Linea d'ombra - anno XII - n. 90 - febbraio 1994

40 CARAIBI/LOVELACE arrossivo di collera. Infine, stremata sprofondai in un sonno profondissimo, l'unico sonno privo di sogni che avessi mai fatto. Un giorno mia madre raccolse le mie cose in una valigetta e, prendendomi per mano, mi condusse al molo e mi mise a bordo di un battello sotto la vigilanza del capitano. Accarezzandomi il mento e le guance, mi diceva parole di conforto, perché non ci eravamo mai separate prima. Mi baciò sulla fronte, si voltò e andò via. Piangevo così forte che il mio petto sussultava. Tutto il mio corpo era scosso alla vista della sua schiena voltata verso di me, come se non avessi mai visto prima la sua schiena voltata verso di me. Cominciai a pensare a come abbandonare il battello, ma quando vidi che il battello era rinchiuso in una grande bottiglia verde, come se stesse a decorare un camino, caddi addormentata, fino a che raggiunsi la mia destinazione, la nuova isola. Quando il battello si fermò, saltai giù e vidi una donna con i piedi proprio come i miei, in particolare intorno all'incavo. Anche se la faccia era completamente diversa da quella cui ero abituata, sapevo che questa donna era mia madre. Ci salutammo, dapprincipio con grande circospezione e gentilezza, ma mentre camminavamo i nostri passi divennero un solo passo, e mentre parlavamo le nostre voci divennero una sola voce, ed eravamo un tutt'uno. Che pace si impossessò allora di me, tanto che non riuscivo a vedere dove lei finiva ed iniziavo io, o dove io finivo ed iniziava lei. Mia madre ed io camminiamo per le stanze della sua casa. Ogni scricchiolio nel pavimento rappresenta un evento importante: qui un ragazzo apparentemente sano è improvvisamente morto; là una ragazza ha sfidato il padre e, andando in bicicletta ad un appuntamento amoroso, è caduta in un precipizio, rimanendo sciancata per il resto della sua lunga vita. Mia madre ed io troviamo che questa è una bella casa. Le stanze grandi e vuote si aprono l'una sull'altra in attesa che persone e cose le riempiano. Le bianche gonne di mussola ondeggiano intorno alle nostre caviglie, i capelli scendono dritti sulle nostre schiene come le braccia sui nostri fianchi. Mi adatto perfettamente all'incavo del braccio di mia madre, alla curva della sua schiena, allo spazio del suo stomaco. Mangiamo dalla stessa scodella, beviamo dalla stessa tazza; quando dormiamo le nostre teste si posano sullo stesso cuscino. Mentre camminiamo nelle stanze ci avviciniamo e allontaniamo, ci avviciniamo e allontaniamo; presto entreremo nell'ultima fase della nostra evoluzione. I pescatori stanno ritornando dal mare; la loro pesca è abbondante; mia madre vi ha provveduto. Mentre le onde si infrangono, si infrangono l'una contro l'altra, i pescatori sono felici che il mare sia calmo. Mia madre mi indicai pescatori, la loro contentezza è motivo della mia contentezza. Sono seduta nell'enorme grembo di mia madre. A volte sono seduta su una stuoia che lei ha fatto con i suoi capelli per me. Gli alberi di lime sono appesantiti dai frutti - mi sono già profumata con i loro boccioli. Un colibrì ha fatto il nido sul mio stomaco, un segno della mia fertilità. Mia madre e io viviamo in una capanna fatta di fiori i cui petali sono eterni. C'è il blu argenteo del mare, attraversato da luminosi raggi di luce, cade una calda pioggia sui rami del ricino, un agnellino saltella sul pascolo, i miei piedi rosei poggiano su un soffice terreno. Così, mia madre e io viviamo da molto tempo. Copyright Jamaica l(jncaid 1984. Earl Lovelace FLEURS traduzione di Irene Pologruto Earl Love/ace è nato a Trinidad nel 1935. È stato insegnante, funzionario 11e/ settore agricolo, giornalista e "scrittore ospite" dell'Università delle West Indies di Trinidad. È autore di diversi testi teatrali (Jestina's Calypso è il più interessante), di numerosi racconti e di quattro romanzi, tra cui ricordiamo The Dragon Can't Dance (1979) e The Wine of Astonishment ( 1982). Fleurs è tratto da Contemporary Caribbean Short Stories, a cura di M. Morris, Faberand Faber 1990. A metà mattinata i tamburi, con voce imperiosa e terribile, iniziarono a chiamare a raccolta per tutta Cascadoux i lottatori coi bastoni, tanto che i chierichetti che servivano la messa nella chiesa cattolico-romana si ritrovarono a muoversi seguendo quel ritmo profondo, e i vecchi appisolati si risvegliarono improvvisamente, scossi da una voce che non riuscivano ad afferrare del tutto, rimanendo per il resto del la messa a fissare nel vuoto come per individuare chi pronunciava i loro nomi. Dopo la messa le persone che di solito trasc01Tevanola domenica mattina sotto iImandorlo, giocando a ramino o a dadi, se ne andarono; e, ad esclusione di Piko, ubriaco, rannicchiato a terra davanti al bar chiuso di Loy, e di Traveller, che andava su e giù vicino alla fermata dell'autobus, la valigia frusta, zeppa di abiti edi giornali vecchi tenuta insieme da cravatte sdrucite e pezzi di spago, quando gli abitanti del villaggio uscirono dalla chiesa la Junction era dese1ta. Camminando dietro i due figli più piccoli, la moglie di Fleurs sentiva il fruscìo del vestito e sentiva, dentro di lei, il rullare dei tamburi, maschile e insistente, che le accelerava il battito del cuore e le provocava una leggera sensazione di ebbrezza e di resa, femminile e vittoriosa, che le richiamò alla memoria la prima volta in cui Fleurs la prese fra le braccia e lei, guardando in su, si rese conto di quanto fosse alto. Per un momento la mente ritornò a quel periodo, a quel Fleurs così alto anni fa, e rallentò per trattenere meglio il ricordo; ma, poi, vedendo i due figli allontanarsi da lei, affrettò il passo pensando che era meglio lasciarsi alle spalle quei tempi. Quando arrivò a casa vide Fleurs seduto sui gradini del retro che affilava il falcetto, e notò al tempo stesso i cumuli di erba e sterpaglie sparsi nel giardino, e ridacchiò dicendo ai bambini: "Che accidenti è saltato in mente a vostro padre che si è deciso a tagliare l'erba proprio oggi?", quando improvvisamente la colpì un pensiero: cosa ci faceva Fleurs a casa, mentre giù, al negozio di Nathan risuonavano i tamburi? "Fleurs?" Ma vedendo il modo in cui la schiena era appoggiata e avvertendo il peso del silenzio che lo circondava, represse la domanda, pensò sommessamente fra sé: farei meglio a non stargli tra i piedi stamattina, e si avviò verso la porta sul davanti anziché quella sul retro, come aveva pensato di fare, esclamando:

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