"Fleurs, siamo ritornati!"; il grugnito che ebbe in risposta le confermò che aveva ben intuito il suo umore. Fleurs continuava ad affilare il falcetto; sfregava dolcemente la lima triangolare lungo il bordo della lama, guardando il bordo della lama luccicare ad ogni colpo, guardando il metallo cadere in piccole scaglie. Stava pensando al filq del falcetto, a come ogni colpo di lima che lo affilava lo erodeva, rendendolo più sottile. Di solito quando il falcetto si consumava per le troppe affilature lo trasformava in un coltello. Si può affilare un falcetto fino a ridurlo ad un ago, a niente, pensò, passando il pollice sul bordo della lama per verificarne iJfilo. Soddisfatto del risultato, andò in giardino; e, abbassandosi sul1' erba da tagliare, tirò indietro il braccio e fece scivolare il falcetto sollevato nell'erba, muovendo la mano in ampi archi ondeggianti; mentre il falcetto attraversava l'erba e l'erba tagliata, sollevata dall'ondeggiare del faJcetto, volava sulla sua testa, fo1mando, nella luce del mattino, l'alone di una verde cascata d'erba che subito svaniva. Dal fondo della collina udì un grido e un crescendo di tamburi e respirò profondamente per mantenere la calma. Bango è arrivato, pensò, fermandosi. Bango, il campione della lotta coi bastoni, l'uomo stregato che nessuno riusciva a battere. Sì, è arrivato Bango, pensò sentendo un profondo silenzio seguire le alte g1ida e un nuovo rullare di tamburi, avve1tendo un freddo nelle ossa e una grande onda come di paura che gli attraversava il ventre e le ginocchia e le caviglie, e nella sua mente vide Bango, con il cappello nero e la giacca grigia, grigia come le piume di un giovane faJco, con quegli occhi rosso sangue da rapace, farsi avanti verso la gayelle1 con l'andatura strascicata di un ballerino o di un ladro, voltando la testa di qua e di là, le mani alzate, trionfante, mentre mostrava in un ghigno la larga dentatura d'oro, e la folla si faceva da parte per far passare 'lui e le tre donne che sempre si portava appresso nei combattimenti. Dietro di lui, scuotendo una maracas e tenendo alto il suo bastone "cattivo", quello sormontato dallo spirito amerindo, ci sarebbe stata la solita donna, la sacerdotessa, nera, flessuosa, un fazzoletto rosso sollevato sul viso rotondo dagli occhi penetranti e dagli zigomi alti. Tentò di immaginarsi le aJt:redue. L'anno prima la seguiva, tenendo l'altro bastone e una bottiglia di rum, una ragazza indiana con un berretto da cricket, delicata, sensuale, con intorno a lei un odore di oltraggio e di resa, e che camminava con gioiosa baldanza come se fosse orgogliosa di essere considerata una delle donne di Bango; poi una donna alta, una travaseau, una meticcia, scura, flessuosa, dai movimenti incuranti e languidi e un volto privo di vergogna, un occhio blu e nero per il pugno che Bango le aveva recentemente rifilato; questa, po1tandosi mollemente e con aria cupa davanti alla gayelle, fissava negli occhi tutti i lottatori come se fosse venuta a cercare un eroe ed esibisse se stessa quale premio. Ma i lottatori avevano timore di guardarla per paura che li inducesse alla pazzia di affrontare Bango. Non gli mancherò, pensò. Staranno guardando Bango, mentre le donne gli tolgono la giacca e la sacerdotessa Shango gira tra la gente offrendo rum bianco prima di dare a lui la bottiglia perché ne beva un sorso. Ora, con il rum in corpo, lui e le sue donne avrebbero intonato un canto e lui sarebbe entrato nel cerchio con una sorta di terribile danza, ora lenta ora veloce ora a balzi; con i tenibili occhi rosso sangue avrebbe attratto tutti nell'immenso oceano del suo sguardo, sentendone il peso, la leggerezza, vedendo nei loro occhi l'invidia, la paura, cercando quel quaJcosa che tra loro mancava. Guardi pure, pensò Fleurs. Dalla cucina la moglie di Fleurs udiva il rumore, e guardò fuori e vide l'erba volare al suono dei colpi di falcetto di Fleurs, e mosse pentole e padelle, facendo rumore, nella speranza di attirare la sua attenzione, ma lui non guardò nella sua direzione. Si era messa gli abiti da casa e a voce alta disse ad uno dei bambini, perché Fleurs potesse sentire, "Vai a chiedere a tuo padre se vuole qualcosa da mangiare". CARAIBI/LOVELACE 41 Fotodi Don lamont (Matrix/Grazia Neri). li bambino ritornò dicendo "Pa' non vuole niente". E ancora a voce aJta, perché Fleurs sentisse, "Che gli prende? Quando non cucino si arrabbia, e quando cucino non mangia". Poi uscì e comparendogli davanti con la sua faccia di luna piena e la testa avvolta in un vecchio fazzoletto di cotone, intorno a lei quella nuova dolcezza che l'accompagnava da quando era ritornata daJla messa: "Che su.ccede?" gli disse "Non vuoi mangiare niente? Non hai mangiato niente tutta la mattina!". La guardò di sottecchi, "Fai attenzione, lì," e fece un passo indietro dando aJl'erba un abile colpo di falce, "Non ho fame". Lei tenne duro, "Fleurs, perché non vai a combattere contro Bango? È questo che vuoi fare, no? Perché non vai?". La guardò con la coda dell'occhio, "Io combattere contro Bango?". "L'hai fatto per quindici anni, da quando ti conosco." "Bene, adesso ho finito. Ho chiuso. Tutti a Cascadoux diventano amici di Bango, perché iodovrei combattere contro Bango? Non l'hai detto proprio tu?" "Io ho detto questo?" "Sì, tu hai detto questo." Si interruppe, guardandola e vedendo il dolore nei suoi occhi. "Ma è vero. L'hai detto proprio tu. Non importa chi l'ha detto. È vero. Tutti i lottatori diventano amici di Bango." "Come avrei potuto dire che tutti diventano amici di Bango? Il signor Joseph non è diventato amico di Bango." "Joseph è vecchio. Joseph non può affrontare Bango. Sa parlare, sì, ma non può affrontare Bango." "Non intendevo questo. Non intendevo dire che non c"è nessuno. Ce n'è ancora che affrontano Bango. Ancil e Calloway e Johnny e
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