Linea d'ombra - anno XII - n. 90 - febbraio 1994

VEDERELEGGERE,ASCOLTARE 73 lavoro: Io riconosce il giovane editore rampante, al termine di una lettura del voluminoso manoscritto effettuata a tempo di record, tra un impegno di lavoro e l'altro - prodigioso esempio di efficienza e dedizione al lavoro! Lo scrittore si è calato dentro il personaggio alla perfezione. La finzione è riuscita a tal punto da superare ogni aspettativa. E non solo il contenuto del racconto è stato all'altezza della storia, ma anche il modo: parole, registro, stile sono stati strumento fedele al servizio della ricostruzione di un'identità. Il Franco di Pombo parla come avrebbe parlato il Franco di Franco. Un'abilità speciale-potremmo aggiungere noi- nel piegare il racconto dei fatti alla filosofia di tutti quei motti tanto cari al generale che costellano la sua esposizione, e soprattutto di quei due: "Non tutto il male viene per nuocere" e "Oggi incudine, domani martello"; il narratore sa trarre infinite prospettive di osservazione su e da una fùosofia in pillole che si atteggia a visione del mondo. Però ..., c'è un però: a giudizio dell'editore, perché un messaggio giunga corretto a destinazione, occorre che il canale tra emittente e ricevente sia mantenuto pulito, che sia assolutamente privo, cioè, di interferenze che possano danneggiare l'ascolto e la ricezione. Fuori di metafora o fuori dei denti: bisogna eliminare tutto quello che Pombo è andato via via interponendo nel corso della narrazione autobiografica, tutto quello che nell'appropriato linguaggio della teoria dell'informazione (l'editore è aggiornato!) si chiama il rumore di fondo. Che farà il nostro Pombo? Obietterà, si arrabbierà, soffrirà e infine accetterà, in una, l'assegno previsto quale compenso del lavoro e il taglio della vita parallela. Qualche pagina prima di questa sequenza, proprio quando si preparava all'incontro fatidico con l'editore e goffamente, per darsi coraggio, provava a convincersi di essere un "esperto divulgatore che andava a trovare un esperto editore", Pombo si era lasciato scappare un pensiero: "Noi persone normali sostituiamo la tendenza al suicidio con la tendenza all'autocommiserazione, formula di menomazione più o meno incruenta". E dunque quando l'editore gli porge quell'impeccabile assegno da tre milioni di pesetas accetta e poi fra sé e sé si propina l'ennesimo antidoto contro l'autocommiserazione: "Mentre tornavo a casa pensavo che lei da solo, e anche senza le note critiche, bastava e avanzava per autocondannarsi all'inferno della memoria futura: per la bocca muore il pesce. In fin dei conti io non ero responsabile esclusivo del giudizio della storia, io non ero la coscienza del mondo. Perché mai imbarcarmi nell'impresa di resuscitare le sue vittime, generale?". Antidoto o piuttosto viatico per un suicidio, per segnare la fine di ogni superstite illusione? Fin qui la storia, ed è una storia amara. Si dà il caso, tuttavia, che il libro ora a disposizione di noi lettori reali, miracolosamente ci offra integro il manoscritto di Marciai Pombo e dunque noi possiamo leggere la cronaca di quelle due vite parallele, con il loro carico ineguale di fatti e di intenzioni, possiamo apprezzare non la narrazione esaustiva dei fatti - ché non era questo il proposito Il giuramentodi Burgos(foto "L'illustration"/Sygma/G.Neri).

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