termine del quale sperai di vedere mia madre cementificata per sempre sul fondo del mare. Mia madre si sporse per passarmi la mano sul capo, un gesto pacificatore, ma io scoppiai a ridere e, con grande agilità, mi scostai. Emisi un orribile urlo, poi un lamento di autocommiserazione. Ero diventata grande, ma mia madre era più grande di me e sarebbe sempre stato così. Andammo nel Giardino dei Frutti e ne mangiammo a sazietà.Uscimmo attraverso iIcanee! lo sud-occidentale, lasciando, come sempre, sulla nostra scia piccole colonie di vermi. Con mia madre attraversai, controvoglia, la valle. Vedemmo un agnello pascolare il quale; quando udì i nostri passi, si interruppe per guardarci. L'agnello appariva afflitto e infelice. Dissi a mia madre, "L'agnello è afflitto e infelice. Sarei anch'io così, se dovessi vivere in un clima non adatto alla mia natura". Mia madre ed io entrammo nella caverna. La caverna era buia e fredda. Sentii qualcosa crescermi sotto i piedi e mi chinai per mangiarlo. Stetti così per anni, china a mangiare qualsiasi cosa mi crescesse sotto i piedi. Infine mi crebbe una speciale lente che mi avrebbe permesso di vedere nel buio più buio; infine mi crebbe una speciale pelliccia per tenermi caldo nel freddo più freddo. Un giorno vidi mia madre seduta su una roccia. Disse: "Che strana espressione hai sul viso. Così afflitta, così triste, come se vivessi in un clima non adatto alla tua natura". Ridendo, scomparve. Scavai una buca profonda, profonda. Costruii una bella casa, una casa priva di pavimento, sulla buca profonda, profonda. Misi finestre con grate, le finestre preferite da mia madre, perfette per guardare la gente passare senza essere vista. Dipinsi la casa di giallo, le finestre di verde, colori che sapevo le sarebbero piaciuti. In piedi, appena fuori dalla porta, le chiesi di esaminare la casa. Dissi: "Dai un'occhiata. Dimmi se è di tuo gradimento". Ridendo CARAIBI/KINCA3ID9 con l'angolo della bocca che non riuscivo a vedere, entrò in casa. Rimasi appena fuori dalla porta ascoltando con attenzione nella speranza di sentirla precipitare con un tonfo sul fondo della buca profonda, profonda. Invece camminava su e giù in ogni direzione facendo rimbombare i passi. Uscendo per salutarmi disse:" È una splendida casa. Sarei onorata di vivervi", e poi svanì. Riempii la buca e bruciai la casa fino alle fondamenta. Mia madre è diventata altissima. Anch'io sono altissima, ma l'altezza di mia madre è tre volte la mia. A volte non riesco a vedere oltre il suo seno, tanto si perde nel l'atmosfera. Un giorno vedendola seduta sulla 1ivadel mare, la sua mano protesa verso il fondo per accarezzare il ventre di un pesce striato che nuotava nel luogo dove due mari si incontrano, divenni rossa di collera. Per un po', allora, vissi da sola sull'isola dove c'erano otto lune e dipinsi sulla faccia di ciascuna luna le espressioni che avevo visto sul volto di mia madre. Tutte le espressioni mi assomigliavano. Presto fui stanca di vivere così e tornai accanto a mia madre. Vi rimasi, sebbene fossi rossa di collera, e mia madre e io costruimmo due case sulle rive opposte dello stagno morto. Fra noi c'era lo stagno morto; in esso vivevano solo piccoli inve1tebrati dagli aculei velenosi. Mia madre si comportava con loro come se improvvisamente si fosse trovata nella stessa stanza con parenti su cui noi ci eravamo da lungo tempo elevate. Amavo la loro presenza e a ciascuno di loro diedi un nome. Eppure mi mancava l'intima presenza di mia madre e piangevo per lei in continuazione. Ma, alla fine di ogni giornata, quando la vedevo tornare a casa, seguita da incredibili e grandi gesta, ognuna delle quali decantava a gran voce i suoi meriti, arrossivo e di nuovo Fotodi Don lomont (Matrix/Grozia Neri).
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