Linea d'ombra - anno XII - n. 90 - febbraio 1994

10 MESSICO Fotodi Graciela!turbide(da Suenosde pope/, Fondode Cultura Econòmica,México 1988). aneddoto la dice lunga su come si insegnava la letteratura a scuola. Ci davano da leggere i classici convinti che iJresto non avesse valore. Dopo, nella scuola superiore, abbiamo dovuto leggere Cuore di Edmondo De Amicis, un libro che ci fece piangere tutti, è chiaro. A me sembrava che fosse uno dei sacrifici richiesti per andare avanti a scuola. Non mi veniva in mente che qualcuno potesse piangere per scelta, che qualcuno leggesse De Amicis per il piacere di piangere a casa sua. In quel periodo i libri rappresentavano ancora le tappe necessarie del percorso scolastico. A un certo punto lessi Il capitano Hatteras di Giulio Veme, che mi sembrò un libro straordinario, pieno di poesia. Lo lessi fuori della scuola perché mio padre era un patito di Veme, ma fu un'esperienza irripetibile. Fu come aver partecipato all'epopea del ghiaccio. Ecco cos'erano i libri, ci parlavano di cose molto lontane, di epopee estreme. Non riuscivo a pensare che le avventure di un capitano fanatico avessero qualcosa in comune con la mia esperienza e la mia vita. Poi, una volta, durante le vacanze - avevo quindici anni - un amico mi disse di aver letto un libro straordinario, De Perfil di José Agustin, uno scrittore messicano. Questo libro parlava di un ragazzo di Città del Messico che si trovava in vacanza, cioè parlava di una situazione identica alla mia: c'è un narratore in prima persona che non sa cosa fare della propria vita. Il mio amico e io ignoravamo che si potesse scrivere narrativa in prima persona. Pensavamo che si trattasse delle confessioni di un adolescente che riusciva a sedurre una star della musica rock e allora lo leggevamo anche come manuale pratico per imparare a sedurre una donna. Comunque quella lettura rappresentò una svolta, da quel momento mi resi conto che la letteratura poteva far parte delle mie esperienze personali, includermi nel suo mondo: sentii che in quel romanzo si parlava anche della mia vita. L'identificazione fu tale che dopo aver letto quel libro scrissi subito un racconto. Ero lo scrittore più incolto della storia della letteratura, perché avevo letto un solo libro e avevo scritto un racconto. In precedenza, col mi01amico Jaime Nualart, avevo fatto parte di un gruppo di teatro. Mi interessava il teatro, ma soprattutto mi interessava ciò che lo circondava, l'ambiente hippie, la musica. Componemmo un'opera chiamata canonicamenteAmory paz ( 1969), opera pacifista. Un'altra esperienza scolastica fu il giornaletto che facevo a scuola e vendevo ai compagni per guadagnare un po' di soldi. Si chiamava "La tropa loca" e io tenevo una rubrica di pettegolezzi. Ero un pettegolo dotato. Tuttavia certamente non ho mai pensato che quello avesse a che vedere con la letteratura. Più tardi, quando cominciai a leggere e scrivere sul serio, mi occupai dei pettegolezzi a un altro livello. Tu vieni da una famiglia di intellettuali. .. Sì, mio padre è filosofo e la mia vita è stata sempre circondata dai libri, che io non leggevo, forse per rifiuto della figura patema. Sono sempre stato un ragazzo ribelle. L'opera principale di mio padre si intitola La significacion del silencio e il mio primo lavoro fu un programma di rock, esattamente l'opposto del silenzio. Adesso ho buoni rapporti con mio padre però ci è voluto molto tempo prima di trovare un accordo. Io volevo scoprire le cose coi miei mezzi. Forse quel rifiuto dei libri esprimeva una mia ribellione di fronte a un mondo che consideravo astratto e inutile. A sei anni non serve a niente avere un padre filosofo. Una mia cugina si è dedicata alla filosofia e suo padre è un cacciatore di professione. Questo zio era la figura che più mi attraeva, da bambino, perché era un avventuriero e molto affettuoso coi ragazzi. Ci raccontava delle sue scorrerie e ci parlava della battuta di caccia che un giorno o l'altro avrebbe fatto in Africa. Per me, la sua era una vita perfetta. Quando io chiedevo a mio padre cos'è un filosofo Iui rispondeva: "Uno che s'interroga sul senso del le cose". E a me tutto quel mondo fatto di astrazioni non piaceva per niente. Volevo essere un avventuriero, non un professore. Il mio

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