Linea d'ombra - anno XII - n. 89 - gennaio 1994

GIOVANI A TEATRO PERL'ULTIMAVOLTA PiergiorgioGiacchè F. Rossinied E.Montelionein uno scenodi In etere, Area Piccola(PG) C'è da tempo un teatro che nasce fumi dal teatro. Un teatro senza origini mitiche né tradizioni certe, senza scuole né corsi di apprendimento, senza ispirazioni poetiche né imitazioni amatoriali alle spalle. Un teatro che nasce appena su un'idea singolare "d'autore" o su una voglia plurale "di gruppo"; un teatro che s'è voluto chiamare "di sperimentazione", anche quando si trattava appena di un "esperimento". La prima volta fu una faccenda di massa. Nacque così, senza arte né parte, un intero movimento teatrale tutto post-moderno, anche se si divise proprio su questa parola e, mentre alcuni presero a fabbricare installazioni futuribili e provocazioni spettacolari più avanzate, altri si misero a cercare e celebrare le radici, sia teatrali che antropologiche, dell'attore. E però, al di là di quelle due strade divaricate (e ormai datate) e dei loro per nulla trascurabili esiti artistici, quel movimento fu unito e unitario proprio perché nel suo TEATRO77 insieme aprì la possibilità di una libera e nuova "autodefinizione" del fatto teatrale e del suo attore: ci si poteva proporre all'improvviso - e anche improvvisarsi -come un "teatro giovane"! Da allora "teatro giovane", fra le molte altre formule scadenti con cui si definisce il nuovo teatro, è diventata addirittura un'etichetta scaduta, applicata com'è a gruppi ormai attempati, quando non addirittura pensionati dal ministero o dall'assessorato competente. Ma non è giusto, sulla scia della Juventus "vecchia signora", lasciarsi rubare le parole o addirittura lasciar deteriorare la gioventù. Così come non è vero che il teatro giovane sia stata appena una fuggevole e già conclusa moda: semmai si può dire che in molti modi diversi ricompare continuamente ed è di ventato nel tempo una sorprendente costante del panorama teatrale. Non importa se si è passati da un pe1iodo facile ed effimero in cui si esaltavano perfino indiscriminatamente tutti i prodotti giovani e un altro più oscuro e difficile, come l'attuale, in cui non si presta loro nessuna attenzione. Malgrado il silenzio stampa e il tradimento degli assessori, si possono ancora incontrare giovani gruppi di attori, a patto di andarseli pazientemente a cercare. Dove? Nelle periferie dei teatrini minori e dei centri sociali, nelle rare occasioni ancora offerte da festival di antica importanza, nelle tappe del premio "Scenario", forse l'ultima possibilità concessa a chi chiede un'apettura di relazione prima ancora che di credito. Si scopre allora che, accanto ai molti che continuano a scambiare la propria libertà di autodefinizione come una patente di altrettanto facile professionalità-e magari si allineano incoda al già nutrito esercito del teatro-come-servizio - ci sono anche altri che, stufi di insegnare, animare, fare giochi o lettere o testamenti (secondo la specializzazione: dalle materne all'università della terza età), scelgono davvero la "penitenza" di mostrar·si per quello che sono: esperimenti di "teatro giovane". L'Esperimento è una prova effettuata senza impegno ma non per disimpegno, una scommessa da verificare ma non un'occasione da cogliere, un tentativo serio ma non necessariamente una strada ... Ci si trova sospinti o arrivati in un territorio strano, a metà fra la motivazione e l'impotenza creativa; ci si sente consumatori di musica e immagini e parole ma non desiderosi di produrre dischi, video o libri: indecisi "tra il dire e il fare" ci si accorge che la scelta è "teatro". Ma un teatro "giovane" oggi si riconosce (finalmente) anche perché l'esigenza di dire qualcosa viene prima di quella di dare spettacolo, e perché intanto la costruzione dello spettacolo vale di più della formazione dell'attore. Sembra un modo di procedere a rovescio, un'ansia di cominciare dalla cima, ma non è la fretta né l'ignoranza la regola o la qualità del teatro giovane. È piuttosto la scelta di esporsi, al posto di quella più anziana e ruffiana del- !' esibirsi. È questa urgente generosa vanità dell'esperimento ad essere diversa dalla elaborata novità dell'ormai vecchio "teatro di 1icerca". C'è dunque un teatro che sembra restar fuori dal teatro e perfino dai suoi rinnovati e dilatati confini "sperimentali", perché contraddice le sue leggi e disattende i suoi fini. Eppure ha diritto d'accesso, perché finalmente gli porta - da fumi - qualcosa. Qualcosa di "fresco", diranno magari i critici. Dio solo sa (vista la cecità e la supinità del Pubblico) quanto il Teatro ne abbia bisogno! Anche "il giovane", del resto, ha talvolta bisogno del teatro, ma non tanto per debuttare in una pubblica scena, quanto per abitare un set che lo contenga e lo rispetti, nel momento in cui ha la voglia o l'idea di dire qualcosa di sé davanti agli altri. Allora si prepara un esperimento e poi magar·i un altro, ma non per questo si pensa o si giura di voler fare teatro tutta la vita. La discontinuità domina sia il progetto che il linguaggio: non si accumulano i risultati e le scoperte in modo da produrre una

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