Linea d'ombra - anno XII - n. 90 - febbraio 1994

58 SCIENZA Sforzi chiarificatori fondati su concetti e terminologie tradizionali della genetica e della biologia dello sviluppo non sono stati molto illuminanti. Tuttavia, utilizzando il linguaggio della scienza dell'informazione, si può elaborare una spiegazione che sembra accordarsi con l'evidenza empirica. Iniziamo con una domanda: che cosa controlla la formazione di un organo? Nel caso di tutte le strutture di tutti gli organi che sono direttamente controllati dall 'azione di certi geni, diciamo che la formazione è controllata dal programma genetico. Tuttavia, per esempio, nel comportamento la funzione del programma genetico consiste nel creare nel sistema nervoso centrale certe strutture che, in seguito, funzionano come il programma che successivamente, nel corso dell'esistenza, controlla le attività comportamentali. Tali programmi secondari potrebbero essere chiamati programmi somatici, in antitesi ai programmi genetici del piano di sviluppo. Ogni embriologo sa quante fasi dello sviluppo sono provocate o, per lo meno, fortemente influenzate dalle strutture somatiche e dai tessuti che si sono sviluppati in precedenza. Queste strutture o tessuti possono essere considerati programmi somatici che, insieme al programma genetico, controllano la successiva origine o crescita di altre strutture. Accettando queste linee di pensiero si può sostenere che le fenditure branchiali embrionali funzionano come programmi somatici che presiedono allo sviluppo delle strutture della regione cervicale, in maniera analoga all'organizzatore di Spemann e ad altri simili costrutti teorici della biologia dello sviluppo. Sono convinto che qualsiasi biologo dello sviluppo sarebbe ampiamente d'accordo con questa interpretazione. Ciò che voglio sottolineare, tuttavia, è che una tale spiegazione è sotto ogni aspetto compatibile col modello darwiniano. Ritengo che sia comunque utile riprendere nuovamente il problema con un approccio diverso. Biologia molecolare ed evoluzione Nella fase iniziale della biologia molecolare era diffusa la convinzione che le sue nuove scoperte avrebbero potuto richiedere una completa riformulazione della teoria evoluzionistica. In effetti alcuni biologi molecolari si vantavano del fatto che alcune loro scoperte avessero confutato certi principi del darwinismo. La maggior parte di queste affermazioni erano basate su scoperte di variazioni genetiche condizionate. Non si può che negare che molte scoperte della biologia molecolare siano in contrasto con la visione della genetica classica. Nessuna forse fu tanto sorprendente quanto la scoperta che i geni sono sistemi altamente complessi, consistenti di esoni, introni, catene laterali ecc. Ma qualcuna di queste scoperte ha forse richiesto una revisione del darwinismo? Sono convinto del contrario e lo proverò elencando alcune delle scoperte della biologia molecolare che sono di fondamentale importanza per la comprensione dell'evoluzione. 1. Il programma genetico non fornisce di per sé il materiale costitutivo di nuovi organismi, ma solo il programma per la formazione del fenotipo. 2. Il cammino dagli acidi nucleici alle proteine è a senso unico. Le proteine, e qualsiasi informazione che esse hanno acquisito nel corso della loro vita, non vengono ritrasferite negli acidi nucleici (è questo il cosiddetto "dogma centrale"). 3. Non solo il codice genetico ma, in realtà, la maggior parte dei meccanismi molecolari principali sono uguali in tutti gli organismi a partire dai più semplici procarioti. Un'altra scoperta della genetica molecolare, anche se fmo ad ora non può essere formulata in termini molto precisi, è che il genotipo I fringuelliche Darwinosservòolle Golopogos (do "LeScienze-quaderni", settembre1987). è un sistema altamente complesso e quindi da non considerare solo come un aggregato di geni la cui azione è additiva. Questa conclusione è, al momento, forse più un atto di fede che una conoscenza ben fondata. Naturalmente è difficile fare esperimenti sulle interazioni non additive, considerando che ogni genotipo è unico: sono difficili da studiare e refrattarie ali' analisi. Vi sono tuttavia numerosi fenomeni evoluzionistici che suggeriscono l'esistenza di proprietà di interazione del genotipo. Ne ho parlato in numerose pubblicazioni precedenti e limiterò a quelle le mie affermazioni. Macroevoluzione E questo ci conduce al problema della macroevoluzione e dello sviluppo. La domanda che viene spesso posta è come si possa spiegare, in termini di vantaggi selettivi degli individui che sono parte di una popolazione, l'origine di nuovi tipi, di strutture completamente nuove, di nuovi taxa superiori. I tre fenomeni menzionati sono solitamente raggruppati sotto il termine macroevoluzione. A prima vista non sembra esserci alcuna connessione tra le variazioni delle frequenze geniche entro una popolazione locale e i fenomeni di macroevoluzione. Infatti, come ha giustamente affermato Ayala, all'interno di una singola popolazione tra i fenomeni microevolutivi e i fenomeni di macroevoluzione non sembra esservi alcun collegamento. Eppure è altrettanto evidente che i fenomeni di macroevoluzione devono essere controllati dai genotipi degli individui. Come si possono conciliare questi punti di vista apparentemente contraddittori? È a questo punto che bisogna adottare un modo di pensare gerarchico. Tra gli individui e i taxa supe1iori ci sono altri due livelli gerarchici, quello della popolazione e quello della specie. L'origine della specie, che rappresentò un enigma per gli essenzialisti, venne risolto mostrando che popolazioni isolate potevano costituire stadi intermedi del processo di speciazione. Se mi si chiedesse qual è la più importante sfida contemporanea alla biologia evoluzionistica, risponderei che è la spiegazione della struttura del genotipo. La genetica matematica delle popolazioni ha introdotto un approccio fortemente riduttivo alle questioni evolutive, definendo l'evoluzione come una variazione nella frequenza genica e considerando il gene come l'unità o l'obiettivo della selezione. L'esistenza di aspetti non additivi del genotipo è stata accennata ma non è mai stata seriamente presa in considerazione nelle teorie esplicative. Fin dagli anni Cinquanta ho espresso il mio dissenso nei confronti

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