Linea d'ombra - anno XII - n. 89 - gennaio 1994

Andare o mandare al governo La partita dell'alleanza può essere giocata meglio se si capisce che non s! tratta di andare al governo, ma di mandare qualcuno al governo. E significativo che nessuno rievochi oggi il "governo delle sinistre" di cui tanto si parlava a metà degli anni Settanta. Allora si pensava al governo come allo sbocco politico delle lotte sociali e ci si attendeva un legame organico tra l'uno e le altre: si pensava in altre parole di "andare" al governo (tutti quanti con armi e bagagli). Oggi si capisce invece che tra la sfera istituzionale e quella sociale deve essere mantenuto un certo distacco. Il governo di sinistra che il 1994 ci potrebbe offrire non sarà il "nostro governo", ma semplicemente un "governo accettabile" a cui veJTà riconosciuta una propria responsabilità autonoma e indipendente. D'altra parte è importante che le forze sociali, i gruppi e le associazioni della società civile conservino a loro volta la propria autonomia nel condun-e le loro battaglie. La politica non si esawisce nel governo, non finisce lì. Deve anzi esserne in qualche modo affrancata. Chi aderisce alla coalizione non deve pretendere un vincolo inossidabile. Deve semplicemente permettere che il governo accettabile possa effettivamente esistere. Guardare al centro. Guardare alla radice Molti nellasinistra si rendono perfettamente conto che il probabile successo elettorale non deriva da una vera svolta a sinistra nell'elettorato e sostengono perciò la necessità di "una sinistra che sappia guardare al centro". Lo stesso sistema bipolare spinge oggettivamente in questa direzione. Ma "guardare al centro" non Chiusuradello compagnoelettoraleper Rutelli. (Fotodi RiccardoLiberati/ G. Neri) TRA UN'ELEZIONE E L'ALTRA 5 significa necessariamente assumere posizioni moderate. Niente sarebbe più pericoloso della classica "sinistra che fa la politica della destra". Bi sogna invece riconoscere che "guardare al centro" implica una buona dose di radicalità. Qualche tempo fa avevo sostenuto su queste pagine che la rivoluzione italiana si configurava come una "rivoluzione di centro". Fatta cioè da forze centrali (la piccola borghesia produttiva, i giudici) in nome di valori centrai i (onestà, trasparenza, cittadinanza, competenza, responsabilità). Possono sembrare valori banali e insignificanti (come si fa a" ere contro l'onestà o a favore dell'irresponsabilità?), ma sono comunque l'esatto opposto di quelli ape1tamente professati dal passato regime. E richiedono soprattutto - questo è il punto - uno spirito radicale piuttosto che un atteggiamento accomodante. Chiunque vinca le elezioni (la sinistra o la destra) dovrà prenderli molto sul serio. Dovrà distinguersi senza mezzi termini e con fatti espliciti dalla gestione passata del potere. . Ciò che gli elettori domandano (premiando spesso forze estreme) è quello che Vittorio Foa ha chiamato "una tensione riformatrice carica di verità". D'altra parte i sindaci che sono stati eletti non avevano certamente alle spalle una biografia moderata. E anche per questo sono stati eletti. Meno Stato (ma meglio), più autonomie Chi ritiene (o teme) che guardare al centro comporti una maggiore moderazione lo fa pensando soprattutto all'economia: contro la sua stessa tradizione la sinistra non può più scegliere lo Stato (assistenziale, coJTotto, paternalista); ma deve scegliere il mercato, le responsabilità, coloro che rischiano, innovano e scommettono, senza ovviamente rinnegare la solidarietà (che comunque non potrà più es ere esclusivamente imposta dall'alto).·

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