assai diversificato.C'è chi tenta di "localizzarlo", di spiegare la degradazione con cause esterne, addossandone la colpa ai bolscevichi, agli ebrei. Uno dei capiscuola della letteratura contadina, Astafev è soffocato dall'odio: detesta ferocemente la cultura urbana corrotta dall'Occidente, inclusa la stessa letteratura postsovietica. Ma Astafev concede al male una tale libertà di espressione che le prospetti ve di una sua sconfitta appaiono davvero penose. Il mondo patriarcale della campagna è quasi totalmente distrutto nella prosa di Astafev e la speranza nella sua funzione salvifica è minima. Domina la rassegnazione di fronte alle sventure del destino, aleggia un'atmosfera di fatalismo quasi orientale, la morte violenta diventa naturale quasi quanto la morte in guerra o nei quartieri ad alto rischio di New York. Ma la letteratura contadina non può, tuttavia, non proporre un eroe positivo, un vendicatore del popolo, un San Giorgio vittorioso che uccide il drago. Attraverso la
narrazione di Astafev traspare l'animo sensibile dell'autore, ma le note di impotenza che risuonano nelle sue opere testimoniano nel complesso la sconfitta della propaganda moralistica. Essa ha ancora pieno titolo nelle opere degli scrittori legati al comune spirito umanistico della generazione del disgelo chrusceviano, i sestidesjatniki, la generazione degli anni Sessanta. Ma già con Fridrikh Gorenstejn la speranza in un eroe positivo è quasi del tutto scomparsa. Ed è il narratore in persona a doversene assumere il ruolo. La figura del piccolo uomo che deve essere difeso, una figura che percorre tutta la letteratura russa, si trasforma in uno dei suoi racconti in una vecchia avida e ripugnante che striscia come un insetto sulla vita alla ricerca di cibo. A cavallo di due generazioni letterarie come Gorenstejn, Ljudmila Petrusevskaja si dibatte fra la convinzione dei shestidesjatniki che i vizi abbiano una motivazione sociale (la sua drammaturgia e la sua prosa hanno una forte impronta sociale, sono cariche del pathos della denuncia) e lo sconforto del l'altra letteratura, parallelamente alla quale comincia a nutrire dei dubbi anche nei confronti del la natura stessa dell'uomo, aderendo così al la categoria degli osservatori impotenti, allibiti al cospetto delle "possibilità" del male. La degradazione del mondo non conosce più limiti "umanistici", orteghianamente il mondo si disumanizza. Ma i dubbi non si estendono alla persona del narratore, che ammette che si scherzi su tutto fuorché su di lui. Sasa Sokolov comunica una posizione analoga all'eroe lirico, una sorta di "sosia autobiografico". È una dichiarazione di appartenenza alle persone supeiflue, quelle su cui si accaniscono con scherno "gli ottusi e torpidi alchimisti in camicia rossa". Accanto alle camicie rosse comuniste compaiono frufalle, falene e tutta una sfilata di personaggi pittoreschi e leziosi, un ballo in maschera Mosco Fotodi R Wallis(Saba/Rea/Contrasto) RUSSIA S durante il quale si disquisisce di libertà e di felicità. Con Sokolov la letteratura contemporanea sperimenta le possibilità dell'estetismo come forma di opposizione. Comincia a profilarsi un approdo in cui è pronto a rifugiarsi l'animo russo tormentato dal male: l'alternativa nabokoviana dello stile petfetto che maschera sempre più la realtà, fino al limite estremo, fino al manifesto in cui si proclama che l'unico soggetto degno di fiducia è l'Io narrante. Spesso, tuttavia, all'"/o so cosa fare" si sostituisce il "non c'è nulla da fare". Gli scrittori leningradesi Dovlatov e Valerij Popov (i loro destini sono molto diversi, uno è emigrato a New York dove è morto, l'altro è diventato un personaggio assai influente nei circoli letterari della sua città; ma la letteratura russa è un insieme unico, non si suddivide in letteratura del!' emigrazione e letteratura metropolitana e affermarlo dopo il 1985 diventa addirittura una volgarità) ammantano questa idea di un sottile humour quasi cechoviano. La guerra contro il male è finita da un pezzo con la sua vittoria definitiva, ma bisogna pur vivere ... L'io nairnnte di Valerij Popov, non meno perbene di quello della Petrusevskaja, entra in contatto col male, non solo: comincia a provarne invidia. Anch'egli avrebbe voglia di scavalcare leggi e doveri come fanno i suoi eroi "cattivi", ma non ha abbastanza coraggio, è frenato dalla propria onestà intellettuale. Sergej Dovlatov attutisce ulteriormente la funzione moralizzatrice del narratore, mettendo in primo piano il compromesso che si fa volutamente comparire nel titolo. La vita ai tempi del potere sovietico era dotata di una "comicità" straordinaria. Dovlatov non è in grado di modificarla, ma la sua stessa descrizione diventa trascendenza della realtà, trasformazione dello schifo in puro oggetto di stile. Più è assurda e più fa ridere. Il narratore non è né migliore, né peggiore degli altri. Egli sa che in un paese la cui stessa denominazione è "falsa", tutto è costruito sull'inganno, ma personalmente non vi prende parte. Si sdoppia, in modo
6 RUSSIA schizofrenico. Le incongruenze esterne ed interne possono procurare l'orgasmo. Il risultato è un salvifico cinismo che trasforma Dovlatov nella figura chiave della nuova letteratura russa, lo rende popolare nel grande pubblico dei lettori. Il cinismo dà sollievo; il lettore riceve la tanto sospirata indulgenza; nessuno lo esorta più a compiere atti eroici. Il cinismo raggiunge vette di virtuosismo con Eduard Limonov. II suo eroe confessa: "lo sono un tipo particolare. So cos'è la paura, come tutti, ma ardo sempre dal desiderio di violare le regole". Egli trova interessanti la patologia o l'improvvisa confidenza, qualunque cosa esuli dalla norma che diventa il nemico comune dell'altra letteratura. La vecchia idea del superuomo è abilmente impacchettata nella mentalità del piccolo sentimentalista amante della birra, delle donne e del salame. L'eroe di Limonov non è capace di fare nuIlae al contempo è capace di tutto. L'atteggiamento mentale tipico del balordo che offende l'immaginazione, a maggior ragione in Russia. Basta un secondo perché tutto cambi. Ieri avanguardista, oggi nazionalista. La mancanza di certezze è la sostanza del cinismo. L'instabile equilibrio fra i complessi provinciali e la megalomania si spezza negli anni Novanta grazie alla politicizzazione del protagonista. Convintosi della noia del modello di vita occidentale, Limonov fa proprio l'oltraggiato ideale comunista come una sfida, come un sistema per andare contro corrente. Il proiettarsi attivamente nella vita quotidiana del personaggio letterario è molto russo: gli eroi letterari hanno generato un mucchio di seguaci. L'eroe di Limonov ha generato il proprio autore. È iniziata la partita con il male autentico, un gioco col sangue, con cui il gruppo degli scrittori stravaganti vuole "incantare". Venedikt Erofeev, Vjaceslav P'ecuch, Evgenij Popov, adombrano ognuno la propria visione del mondo. In epoca sovietica l'offuscamento era una forma di autodifesa politica, ma in realtà rifletteva il rifiuto di risposte razionalistiche alle maledette domande del vivere quotidiano, la lucida e polemica impotenza di spiegare il mondo. Il mio omonimo Venedikt Erofeev propone alla prosa russa il ritmo biologico specifico della confessione alcolista. Ne scaturisce un effetto di autenticità nazionale. L'alcolista - animo delicato, timido, trepido - risulta più lucido del mondo dei sobri. Venedikt va a mettere le mani su un tema assai serio per la cultura russa: l'atteggiamento "tutt'altro che serio", menefreghista nei confronti della vita, che affonda le sue radici nel passato religioso dei mentecatti e dei giullari. E propone anche una soluzione nazionale: i I ciclo "naturale" della sbronza e del dopo-sbronza come rifiuto dei calendari ideologici imposti al popolo, una sorta di viaggio ipnotico divenuto la buona novella sull'incompatibilità fra sovietismo e animo russo. Con il suo schivo moralismo, la "stravaganza" dà alla creatura di Erofeev per metà eroe letterario e per metà autore (simili centauri sono diffusi anche nell'altra letteratura) la forza per continuare a vivere, per maledire il potere, lo aiuta a guardare con fiducia crescente a quella fusione particolare di auto umi liazione e orgoglio nazionale, a sentirsi parte delle "costellazioni". Per quanto un russo possa essere disgraziato, sporco e ignobile, egli è comunque convinto di avere in sé qualcosa di speciale, di inaccessibile agli altri popoli. "Nell'animo russo c'è tutto", afferma con una punta di stravaganza Vjaceslav P'ecuch che appartiene alla categoria degli scrittori conciliatori, per i quali un mondo cattivo è meglio di una guerra buona. Bonario, per non impelagarsi nei dettagli naturalistici P' ecuch preferisce "carnevalizzare" il male, stemperandolo nella poetica della fiaba popolare. Gioca con gli eterni stereotipi dell'arc~ismo russo, con la propensione nazionale al pensiero mitologico. E un tentativo di ammaliare il male con la magia, di raccontarlo in modo buffo, di sostituirlo furtivamente con il bene, di fondere le spade in aratri. Ma basta andare un po' più a fondo nella sua prosa ed ecco che balzano agli occhi la stupidità, i tormenti, le assurdità e il finale, proprio per la sua fiabesca malia, si trasforma in una involontaria parodia del lieto fine. La parola stravagante di Evgenij Popov è più triste, anche se esteriormente è più colorita e scherzosa. Anche lo scrittore desidera una felice conclusione, ma questo siberiano non riesce a raggiungere la concordia. Geneticamente vicino alla letteratura contadina, Popov se ne allontana limitandosi di fatto a sostituire una sola lettera: il "pazzone" campagnolo diventa nei suoi racconti un cazzone. Il turpiloquio acquista una valenza metafisica. Popov cerca di chiarire il susseguirsi degli avvenimenti descritti, ma li confonde, si perde, mena il can per l'aia, incapace di tenere testa ali' impeto della realtà con le sue storie, come quella di come "presero dei bambini, li appesero nel bosco, li squartarono con i coltelli e ne raccolsero il sangue in vasi di vetro". Perché? "Per consegnarlo ai centri di trasfusione, ricevendone in cambio un sacco di soldi". Al pari di altri scrittori inclini alla stravaganza, Popov descrive in modo meraviglioso, spesso peraltro del tutto casualmente, il noneuropeismo del carattere russo, l'incoerenza, la vaghezza del pensiero e dell'azione, dovuti alla confusione della struttura assiologica della realtà russa. Il lettore occidentale tirerà un sospiro di sollievo: per fortuna non vive in Russia dove la vita umana vale così poco e dove c'è tanta crudeltà. Ma non si tratta di Russia.L'intento della nuova letteratura russa non è denunciare il proprio paese, ma far vedere come sotto la leggera patina culturale l'uomo si riveli un animale incontrollabile. A volte l'esempio russo è solo più convincente di altri. Alcune caratteristiche del "ritardo" culturale della Russia si individuano nell'opera di Evgenij Charitonov, fondatore della moderna cultura gay russa negli anni Settanta, quando I 'omosessualità era ancora considerata un reato. La consapevolezza di affrontare un tema vergine e proibito ha suggerito allo scrittore uno stile sofferto e nitido che lo ha reso uno dei migliori autori della sua generazione. Con lui nasce una nuova scrittura d'amore (dai tempi di Turgenev la letteratura russa non ricordava un amore così puro): una scrittura appassionata, tormentata, schiva, affannosa, con una tensione interiore da preinfarto. E così è morto lo scrittore, per un attacco di cuore in mezzo alla strada, a Mosca, prima di aver raggiunto il successo. Oggi la rinfrancata stampa gay esalta Charitonov, ormai è un classico, il suo nome una parola d'ordine. Parallelamente a Charitonov nasce la letteratura femminile, molto schietta, ma generalmente lontana dall'ideologia femminista, nei cui confronti Tatjana Tolstaja non nasconde la propria ostilità. La forza e l'energia virile della scrittura tradizionale creano nei suoi racconti un beffardo contrasto con la descrizione di destini assurdi e infelici. Sempre pronta a coccolare e incoraggiare i suoi sfortunati eroi, non perde mai però la consapevolezza che aiutarli, e tanto più salvarli, è difficile, se non impossibile. Chi vince sono i rapaci, nella vita non c'è né giustizia né logica, ma solo un palpitare, sogni fugaci, e mentre non esistono i buoni in assoluto, in compenso ci sono i cattivi in assoluto, i più buoni e i meno buoni e questo bisogna farlo vedere, in modo da distinguere gli uni dagli altri. Per quale motivo? La domanda rimane sospesa nell'aria, tanto più che la forma della scrittura stimola la golosità dell'autrice, il deside1io di riempire lo spazio della pagina di parole sapide, succulente, espressive. La vivacità del linguaggio nei racconti della Tolstaja è peraltro piuttosto sospetta, fa venire in mente l'apparente freschezza delle piante finte esposte negli interni americani. Può darsi che non sia così, ma l'odierno contesto culturale trasforma inesorabilmente la vegetazione viva in un'abile stilizzazione. Stilizzata alla maniera puskiniana, la narrazione neutra di Anatolij Gavrilov si contrappone sia alla precedente letteratura ufficiosa sia a quella di denuncia destinata a terrorizzare il lettore con le turpi bassezze della realtà di oggi. Dando per scontate le sue convenzioni,
Gavrilov studia l'umano spasimo all'autoaffermazione. Il fatto che i suoi personaggi non raggiungano mete elevate non avviene per errore, ma per volontà del caso nudo e crudo, per puro aneddoto. Nessuno ne ha colpa ed è questo che provoca la sindrome dell'orrore che paralizza la partecipazione attiva alla vita e avvicina lo scrittore all'idea nazionale della supremazia della posizione contemplativa. La stilizzazione è il sintomo dell'insuccesso filologico.L'altra letteratura ha a che fare con una lingua morta. La si può faticosamente abbellire, ma è difficile rianimarla. La lingua russa del periodo sovietico, reiterata preda di falsi ideali, di entusiasmi, promesse e slogan ipocriti, è arrivata agli anni Settanta come una parola-mummia, una parola-spettro. La lingua morta non si può curare. Il concettualismo moscovita - ermetico, intransigente, ironico e altezzoso - compendia l'assoluta alienazione della parola e l'assoluta disperazione celata nel testo. Dopo aver iniziato imitando la "sots-art" nella pittura, trasformato l'estetica del realismo socialista in una forma di dramma sociale, esso è stato interpretato ai suoi esordi come una protesta, vicino per la sua missione didattica alla dissidenza artistica. Ma il campo da gioco si allargava, diventava un elemento autonomo, separato dalla sfida politica. Malgrado il concettualismo neghi l'applicazione pratica del proprio linguaggio e insista sull'intertestualità, in esso si legge un atteggiamento di sospetto verso la vita, con la sua estenuante ripetitività, con le sue mosse limitate, collegando direttamente il concettualismo alla letteratura del male. Definitosi "autore-personaggio" operante con strutture già pronte e capace di riprodurre qualunque tipo di scrittura, Dmitrij Prigov portaall' assurdo poetico tutta una serie di concetti e cliché ideologici, specificatamente di tipo sovietico, divertendosi con i tabù politici, etnici e morali. Stella della poesia contemporanea, egli delimita con i suoi versi le zone morte della cultura russo-sovietica, suscitando nel pubblico un riso liberatorio e contribuendo in tal modo alla rigenerazione del significato. Lev Rubinstein crea una propria versione della scrittura frammentaria costruita sul contrappunto. Il frammento contiene una laconica e spesso ottusa dichiarazione con un diverso contenuto semantico ed emotivo. L'effetto umoristico si ottiene con la riconoscibilità del frammento, estrapolato da un contesto stereotipato. Il coefficiente esistenziale di questo testo è piuttosto elevato, certo, ma estremamente amaro. Costruendo i propri testi sugli scarti del realismo socialista, Vladimir Sorokin li fa saltare in aria con un'improvvisa rottura della narrazione, con il turpiloquio, con una condensazione portata agli estremi del testo-concentrato, formato da patologia sessuale, violenza totale, fino al cannibalismo e alla necrofilia. Sotto la scorza del testo si rivela il caos verbale e il delirio. La parola morta è resa fosforescente dai sortilegi verbali, dallo sciamanismo, dalle glossolalie mistiche che ammiccano in modo sordo all'esistenza di mondi trascendenti. I testi di Sorokin assomigliano a un pezzo di carne da cui è colato via tutto il sangue e che brulica di vermi. Questo piatto, cucinato da un romantico disilluso che si vendica del mondo per la sua disarmonia ontologica, provoca nel lettore un istinto emetico, uno choc estetico. Ma la limitatezza del menu e la ripetitività del procedimento finiscono per indebolire gradualmente l'impressione iniziale. Le ambizioni totalitarie del concettualismo mi sono sempre sembrate leggermente esagerate. Avendo scritto i miei primi saggi su Sade e Lev Sestov all'inizio degli anni Settanta e avendo reso tutto il merito possibile alla letteratura del male, mi sento forse più vicino all"'estetica vibrante" che riunisce in sé una suggestiva e ripugnante finzione e una seducente denudazione dei procedimenti di qualunque discorso. Negli scrittori più giovani che imitano in modo pertinace i modelli della letteratura del male si allenta, tuttavia, la tensione causata dal viaggio stesso attraverso il male. Nasce uno stile RUSSIA 7 secondario, noir, gli orrori della vita e la patologia vengono affrontati come un divertissement, un artificio letterario, la già provata opportunità di giocare a sensazioni forti. È sempre minore l'interesse per i passati scontri politici. Gli eroi della resistenza e i vecchi capi comunisti si fondono, si presentano come personaggi pop dei fumetti. Igor Jarkevic riconduce le battaglie passate ad una fiera delle vanità. La sua alternativa - Solzenicyn oppure io, povero onanista- si decide a livello non tanto di "opera buffa", quanto di dissacrazione ha del ruolo dello scrittore contemporaneo che ha un atteggiamento meno sofferente dei concettualisti verso la degradazione della lingua, visto che comunque essa non è riuscita a sopprimere la letteratura. Julija Kisina propone di confidare in un altro linguaggio, un linguaggio psichedelico, di cui non ha senso affermare o negare la veridicità come per qualunque allucinazione narcotica: "Tutto era incredibilmente chiaro. Non so come, è arrivata un'onda azzurra. È passato correndo qualcuno che non ho riconosciuto, ma che conosco fino al dolore". Come in Alice nel paese delle meraviglie tutto è consentito e nulla è obbligatorio, a parte una libera p~lsante energia della visione.L'eroina "viene visitata da strani mondi, cioè è lei che precipita in questi mondi", in cui balenano Hitler, disastri ferroviari, baci. È curioso, però, che al momento delle fantastiche visitazioni in realtà lei compisse sanguinosi crimini. Alla fin fine "ha implorato a lungo l'esperto perché formulasse una perizia falsa in cui si affermava che lei era assolutamente sana di mente, per poter essere condannata alla fucilazione". Ha ottenuto quello che voleva. È stata fucilata. Anche i piaceri psichedelici si pagano. La letteratura russa della fine del XX secolo ha accumulato un'enorme conoscenza del male. La mia generazione è diventata il megafono del male, l'ha accolto dentro di sé, gli ha offerto enormi possibilità di esprimersi. È stata una decisione inconscia. È andata così. Ma era necessario che fosse così. La forza di questa letteratura risiede nel fatto che nessuno sopportava il piano strategico della denuncia del male. È stata rimossa la nettezza delle contrapposizioni: la vita muta in morte, la fortuna in sfortuna, il riso in pianto. Si sono confusi gli uomini e le donne, ormai non si riesce più a distinguere le loro differenze "minime". È nata un'attrazione per i fenomeni sessuali marginali, le perversioni, il sacrilegio. Apparentemente il satanismo si è impossessato della letteratura (cosa di cui parlava la critica "morale"). In realtà, il pendolo si è spostato dall'umanesimo astratto e senza vita, la banda di inclinazione ipermoralistica è stata raddrizzata. Nella letteratura russa è stata inscritta una luminosa pagina di male. Il che vuol dire che il romanzo classico russo non sarà mai più un manuale di vita, la verità nella sua ultima istanza. Sono stati applicati i correttivi del tritatutto. Per esprimere la forza del male la letteratura russa ha visto arrivare una generazione di scrittori tutt'altro che deboli. Il male si è espresso. Alla fine del XX secolo la letteratura del male ha compiuto la propria missione. Il mercato ontologico del male è saturo di merci, il vaso è colmo sino all'orlo di un liquido nero. E ora? Victor Erofeev (Mosca 1947) è figlio di un diplomatico d'alto rango che per un certo periodo è stato l'interprete ufficiale di Stalin. Il suo background familiare non lo ha tutta.via protetto quando, per avere partecipato insieme ad altri scrittori all'almanacco samizdat "Metropol ", nel 1979 è stato espulso dall'Unione degli scrittori, dove è poi stato reintegrato. Storico e critico delle letterature russe efrancesi, è autore di centinaia di saggi e articoli dedicati agli autori russi dell'inizio del secolo e ad autori francesi come de Sade e Céline. In Italia è stato tradotto il suo romanza La bella di Mosca(Rizzali 1991) e in "Linead'ombra" sonousciti un suo racconto, Berdjaev (n. 48, aprile 1990), e un 'intervista fattagli da Pia Pera (n. 64, ottobre 1991).
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ELEZIONIETELEVISIONE 9 LOffA POLITICA E VIDEOCRAZIA VERSOLEELEZIONI LAVIDEOREPUBBLICA.OVVERO: ILPERICOLOCHECl RADUNA MarinoSinibaldi Ormai è chiaro che nel corso di questa campagna elettorale non solo si disputa la battaglia da cui dipenderà il futuro istituzionale dell'Italia ma si stanno costituendo le culture politiche decisive per il nostro futuro. È un processo che avrebbe bisogno di luoghi e tempi adeguati: ambedue, invece, mancano. In queste condizioni crescono le possibilità che a vincere nel passaggio aJla Seconda Repubblica sia una cultura e una aggregazione politica che detiene i luoghi decisivi della comunicazione e non ha bisogno di tempo, facendo leva su una sorta di spontanea combinazione di demagogia populista e continuità trasformista. È invece per l'altra parte della società e della politica che la questione dei luoghi e dei tempi è decisiva. I luoghi. È del tutto evidente che lo "spazio pubblico" della comunicazione e del confronto politico si identifica ormai pressoché completamente con il luogo televisivo. Già la tornata delle elezioni dei sindaci - con il loro carattere spiccato di scontro personale, faccia a faccia - aveva mostrato l'irreversibilità di quel processo. L'entrata in campo di Silvio Berlusconi è da questo punto di vista niente più che la realizzazione emblematica di una facile profezia. Si tratta però di un fatto di straordinaria gravità proprio perché, tra l'altro, condiziona pesantemente il carattere di quello spazio pubblico e ipoteca le possibilità di trasformazione della democrazia, a partire da quel l'inevitabile scenario del nostro futuro che con una formula forse troppo vaga si definisce "democrazia elettronica". È questa una prospettiva che suscita per lo più reazioni ideologiche o puramente emotive e viene vissuta con angoscia quando invece andrebbe considerata anzitutto un te1Tenodi scontro, culturale e anche politico. Non è detto, infatti, che i linguaggi della videopolitica siano necessariamente peggiori di quelli tradizionali: Stefano Rodotà, che da anni studia seriamente questi processi, ribatte a chi ipotizza per esempio unacrescitadel tasso di demagogia raccontando un comizio della sua adolescenza dove un senatore comunista vantava davanti alla folla "i chicchi di grano che inUnione Sovietica pesano mezz'etto ...". Preda di incubi futuri, rischiamo di dimenticare la demagogia che abbiamo attraversato. In realtà la trasformazione radicale delle forme e dei linguaggi politici è inevitabile così come il declino, in atto del resto già da molto tempo, di ogni comunità politica, grande o piccola, fondata sul confronto, lo scambio libero di idee, la comunicazione diretta e immediata. Immaginaria o no, questa dimensione non esiste più e l'avvento della videopolitica la cancellerà definitivamente. Si può reagire con nostalgica malinconia, con rassegnazione, con rabbia ma anche, come sempre, provare a ragionare, cogliere comunque l'occasione per riflettere e ripensare tutta la vicenda dell'affermazione prepotente e totalitaria dello spazio televisivo. Se guardiamo dal punto di vista della ridislocazione dei poteri che sta producendo - la marionetta mediatica dei potenti sconfitti che diventa lei stessa burattinaio - i risultati sono catastrofici. Però si può anche tentare di ritrovare - dopo anni di sbandamenti apocalittici e/o integrati oppure di pallide vie di mezzo - un atteggiamento equilibrato persino di fronte all'invincibile Moloch che ha imprigionato occhi e cervelli nei lunghi anni Ottanta. E che proprio per il suo trionfo ha perso i suoi connotati più aggressivi e ilTuenti. Francamente a me sembra ormai una grande piazza, squallida e piena di spazzatura come quasi tutte le piazze di questo nostro paese, dove passa indiscriminatamente di tutto e chi urla, schiamazza, buffoneggia conquista, come inogni piazza, più ascolto di chi ragiona. Dopodiché la piazza si può ignorare e la comunicazione di quello che di buono si fa altrove deve comunque seguire altre vie, strade, vicoli e canali. Personalmente, però, comincio a diffidare di chi ogni tanto non fa un salto in piazza, così, per vedere che aria tira e pensarci su - o magari avere motivi migliori per ritrarsene schifato. Mi sembra che sminuisca una dote sempre più fondamentale, e cioè il senso della realtà. Ma una volta compiuto questo sforzo di equilibrio, il pericolo che ci sovrasta appare non meno ma più minaccioso. Forse è vero che la progressiva affermazione di spazi di democrazia elettronica, cioè di forme di partecipazione e pronunciamento politico che passano attraverso il rappo1to interattivo tra telespettatore e strumenti elettronici, apre prospettive diverse. È potenzialmente in grado, per esempio, di ampliare l'area delle informazioni disponibili e autonomamente gestite, di aumentare cioè la conoscenza di situazioni e problemi, di consentire forme agili e rapide di collegamento e di espressione; oppure può tradursi nell'idiozia del quizzy, nell'iterazione ossessiva di domande che sollecitano pronunciamenti schematici sì/no senza mediazioni né riflessioni, nel1' incubo della "sondocrazia", di una sorta di referendum permanente ed eterodiretto (sovrapponete Pannella ai conduttori Fininvest e avrete il volto di questa angosciosa antiutopia). Lo scontro tra i democratici e il partito di Berlusconi prefigura anche questa alternativa non troppo lontana, e l'esito di oggi pregiudica i risultati definitivi di domani. Il sistema di proprietà e controllo dei media, che Berlusconi incarna, il suo linguaggio e i suoi valori, saranno decisivi nel piegare in una direzione antidemocratica quella prospettiva, nel risolvere autoritariamente l'ambiguità della democrazia elettronica. Del resto dal punto di vista politico e culturale,
1O ELEZIONI E TELEVISIONE Berlusconi e i suoi alleati rappresentano il peggior vecchio sommato al peggior nuovo, la continuità dell'economia senza etica intrecciata alla politica senza solidarietà. Incarnano valori forti (liberismo senza regole, privatismo, egoismo sociale e ten-itoriale, consumismo, desolidarizzazione, familismo, autoritarismo perbenista ma amorale, spettacolarizzazione della realtà e così via) che indicano già una soluzione modernamente reazionaria alla crisi della democrazia. In tal modo portano a compimento il lungo, faticoso, nascosto - o distrattamente osservato - processo di rifondazione della Destra, della sua credibilità e del suo potere in Italia. I tempi. È inevitabile che un pericolo del genere raduni la parte della società che ha a cuore la democrazia o almeno alcuni dei suoi valori. Attenzione, però: la raduna ma non la unisce. E se la forza quantitativa di questo pezzo di società non è irrilevante- e appare anzi sorprendente, dopo anni di sconfitte di ogni tipo -, la sua qualità è bassa. Servirebbero tempi lunghi per modificarla, ma il tempo manca e così questa aggregazione, generosa e obbligata che sia, appare debole. Suscita più equivoci che simpatie, più dubbi che speranze, più gelosie che entusiasmi. Il motivo è semplice: dentro a quella aggregazione che si è autodenominata progressista si sono per così dire rovesciate le antiche culture della sinistra- le culture della sconfitta, vecchie anche quando anagraficamente giovani, come nel caso dei Verdi, della Rete o di certe zone "cattoliche democratiche" - o poco di più. Non c'è stato un reale processo di confronto, di ricerca e di ricostruzione delle ragioni della cultura della sinistra, del suo posto nella società, dei suoi programmi. Eppure il tempo che ora manca c'è stato, in questi anni. Da decenni le principali bandiere della sinistra hanno perso smalto e verità, da almeno tre lustri i suoi valori sono socialmente deboli e poco credibili, da cinque anni è infine rovinosamente crollato il pezzo di mondo che in modo più o meno contraffatto e sviante ne incarnava simboli, idee e parola d'ordine. Cinque anni che non sembrano molti ma valgono un secolo se si guarda alle trasformazioni che li hanno accompagnati. Se confrontate con la rapidità e con la radicalità di questi mutamenti, le culture delle sinistre italiane sembrano ferme, quasi paralizzate alle prime reazioni: il rifiuto più o meno mascherato della sconfitta, una trasformazione coraggiosa ma confusa e incompleta o ancora una sorta di ipocrita dichiarazione di estraneità. Un mondo è crollato, le contraddizioni planetarie cambiano volto, una grande tradizione pervertita arriva al capolinea, si rivelano sbagliate tutte le risposte tentate-e quelle culture sono ancora avvinte agli stessi nodi, come malattie da cui non si vuole guarire. Se misurato sull'enormità di questo ritardo, assume dimensioni ridicole, per dirne una, il fatto che i nostri "ri-comunisti" accettino le privatizzazioni o che brandelli di culture "terzaforziste" si pieghino a contaminazioni assai compromettenti. La fatica che è costata raggiungere questi minuscoli risultati è la prova migliore della debolezza di queste culture e delle loro prospettive. Non è qui il luogo e il tempo per recriminare. Però come sono passati invano questi anni e che disastro i politici e gli intellettuali della sinistra! Quasi tutti hanno preferito rinchiudersi nei propri piccoli spazi, senza rischiare le rotture e gli scontri che sarebbero stati necessari per provare a trasformare quelle culture, a renderle adeguate ai tempi e, in prospettiva, vincenti; e in certi casi l'ibrida alleanza elettorale premia proprio questi opportunismi. Ma il giudizio politico e anche elettorale no, temo di no. Ormai è tardi, però, il tempo manca e troppo grande è il pericolo che ci raduna. Bisogna provare a sconfiggere il Grande Nemico o prepararsi a contrastarne il trionfo. Ma bisogna sapere che le idee che abbiamo a sinistra sono in tutti e due i casi ancora insufficienti. Comunque vada, tanto dovremo ragionare, scontrarci, discutere, fare. Foto di luigi Baldelli/Contrasto
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