Linea d'ombra - anno XII - n. 90 - febbraio 1994

so VEDERE,LEGGERE,ASCOLTARE come compositore e concertista; e nel frattempo bazzica gli ambienti di avanguardia di Soho nella loro stagione più felice. Dalla semplice scrittura di memoria di Glass affiorano rapidi e suggestivi ritratti di personaggi che hanno lasciato un segno nella cultura americana, ma hanno anche contribuito alla sua fortuna di musicista: Ellen Stewart, fondatrice del Café La Marna e perno del teatro Off-Off-Broadway; Lucinda Childs, pioniera della danza post-moderna; Laurie Anderson, magico folletto del vocalismo sperimentale; Jonas Mekas, regista e fondatore della Film Makers Cinemateque; e infine Bob Wilson, genio indiscusso del nuovo teatro, con cui Glass lavorerà fin dalle fasi preliminari alla progettazione e all'allestimento di Einstein On The Beach. La storica esperienza dell'Einstein ( con le prime rappresentazioni nel '76 al Festival di Avignone e alla Biennale di Venezia e le riprese in USA) provoca un grandioso processo di maturazione artistica, ma non certo radicali trasformazioni sul piano esistenziale. Per la maggior parte degli anni Settanta Philip Glass continuerà a guadagnarsi da vivere facendo il tassista a New York (e saltuariamente l'idraulico). ' L'opera realizzata con Wilson, comunque, lo spinge a dedicare definitivamente una parte del suo lavoro di compositore al nuovo teatro musicale. Negli anni seguenti realizza altre due opere, entrambe imperniate (come l'Einstein) su personaggi storici: Satyagraha (su Gandhi e le sue prime battaglie non violente in SudAfrica) e Akhnaten (il misterioso faraone che sconvolse l'Egitto cercando di imporre la priITtareligione monoteista nel XV secolo a.C.) Anche in queste opere la coesistenza di diversi linguaggi espressivi (parole, musica, danza, etc.), e persino di diversi livelli scenici contemporanei, è una caratteristica costante, che spinge il pubblico a una fruizione multipla fortemente innovativa: un autentico "risveglio" della liturgia teatrale che riguarda tutti i presenti (artisti, musicisti, spettatori). Nel Satyagraha lo stratagemma scenico più determinante per ottenere questi risultati consta nel recupero di ingredienti dell'antico teatro kathakali, usati per intrecciare episodi della vita di Gandhi o frammenti della Bhagavad Gita in_unnucleo unitati o di realtà e mito. In Akhnaten la "diversità" (psico-fisica oltre che culturale) del protagonista, affidata alla voce di un controtenore, esalta il tema di fondo, cioè la rivoluzionaria forza delle idee contro quella delle armi, innestandolo in un visionario teatro delle assenze e delle presenze, una sorta di "archeologia cantata". E ancora una volta, dal racconto dettagliato di questi allestimenti, emerge quell'impellente attenzione alla fisicità della sua arte. Persino certe scelte terminologiche fungono da spia: gli intermezzi tra i vari atti dell'Einstein vengono chiamati "knee plays" (articolazioni). Glass sembra quasi voler sottolineare quei valori terapeutici (o psicosomatici?) della sua rivoluzione musicale. Valori che oggi sembrano sviliti dall'uso modaiolo che se ne fa purtroppo nei mercatini di cianfrusaglie "new age", ma che invece restano intatti quando vengono assunti con la consapevolezza e la profondità degli artisti autentici. Preso dal l'intreccio romanzesco delle sue avventure nel teatro musicale, lo scrittore Glass trascma forse un poco la sua produzione strumentale o quella di contaminazioni con artisti rock (come David Byme o Paul Simon), o ancora quella dedicata alle colonne sonore. Anche in questi casi, comunque, affiora il temperamento del prolifico musicista di Baltimora, accanito sostenitore del lavoro di gruppo, al punto di lavorare volentieri per il cinema soltanto se reso partecipe del progetto dalle origini, e non costretto a musicare il film già montato. Ma i limiti del libro di Glass (a cui comunque suppliscono le ricche appendici bio-discografiche e le traduzioni integrali dei libretti d'opera che seguono la parte memorialistica) sono ben inferiori ai pregi: da questa fatica documentaria, viva e pulsante, su un mondo artistico spesso mitizzato ma poco approfondito, ne possono cavare vantaggi in tanti; e non solo sul versante specifico della musica o del teatro musicale. ILGEOMETRAIRRIGIDITO. GENEGNOCCHISCRITTORE MarioBarenghi Su Gene Gnocchi, inteso come personaggio della TV, non ho un giudizio sicuro. Per quel poco che lo conosco, bighellonando ogni tanto fra i canali, non lo trovo particolarmente divertente; antipatico, però, nemmeno. D'altro canto, tra il suo ruolo di intrattenitore comico e la sua attività di scrittore - come egli stesso afferma -non sembrano sussistere legami decisivi, almeno d'ordine intrinseco. Certo, la notorietà gli ha facilitato il compito di trovare un editore, prima, e dei lettori poi; ma tanto basta: anche se parrà molto o moltissimo agli esordienti e aspiranti tali che non hanno accesso, non dico alle reti Rai o Fininvest, ma neppure alle emittenti di provincia. Insomma, richiamarsi al Gene Gnocchi televisivo non è indispensabile per discorrere del Gene Fotodi GiovanniGiovannetti. ::;~·tJ:? = : 7 ;-?)i'?: : f:tçh' .-:

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