Allora io, in piedi nel mezzo di quella cucina, pensai: "Mo1ire". Spesso tale pensiero tornava in me così, suscitato da inezie, misteriosamente. Ogni giorno era utile per ciò che intendevo fare, ma ce ne fu uno che parve specialmente adatto. S'era ai primi d'autunno. Orientandomi sempre più verso la motte, avevo preparato le circostanze, che si disposero via via fino a creare, come di per sé, il giorno opportuno. Poiché a San Pellegrino abitava soltanto la parte femminile e infantile della famiglia, avevo scritto a Nello di venir su, pensando che la presenza di un uomo avrebbe servito in una confusione e in una disperazione che io potevo immaginare, pur senza freddezza, attraverso uno stralunato dolore. Nello arrivò con la corriera verso le cinque di quel giorno. Sergio e Max lo attendevano a glotia; egli non deluse l'aspettativa; conoscendo il difetto che ne avevamo, giunse carico di vettovaglie. A causa della pioggia settembrina mangiavamo da vario tempo ticotta e castagne; quell'opulenza fu accoltaconallegriaecordialità; tutta la mia gente e anche le tre figlie di Abramo si riunirono intorno al tavolo di cucina dove erano stati deposti in trionfo vini, polli e dolci. "Stasera gran festa", gridava Sergio tentando invano di circondare con le braccia la nostra cuoca che è molto grassa. Ella sorrideva girando gli occhi; una lustra dignità emanava dalla sua faccia rotonda; Sergio non riusciva a smuoverla; simile a uno zefiretto intorno a una montagna, egli folleggiava intorno a lei; e lei, piantata dritta vicino al cameriere, sembrava ci guardasse con la soddisfazione un po' ironica di colei che a lungo fu dimenticata e che un improvviso giuoco di vicende ha 1iportato nella sua lu_ce;ella era tutta un rimprovero e tutta una promessa. Il cameriere, il benefattore, piangeva. Rimasto solo tanto tempo nella deserta casa di città, ecco si ritrova fra noi; si teneva in collo il biondo Max ("ah, non pare un bambino Gesù?"); aveva coltivato durante dei mesi l'orto e sorvegliato il pollaio, per questo momento ("ah troppo caro") di vederci intorno al tavolo dovizioso, e i suoi occhi cercavano gli occhi di Max il quale però, non apprezzando affatto il cibo, applaudiva per pura compiacenza. "Restate a cena anche voi," disse mia madre alle tre figlie d'Abramo, che in un balenare quasi roteante di sorrisi, di rossore e di sguardi presero a schermirsi; e mia nonna, la più contenta di tutti, insisté: "Ma certo! Ma sicuro! Ma come no! quest'occasione ...". E la severa Telene rise anche lei sotto la candida cuffia, e accese la luce e in mezzo al giocondo parla.reche scorreva intorno al tavolo, con qualche trillo più alto di Sergio e qualche nota più grave della cuoca, in mezzo alla meravigliosa innocenza di quel discutere, di quel festeggiare, una straziante pietà mi travolse un attimo. Poi il mio essere decadde; giunsi alla sera, trasognata. La presenza delle figlie d'Abramo portò una variazione nell'ordine dei posti a tavola; in genere io sedevo fra i miei due bambini, ma quella sera ebbi Max di fronte. Egli s' astraeva dalla compagnia, intento a dispotTe nel suo piatto la cucchiaiata di riso, grano per grano, in un disegno circolare, l'un circolo dentro l'altro. "Mangia, tesoro," gli diceva mia madre. "Mangia, idiota," gli diceva Sergio, più del solito bello e ridente. E la figlia d'Abramo disse: "Mangerà il pollo, non è vero, . ?" ca.nno .. Allora Max, sollevando le lunghe ciglia, promi e: "Mangerò il pollo". Infatti, all'arrivo del pollo si esaltò, volle servirsi da sé, prese un'aletta, divenne rosso, gli brillarono gli occhi. "Caro, amore!" dicevano tutte, e lui trepidava, fiero di mostrare che avrebbe mangiato, che era come gli altti anche lui. Quand'ecco mia madre disse: SCRITTRICI 63 "Immensi, magnifici davvero questi polli!". Nello, che se n'andava a rifornire il vassoio, si soffermò sull'uscio e si volse. "Non sono polli, signora." Poi, con un sorriso furbo, aggiunse: "Sono le oche". Vivamente gli feci segno di tacere, ma l'animazione era troppo grande perché risultasse un cenno clandestino. Il mio cuore, già turbato, si sgomentò. "Davvero?" esclamava mia nonna. "Che meraviglia! Pensare, era.no così piccole ...". Guardai Max. Aveva alzate le manine con le dita tutte aperte; pallidissimo fissava le bestie arrostite. Con un tremito sputò il pezzetto di ca.me che aveva in bocca e girò attorno lo sguardo. Contemplò tutti, uno ad uno, mentre tagliavano con il coltello e masticavano le oche, poi aggrottò la fronte come neLl'otTOre.I suoi occhi si smarrirono, vacillarono a destra e a sinistra: incontrarono i miei. Mi parve che s'aggrappasse a me, che se non avesse tt·ovato il mio sguardo sarebbe rimasto leso per sempre da quell'impressione di spavento e di solitudine. Ci guardammo a lungo, a lungo. Poi io m'alzai, ed egli imitò i miei gesti. Credettero gli altri che lo accompagnassi un momento di sopra? Ci la.sciarono andare senza chieder nulla, fingendo di non avvedersene. Gli misi il cappottino, la sciarpa, il berretto: bisognava uscire, esser prop1io soli. Ci tt·ovammo nelle tenebre, costeggiando il rumore del fiume invisibile. Max mi stringeva. la mano, ogni tanto domanda.va: "Ci sei mamma?". Io 1ispondevo: "Sì, sì, ci sono". Lettera internazionale Rivista trimestrale europea Edizione italiana La sfida della complessità Edgar Morin Mito e realtà della scienza Atla.n, Ca.reri, Feyerabend, Stengers Le tribù bianche dell'Ulster Rian Malan Curdi: un popolo di esiliati Mehmed Uzun La Passione di Reinaldo Arenas Arenas, Cabrera Infante, Goytisolo, Vargas Uosa Testi di Bruckner, Castoriadis, Held, Kott, Manea, Phillips, Ugresic e altri IN EDICOLA E IN LIBRERIA Abbonamento annuo edizione italiana L. 50.000; cumulativo con un'edizione estera L. 100.000; abbonamento sostenitore da L. 150.000 Versamenti su ccp n. 74443003 intestati a Lettera Internazionale s.r.l. via Luciano Manara, 51 - 00153 Roma, o con assegno allo stesso indirizzo.
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