74 SCIENZAEMORALE Paolo Vineis ETICALAICAE BIOETICA UNDIBATTITO Alcuni anni fa Stephen Toulmin scrisse che la medicina aveva salvato l'etica, nel senso che il suo rapido sviluppo aveva dato nuovo nutrimento ad una disciplina destinata ad esaurirsi, a suo giudizio, in dotte e sterili controversie. L'affermazione di Toulmin è quanto mai pertinente in questi anni. Un terreno sul quale si assiste a una proliferazione di discussioni di contenuto etico - oltre a quelli ormai tradizionali dell'ingegneria genetica e della riproduzione a1tificiale - è costituito dall'equità nell'allocazione delle risorse sanitarie. In seguito alla grave crisi finanziaria del sistema sanitario americano e alle palesi ingiustizie nell'allocazione delle risorse cui esso dà luogo, è sorta un'aspra polemica tra i sostenitori di un liberismo spinto (alla Nozick), gli ammiratori del sistema pubblico ed egualitario del Canada, e i fautori di un sistema misto ("twotier"). Uno degli aspetti interessanti di questo confronto sta nel fatto che esso è in gran parte interno alla cultura laica, a differenza di quanto si è verificato per il dibattito sulle tecnologie riproduttive. Pur in un ambito laico, non solo vi sono posizioni ampiamente differenti, ma esse paiono riconducibili-in termini molto semplificati - ad un conflitto tra una concezione "deontologica" ed una "teleologica". La prima fa riferimento al rispetto di valori assoluti, indipendentemente dalle conseguenze pratiche delle nostre azioni (sua massima espressione è stata l'etica kantiana, secondo la quale "dummodo fiatjustitia, pereat mundus"), mentre la seconda giudica la bontà di un comportamento esclusivamente dalle sue conseguenze. Per esempio, nel dibattito sui sistemi sanitari coloro che si appellano ali' etica deontologica negano che si possano razionare gli interventi medici: tutti i cittadini hanno infatti eguali diritti a parità del le condizioni patologiche da cui sono affetti. Secondo la filosofia "teleologica" - di cui è oggi principale espressione l'utilitarismo -, poiché le risorse sono limitate la società deve amministrarle in modo tale da realizzare il maggior bene possibile per il maggior numero di persone (con la conseguente scelta a favore del razionamento, se questo si rende necessario come attualmente negli Stati Uniti). La filosofia utilitarista si presenta come decisamente dominante in molti dibattiti di bioetica, almeno nella cultura nord-americana. Anche nelle decisioni ambientali le analisi costi-benefici, esplicitamente ispirate a tale filosofia, sono il metodo abitualmente usato per la regolamentazione delle contaminazioni chimjche. In contrapposizione all'etica utilitarista, nelle decisioni ambientali un atteggiamento "deontologico" è stato spesso e spregiativamente definito come "fondamentalista". D'altra pa,te, sembra essere una componente caratteristica dell'etica laica contemporanea il fatto di definirsi "in negativo", e cioè in opposizione al fondamentalismo. Tipico di questo atteggiamento è, come vedremo, il libro di Flores O' Arcais1. Anche l'Italia ha visto fiorire il dibattito teorico e pratico intorno alla bioetica. Per citare una delle iniziative più recenti, la rivista "Bioetica" 2 raccoglie contributi di studiosi appartenenti principalmente all'area laica. Traspare anzi una certa rivendicazione alla laicità delle riflessioni, in contrapposizione ad un filone cattolico ritenuto dominante almeno sul piano istituzionale. Alle tesi sostenute dal Centro di Bioetica dell'Università Cattolica, e in particolare da Sgreccia, secondo cui compito dell 'eticaè fissare una "frontiera" da porre al progresso tecnico-scientifico, Maurizio Mori contrappone una concezione "non-assoluta" dei principi etici. Secondo Mori, non solo non vi sarebbe alcun salto storico introdotto dal progresso tecnico-scientifico, tale da portare a radicali mutamenti della riflessione etica, ma al contrario lo sviluppo delle società democratiche è consistito sia in una maggiore capacità di intervento tecnico sulla Natura, sia in una più approfondita riflessione morale. Il tramonto di sistemi etici "eterodiretti" (di matrice religiosa) ha portato, secondo Mori, ad una progressiva rinuncia ali' intangibilità di alcuni principi, tra cui la sacralità della vita, fino ad un punto di vista secondo il quale non esistono doveri assoluti e il cui obiettivo è la massimizzazione della "qualità della vita" (autonomia e/o benessere degli individui coinvolti). È chiara la lontananza di questa posizione utilitaristica rispetto all'ideale kantiano del "dummodo fiat justitia". Secondo Mori, l'etica "non-assoluta", benché "da tempo diffusa sul piano teorico tra una ristretta cerchia di studiosi, di fatto ha avuto scarsa incidenza sul piano pratico-sociale per quanto riguarda l'ambito bio-medico" (p. 136). La mia impressione è che questa affermazione non sia vera, almeno sul piano dell'allocazione delle risorse sanitarie e della prevenzione delle esposizioni ambientali come vedremo meglio oltre. TI parallelo tra allocazione delle risorse sanitarie e politica ambientale è più che occasionale. Nel primo caso il riconoscimento dei costi elevatissimi dell'assistenza sanitaria americana ha portato a proporre un modello di razionamento - da applicare alle risorse destinate al programma Medicare, cioè ai meno abbienti - basato su un bilancio costi-benefici: circa 700 pratiche mediche sono state classificate in modo gerarchico sulla base della loro efficacia, del beneficio presunto a livello di popolazione e dei costi. Su questa base si è proposto per esempio- almeno in un primo tempo- di dare più peso all'otturazione dei denti che all'operazione di appendicectomia (una scelta che è stata oggetto di pesanti sarcasmi), e di escludere i trapianti dal finanziamento pubblico3. In campo ambientale, la poi itica del l' Environmental Protection Agency consiste nel fissare livelli "accettabili" di esposizione alle sostanze chimiche sulla base di un bilancio costi-benefici. Questo modello è stato alquanto criticato4 sia per la sua aleatorietà- secondo un commentatore, i livelli fissati dall'EPA hanno una variabilità tale da essere
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