di questo modo di teorizzare incentrato sul gene, che ho mal ignamente definito genetica del "sacco di fagioli". In seguito Sewall Wright mi ha rimproverato per averlo incluso tra i genetisti del "sacco di fagioli" e laprotesta era giustificata, perché egli aveva effettivamente richiamato l'attenzione sulle interazioni epistatiche, sebbene la maggior parte dei suoi diagrammi e dei suoi calcoli trattassero la frequenza di geni singoli. La concentrazione sulla frequenza di geni singoli è stata molto produttiva nella storia della genetica delle popolazioni, ma ha i suoi limiti. Lo studio effettivo delle interazioni genetiche ha fatto pochi progressi negli ultimi 30 anni. Perché non si vogliono approfondire le conoscenze sulla struttura del genotipo? La ragione è che vi sono molti fenomeni evolutivi che sono in contrasto con una visione atomistica, strettamente additiva, del genotipo. Occorre discutere i fenomeni evolutivi collegati a questo problema. Essi includono l'inerzia evolutiva della maggior parte delle specie adulte, il fallimento di ogni nuovo philum animale che ha avuto origine nei 500 milioni di anni successivi al periodo Cambriano (in contrasto con l'evoluzione esplosiva di 70 nuovi progetti in un periodo inferiore a 100 milioni di anni dopo l'origine dei Metazoi), la rapida evoluzione che spesso accompagna la speciazione nelle popolazioni fondatrici e molti altri fenomeni evolutivi. A tutte queste complesse domande si può rispondere, per lo meno parzialmente, se si ammette che esiste quello che io ho battezzato "una coesione del genotipo". Con questo voglio dire che i geni non sono indipendenti gli uni dagli altri, ma tendono ad unirsi in gruppi o sistemi che controllano certi processi di sviluppo. Sembra inoltre che nel corso dell'evoluzione vi sia stato un "incitamento" selettivo per rendere, nel corso del tempo, tali connessioni intergeniche ancora più strette, cosicché, alla fine, l'intero genotipo, o almeno parte di esso, si "congela", come hanno affermato alcuni. Quando ciò accade, il problema principale dell'evoluzione diventa quello di sciogliere questi genotipi così strettamente legati. La mia ipotesi di rivoluzioni genetiche nelle popolazioni fondatrici è stato, credo, il primo riconoscimento di questo problema. Sono convinto che una collaborazione tra biologi molecolari e biologi dello sviluppo risolverà alla fine il difficile problema di come tali ristretti domini del genotipo possano continuare ad esistere malgrado Io scambio di geni e le ricombinazioni. Vorrei aggiungere un commento storico. Alcune delle critiche recenti hanno attaccato la sintesi accusandola di essere atomistica e riduzionista. Ciò è un errore. Soltanto alla scuola dei genetisti matematici può essere rimproverato un tale atteggiamento.L'accusa, tuttavia, non può essere applicata a quei teorici della sintesi, come me stesso e Rensch, per i quali l'individuo nel suo complesso è sempre stato l'obiettivo della selezione, come lo era stato per Darwin. Il rifiuto dell'atomismo di Fisher rappresenta in realtà un ritorno ad un darwinismo più genuino, malgrado le opinioni contrarie di alcuni critici. Esiste ancora la sintesi evoluzionistica? La domanda se la sintesi evoluzionistica rappresenti ancora un valido insieme di teorie o se debba essere sostituita da un modello nuovo e migliore è giustificata dopo i numerosi attacchi subiti negli ultimi anni. Da quanto ho detto, risulta ovvio che ritengo che non vi sia nulla di seriamente errato nei risultati raggiunti dalla sintesi evoluzionistica e che non sia necessario sostituirla. La cosa più incoraggiante per un darwiniano è che nessuno dei critici contemporanei è stato ingrado di proporre una valida alternativa al darwinismo. Negli ultimi 50 anni non è stata proposta nessuna nuova teoria che possa essere considerata una seria sfida al modello sviluppato ali' epoca della sintesi evoluzionistica. Sicuramente la nostra comprensione di alcuni dettagli dell'evoluzione è ancora incompleta. Ancora SCIENZA59 non si comprende perché il genotipo sia apparentemente così stabile in certe linee evolutive e così facilmente modificabile in altre. Si è ancora alquanto incerti su ciò che accade durante alcune forme di speciazione. Ancora non sappiamo fino a che punto una variazione condizionata può superare la forza della selezione. Brancoliamo ancora abbastanza nel buio per quanto riguarda la natura e la persistenza delle molteplici interazioni epistatiche all'interno di un genotipo, soltanto per citare alcune delle nostre lacune. Tuttavia, non penso che un'eventuale soluzione a questi problemi ancora aperti sarebbe in contrasto con il modello darwiniano fondamentale. Ciò che dobbiamo imparare, se ancora non lo avessimo compreso, è che l'approccio fisicalista del riduzionismo, del determinismo e delle leggi universali difficilmente si adatta a spiegazioni evolutive. I risultati della selezione naturale sono probabilistici e vi sono spesso diverse soluzioni alternative possibili per le forze selettive dei nuovi adattamenti. Dobbiamo tenere in considerazione le componenti storiche del programma genetico di ogni singolo organismo. Dobbiamo sempre comprendere che è nostro compito risolvere problemi riguardanti sia cause prossime, sia evolutive, che i processi stocastici sono responsabili di gran parte della confusione evolutiva e che l'evoluzione, come processo storico, non è dominata dalle leggi universali proprie delle scienze fisiche. Nello stesso tempo gli evoluzionisti non hanno trovato nulla a livello cellulare o molecolare che sia in qualche modo in conflitto con le leggi della fisica e della chimica. L'evoluzione darwiniana ci ha liberato dagli schemi non materialistici per la spiegazione del mondo vivente. Qualunque siano le domande ancora aperte, qualunque siano le controversie che un biolog9 evoluzionista dovrà affrontare in futuro, sono convinto che tutto questo potrà essere risolto entro la solida struttura del darwinismo. Conclusioni Sono convinto che i problemi da me esposti compariranno ancora frequentemente nelle pubblicazioni future e allora sarà giunto il momento, se lo si riterrà opportuno, di rispondere agli interrogativi che ho posto. Vorrei dire che ormai abbiamo tutti compreso, più negli ultimi anni che in passato, che il particolare insieme di idee in un determinato periodo-ciò che i tedeschi chiamanoZeitgeist, lospirito di un'epoca - determina in larga misura quali teorie scientifiche avranno successo e quali no, e quali particolari teorie saranno ulteriormente sviluppate e quali no. La ragione per cui per esempio il darwinismo, dal 1859 alla sintesi evoluzionistica, diciamo intorno al 1940, non ha potuto essere universalmente accettato, addirittura dagli stessi biologi, era chiaramente dovuta al fatto che esisteva un insieme di concezioni filosofiche che erano incompatibili con la selezione naturale. Prima che ciò potesse accadere, si è dovuto provare che queste ultime, una serie intera di principi filosofici, erano obsolete, superate. Copyright Wiley-Liss, Inc., 1991. Questo testo è l'introduzione a New Perspectives on Evolution, Wiley - Liss, !ne. Oltre ai libri di Mayr citati nell'introduzione, tutti dotati di un'ampia bibliografia, chi volesse approfondire l'argomento può vedere i volumi Evoluzione e bricolage di François Jacob {Einaudi 1978), in cui è ben chiarito il significato del termine "bricolage", spesso travisato, e Diversità genetica e uguaglianza umana di Theodosius Dobzhansky (Einaudi 1975) che, per quanto dedicato solo all'uomo, è utile per capire la questione della diversità. Per concludere occorre ricordare anche Il caso e la necessità di Jacques Monod (Oscar Mondadori), ormai un classico, e il recentissimo Biologia come ideologia di R.L. Lewontin (Bollati Boringhieri 1993). Un interessante quadro dei concetti della biologia dello sviluppo si può trovare in L. Wolpert, fl trionfo dell'embrione (Sperling & Kupfer 1993).
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