78 I TEATRO frettolosa o presuntuosa teoria, ma si segue il ritmo e il senso delle proprie necessità di comunicazione. L'esperimento non è come attraversare, compiaciuti e complici, un'esperienza: l'esperimento si consuma tutto e intanto dimostra qualcosa. Proprio come succede a teatro. Così, gli attori-autori elaborano prima di tutto un tessuto drammaturgico che sia magari la trasposizione e insieme la trasfigurazione ironica del loro vissuto; la scena non è più il luogo magico dove ritrovare le relazioni vive e i dialoghi finti della Storia teatrale, ma dove far diventare composizione e messaggio quell'insieme di contatti rapidi e di combinazioni apparenti che sono la cifra dell' Assurdità reale. Così, si procede per accostamenti e straniamenti continui in modo da rendere quell'impasto di intime auto-derisioni e ironiche auto-apoteosi che sono la rappresentazione amplificata di un vissuto minimale. No, non siamo più nel post-moderno e però siamo anche usciti dal lago e dal destino della società narcisista; forse, si è approdati alle rive di uno strano autismo sociale e socializzato, dove il sussurro della confidenza e il grido della protesta non riescono ad uscire dalla cassa di amplificazione - con uso di cucina -dove "i giovani" alloggiano già da molto tempo. Si diventa allora attori di teatro, ma si resta lo stesso imprigionati nella sala di registrazione della propria quotidianità. I giovani attori lo sanno: nessuna parola nuova, magari strppata ai fumetti e ai gerghi primari, può perforare il grande silenzio della Comunicazione di Massa Obbligatoria; né la ginnastica libera e perfino sgraziata, con cui si riempie la scena (e con cui si allude - e si irride - alla festa dell'autenticità espressiva), potrà mai inteITompere il flusso costante della sua Grande Menzogna. Ed è in fondo proprio il volere (e non potere) sfuggire alla comoda, eterea prigione dei media, è proprio questa - ancora una volta e ancora per questa generazione- la motivazione al teatro. È proprio questa la necessità che gli dà senso, molto prima che cominci quella ricerca di profondi significati e di raffinate relazioni che daranno un valore più alto ali' Arte della Scena. Prima cioè di diventare per davvero "grandi" attori, e di muovere alla ricerca di quell'irraggiungibile e forse solo retorico Senso del Teatro, che è mètae dovere altisonante di quando, appunto, non si è più "giovani". La tradizione e i suoi fondatori Ottava riunione generale dell'IST A, Londrina, Brasile 11-21 agosto l 994 L'ISTA, "lnternational School ofTheatre Anth(opology", diretta da Eugenio Barba, teITàla sua ottava riunione generale dal I' 11 al 21 di agosto a Londrina, in Brasile. Il tema sarà "La tradizione e i suoi fondatori". L'ISTA ricerca i princìpi della tecnica recitativa e organizza riunioni aperte a partecipanti provenienti da paesi diversi. Per la prima volta una di queste riunioni si terrà fuori dall'Europa, facendo del l'America Latina un ponte fra Est e Ovest, Nord e Sud. A condurre la manifestazione saranno compagnie provenienti dal Giappone, da Bali, dall'India, dal Brasile, e il multinazionale "Odin Teatret" dalla Danimarca, insieme allo staff tecnico dell'ISTA. Le tradizioni conservano e tramandano una forma, non il senso che la anima. Ognuno deve definire e reinventare il senso per se stesso. Questa reinvenzione esprime l'identità personale, culturale e professionale. Le tradizioni stratificano e affinano la conoscenza delle successive generazioni di fondatori attraverso le loro forme, e consentono ad ogni nuovo artista di iniziare senza essere obbligato a partire da zero. Le tradizioni sono un'eredità preziosa, nutrimento spirituale, radici. Sono anche costrizioni. Non c'è identità senza una lotta contro le costrizioni delle forme ereditate dalla "tradizione". Senza questa lotta, la vita artistica muore. Nell'arte, la scintilla della vita èla tensione tra ilrigore del laforma eil dettaglio ribelle che la scuote dall'interno e lefa assumere un valore nuovo, sembianze irriconoscibili. L'attore che non appartiene ad una codificata tradizione scenica rischia spesso di sentirsi diseredato, senza radici, senza punti di riferimento concreti cui disobbedire. Chi non ha una tradizione spesso la idealizza, e ci crede in maniera quasi superstiziosa, come se di per sé potesse dare senso al suo lavoro. Una tensione verso la forma ha permeato il teatro del nostro secolo, da Stanislawsky a Grotowski, da Meyerhold a Brecht, da Artaud al grande e non riconosciuto Decroux, da Gordon Craig a Isadora Duncan, Jacques Copeau, Martha Graham, Kazuo Ohno ... Una stirpe di fondatori della tradizione si spiega attraverso i campi - artificiosamente separati - del teatro, del mimo e della danza. Ognuno di noi è figlio del lavoro di qualcun altro. Ogni fondatore di una tradizione ha un passato che ha scelto. Sta a noi decidere, su un piano professionale, a quale storia apparteniamo e chi sono i nostri progenitori, progenitori nei cui valori ci riconosciamo. Possono anche appartenere a periodi e culture lontanç:,ma i I senso del loro lavoro ci è vicino. Per uno sguardo affrettato la differenza tra le tradizioni e i loro fondatori equivale a quella tra scuole classiche e innovatori, tra l'ortodosso e il ribelle, tra il classico attore-ballerino asiatico nascosto in un costume dorato e l'incessante e eclettica ricerca degli attori contemporanei. Non è così. Anche la tradizione più rigida vive solamente grazie alla reinvenzione dei suoi interpreti. Più queste reinvenzioni sembrano sottili e impercettibili, più sono effettivamente profonde. Nella pratica quotidiana, "tradizione" equivale a "conoscenza", o piuttosto a "tecnica", una parola molto più modesta e efficace. La tecnica non ci definisce, ma è lo strumento necessario per superare i confini che ci limitano. La conoscenza tecnica ci consente di incontrare forme nuove e ci introduce alla "tradizione delle tradizioni", a quei princìpi che ricorrono costantemente sotto le differenze di stile, culture e personalità. Lo scopo non è quello di identificarsi· con una tradizione, ma di costruire un nucleo di valori, un'identità personale, allo stesso tempo ribelle e fedele alle proprie radici. La via per ottenere tutto questo è una pratica minutamente dettagliata, che costituisce la nostra identità professionale. ( Eugenio Barba) Per ulteriori informazioni si prega contattare: Nitis Jacon, FILO- R. Souza Naves, no. 9/1 la - CEP 86010-170 Londrina PR. Brazil - Tel: 550433238562 - Fax: 550433248694 oppure: !STA, ordisk Teaterlaboratorium - Box 1283 - 7500 Holstebro (Denmark) -Tel: 4597424777 - Fax: 4597410482
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