privato sulla questione del ruolo delle donne nella letteratura. Lei sostiene che, pur essendo vero che ci sono molte scrittrici brave, però nessuna è stata importante come alcuni uomini. Sono d'accordo, però è necessaria una prospettiva storica per valorizzare l'evoluzione attualmente in corso. Per quanto riguarda la vita quotidiana penso che le donne continuino a essere sostanzialmente sottomesse, inMessico. Ad esempio, non possono decidere niente riguardo al proprio corpo. L'aborto è illegale e ci sono gravi difficoltà nella diffusione della contraccezione. Cosa stai scrivendo adesso? Come avvii un progetto? Ho appena finito un romanzo per bambini - sono un grande ammiratore di Gianni Rodari. E adesso sono impegnato in un romanzo più lungo, per adulti spero. Il Disparo de Argon è nato in modo casuale, però sono affascinato dal fenomeno della vista. La letteratura è un fenomeno visuale, come dice Calvino. Anni addietro, ho avuto un incidente a un occhio a Barcellona e sono finito nella clinica di Barraquer. Questa famosissima clinica è costruita con marmi neri, a differenza di tutti i posti del genere, che sono bianchi. I muri sono pieni di segni zodiacali e altri simboli magici. È un posto davvero sorprendente. Sette anni più tardi, ho concepito un racconto nel quale un oculista che sta diventando cieco fonda una confraternita di discepoli che vedono in sua vece. Mentre lo stavo scrivendo sono tornato a Barcellona e, di nuovo, ho avuto un incidente all'occhio. Così mi sono di nuovo ritrovato da Barraquer. Tornando per la seconda volta nella sua clinica, mi sono reso conto che l'atmosfera e i muri avevano continuato ad agitarsi nella mia mente - come le sottolineature che facciamo nei libri - inmodo silenzioso. Riflettendo su questa serie di coincidenze - io sono superstizioso - il racconto è diventato un progetto di romanzo. Ecco l'origine archeologica del Disparo de Argon, anche se io in realtà intendevo scrivere un romanzo simbolico su Città del Messico. Qual è il tuo vero rapporto con il giomalismo? Negli Stati Uniti e anche in Messico i giornalisti sognano di ritirarsi dalla professione e mettersi a scrivere romanzi in posti fuori del mondo. Per me il percorso è stato inverso: all'inizio scrivevo solo fiction, e solo più tardi, molto gradualmente, mi sono avvicinato al giornalismo, che mi ha aiutato moltissimo a continuare a scrivere fiction. È per questo che ho potuto scrivere cose che non hanno nulla achevedereconlemieesperienzedirette-comeilDisparodeArgon, che si svolge in ambiente medico. Il fatto di avere imparato alcune tecniche del giornalismo mi è stato di grande utilità per l'elaborazione del r<_>manzo. l dovevo entrare nella mentalità dei medici, nel mondo del traffico illegale di organi, per questa ragione ho intervistato molti medici, i quali trovavano che esageravo, ma poi tutto si è rivelato vero. Mi piace anche fare interviste, perché così posso uscire dalle quattro mura della mia stanza. In Messico il giornalismo è assai mal pagato, il che spiega perché molti giornalisti siano corrotti, persino molti critici di cinema e di teatro. A volte lavoro solo per piacere, senza guadagno. Qualche tempo fa, per esempio, ho realizzato un servizio su un incontro di pugilato che ha richiamato allo stadio Azteca centotrentamila persone. E l'ho fatto per il solo piacere di farlo e di andare allo stadio con un biglietto di ring-side. In un'altra occasione ho seguito i mondiali di calcio in Italia per un compenso bassissimo. Lavoro per vari giornali, così è più facile mantenersi indipendenti. Comunque pagano pochissimo. Ho appena fatto una lunga intervista - quindici pagine - a Gi.inther Grass, che mi ha fruttato settanta dollari. Lavorando per la tv si guadagna molto di più. Però a me la televisione interessa poco, e non credo troppo all'efficacia dei programmi culturali televisivi. C'è molto analfabetismo in Messico? MESSICO13 Sì, molto. Si stima che degli ottanta milioni di messicani, venti milioni non sappiano né leggere né scrivere. È difficile calcolare la cifra esatta perché molta gente è in grado di leggere i nomi delle strade, ma in realtà non sanno leggere. Ci sono solo cinquecentomila persone che comprano libri. In Messico, un buon libro di letteratura, se ha successo, vende settemila copie. E un bestseller può arrivare a cinquantamila. Quali sono i tuoi scrittori di riferimento? Beh, Borges ha reinventato la prosa in lingua castigliana di questo secolo. E quasi superfluo parlarne, ma senza di lui non esisteremmo. Mi piacciono anche molto Bioy Casares, Cortazar, Onetti, Faulkner, Philip Roth, Tom Wolff, e fra gli italiani Svevo, Gadda, Calvino, Tabucchi. Che tipo di reportage letterario sifa in Messico? Alla fine degli anni Sessanta, sorse in Messico un movimento letterario chiamato La Onda. Quel movimento voleva recuperare alla cultura il linguaggio dei mass media e del la cultura di massa. La figura più significativa del movimento-che è diventato una specie di punto di riferimento obbligato negli anni successi vi - è stato lo scrittore José Agustfn. La principale caratteristica del giornalista letterario messicano è quella di non aver mai letto un libro, quindi le domande, durante le interviste, sono del tipo: "Cosa significa essere scrittore?" oppure si limitano a girare intorno ai battibecchi locali, "Cosa pensa di Octavio Paz?" Naturalmente ci sono delle eccezioni, come Elena Poniatowska, una bravissima giornalista letteraria. Ho notato due tipi di atteggiamento tra gli intellettuali messicani: quelli che sognano l'Europa e si sentono qui come in esilio, e quelli che la rifiutano e si identificano con gli elementi autoctoni. Dove ti collochi tu? In nessuno dei due. Mi sento una persona che è di qui e solo di qui, ma che cerca di percepire questa condizione attraverso uno sguardo obliquo. In questo senso non sono affatto contento di stare qui, però so che posso stare solo qui. La distinzione cui tu accenni esiste in termini generali, però non bisogna schematizzare. C'è parecchia gente che ha trovato modo di star qui, che non può essere ricondotta a un simile schema polarizzato. La cultura messicana è sempre stata attraversata dalla polemica tra cosmopolitismo e nazionalismo. Molti scrittori, per esempio Octavio Paz, sono stati ingiustamente accusati di essere europeizzanti, eppure sono tra quelli che più si sono occupati della cultura e dell'arte messicana. Cosa pensi degli effetti della cultura statunitense su Città del Messico? Beh, Città del Messico è stata distrutta non solo dalla cultura statunitense, c'è stata una distruzione sistematica. È una città che vive una dissoluzione perpetua. I luoghi simbolici della mia infanzia sono andati crollando uno dopo l'altro. Tuttavia sarebbe pericoloso coltivare solo una nostalgia di altre epoche e pensare che ogni tempo passato sia stato migliore. Il costante mutamento, costruzione e distruzione, è sempre stato una caratteristica essenziale di questa città. Abbiamo un paesaggio urbano orrendo, ma cambierà, perché cambia sempre. Kundera parla di bellezza per errore, per esempio le scale antincendio dei palazzi di New York. Qui scopriamo qualche volta bellezze casuali in mezzo alle brutture. Ci abbiamo fatto l'abitudine. C'è un altissimo livello di sincretismo e rimescolamento.D'altra parte Città del Messico non rappresenta il Messico. Siamo molto odiati in provincia, grazie anche alla fortissima tradizione centralista di questo paese. A causa della concentrazione di attività e risorse nella capitale, i borghesi di Città del Messico pensano di vivere in un'epoca diversa 1ispetto alla provincia.
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