VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE 67 MARIO SOLDATI, TRATRASGRESSIONE RICONCILIAZIONE BrunoFalcetto I. "Uscirsene nuovi nel mondo" non è la fantasia nella quale si culla soltanto il protagonista di Salmace - racconto eponimo della prima silloge di novelle di Mario Soldati, che Adelphi ha da poco felicemente ristampato (pp. 143, L. 22.000) -, quasi tutti i personaggi del libro appaiono animati da un impulso irresistibile a mutar vita, a farsi diversi. Se nel caso di Salmace l'impulso si concretizza in una vera e propria metamorfosi biologica, in un passaggio di sesso, nelle altre storie i protagonisti si trovano per un disegno volontario o per un gioco della sorte impegnati in un tentativo di dare una svolta decisiva alla propria esistenza: la donna mostrandosi capace di un banale tradimento acquista agli occhi del marito ingannato un fascino inedito (Vittoria), una cocotte dopo la lunga agonia dell'amante prova a viverel'"iniziodi una nuova vita" (Pierina e l'aprile), l'incontro con un ex alunno ora affascinante giovane adulto segna l'inizio per il suo insegnante di una lunga ossessione omosessuale (Scenario). E ritrovare il medesimo tema della ricerca della discontinuità esistenziale, dell'aspirazione al cambiamento, fra i moti vi portanti di America primo amore ( un secondo libro assai lontano dal primo quanto a scelta di genere), non è che una conferma di quanto essenziale - come più volte è stato detto- sia quel tema nell'universo soldatiano: la gioia del viaggio è la gioia dello "straniarsi", l'America è il teatro di una rinascita ("Mi sembrava di essere rinato. Avevo il cuore leggero e senza rimorsi. Nulla mi legava al mio breve ma greve passato", in Opere, I, Racconti autobiografici, a cura di C. Garbali, Rizzali 1991). Esattamente qui, in questa tensione ad assumere panni nuovi e differenti, si colloca la matrice del dinamismo e della estroversione così tipica della rappresentazione psicologica in Soldati. La sua ricognizione degli animi non è affascinata dalle profondità, quanto dai mutamenti: oscillazioni e inquietudini interiori sono suggestive e interessanti quando producono eventi, anche minimi, ma che alterino il gioco delle relazioni. La centralità tematica del topos della trasformazione ha delle forti implicazioni sul piano della sintassi narrativa, detta la necessità di un intreccio ben delineato e dallo sviluppo veloce. Nei suoi racconti il tempo scorre spedito, l'ellissi cancella la pesantezza della quotidianità ripetitiva, i personaggi spesso procedono di slancio, a strappi, come mossi da un istinto improvviso (la scrittura si trama di "subito", "già", "d'un tratto" ...). Oppure il tempo (solo per qualche riga, una pagina o poco più) sembra impuntarsi, il personaggio lo sente scorrere con pe.na e difficoltà, ma presto si sblocca per riprendere il suo corso: le pause hanno insomma una funzione dinamica, danno nuovo abbrivio alla vicenda. In quello stesso 1929 che dà i natali aSalmace, sulle pagine di "La Libra" (la rivista novarese che è anche la sigla editoriale del volume) Mario Bonfantini, grande amico di Soldati, pubblica un intervento intitolato Del romanza d'avventure. Il richiamo ali' interesse di un genere "tenuto per lo più, dai lettori nostri di qualche valore, in gran dispregio" si colloca nel contesto della battaglia per un nuovo romanzo che rivaluta la tradizione ottocentesca con un occhio di riguardo alla produzione "media" (serve - e "La Libra" cerca di avviarlo - "uno studio amoroso e sistematico sugli scrittori cosiddetti di second'ordine del secolo XIX" ) e vale come antidoto alle esasperazioni introspettive. Perché la rappresentazione psicologica davvero efficace deve innestarsi sui fatti: "la psicologia non è mai tanto vera come quando appar saldamente legata e intimamente connessa allo svolgersi di un'ampia e rigorosa vicenda". È naturalmente qui la matrice dell'aria ottocentesca che circola per le pagine di Soldati, e forse non sarebbe sbagliato pensare che lo scrittore abbia cercato d'infondere alle sue storie di casi interiori più di qualcosa di quel "libero luminoso e avventuroso raccontare" al quale Bonfantini invitava i letterati italiani, che i suoi, siano più che racconti, propriamente avventure psicologiche, con tutta la proiezione verso un futuro aperto, non tracciato, che l'etimologia suggerisce. 2. "Emigrare è un po' come compiere un delitto, anzi un matricidio: dà una strana gioia vitale, imprime al sangue altre velocità": questa singolare similitudine si incontra nelle ultime pagine di America primo amore, a segnalarne di nuovo con la sua naturalezza inquietante la stretta parentela con Salmace, ma di più a richiamare l'attenzione su un dato biografico, il rapporto con la madre, che più di altri sembra aver inciso sul suo lavoro. Una madre, come lo stesso Soldati racconta nella conversazione con Lajolo, "rigida, iperprotettiva come si direbbe oggi", che non gli consente di avere amici fino all'età di 14 anni e in seguito lo attende sveglia a ogni suo ritorno, anche fino alle quattro di mattina: "Era oppressiva, dispotica, e un poco alla volta ha contribuito a stimolare in me la ricerca di una donna che somigliasse in qualche modo a lei. C'era fra noi un legame fortissimo, quasi sadomasochistico" (D. Lajolo, Conversazione in una stanza chiusa con Mario Soldati, Frassinelli 1983). La stessa madre che appare trasfigurata in chiave grottesca in La verità sul caso Motta del 1941 nelle vesti di Donna Costanza Taìno di Taìno, vedova Motta, madre del giovane avvocato scomparso, che nella burlesca scena finale non riconosce il figlio dopo il suo soggiorno in fondo al mare e inveisce istericamente contro di lui, rivendicando ancora una volta di aver interpretato correttamente il suo ruolo di madre, mentre il faticoso affiorare, il disfarsi della parola fatidica sulle sue labbra, sembra darle un'ironica smentita in atto: "Lei non è matto ... Lei è un mascalzone! Un truffatore! Glielo dice una mad ... d ... dre ... E una madre non sbaglia mai! Lei è qui, per qualche sua magagna! La sua vita sporca ... con le donne, sì!. .. Sì, che le ha procurato una malattia cerebrale ... E adesso vuole passare per mio figlio, che invece era puro, capisce? puro?" (in Opere, II, Romanzi brevi, a cura di C. Garbali, Rizzali 1992). Il divertimento ha uno spessore di serietà che si coglie meglio accostandolo a un rientro giovanile a notte alta, ricordato sempre nella conversazione con Lajolo. Dopo la visita a una casa di tolleranza ("dove però, come al solito, non avevo avuto il coraggio di entrare"), la madre in attesa come d'abitudine: "sono cascato ai suoi piedi, ubriaco fradicio, piangendo e
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