60 SCRITTRICI cameriera lo regge sotto il dorso, mentre iogli passo sopra la spugna, con attenzione a non violare la zona bandita. Poiché non deve affaticarsi, egli s'irrita dell'attività altrui; nei momenti di maggior lavoro ferma le persone e ne reclama l'immobilità. "Smetti." Poi, quando il cameriere che stava sbattendo i tappeti si è seduto con le mani in mano, anche lui si siede con le mani in mano e guarda quello di traverso, sorvegliando se non lo tradisca. Alle volte questa sorveglianza si protrae per ore intere e si estende a tutta la gente di servizio, la quale, inerte su una panca in giardino, contempla la casa, letti disfatti, fornelli spenti, finestre aperte, tutta stralunata. Max ha una specie di repulsione per il cibo. Sergio organizza selvaggi spettacoli al momento dei pasti; avviene che il piccino stupefatto spalanchi la bocca e noi cogliamo il destro per introdurvi un boccone. Se la cosa passa inavvertita, Max è capace d'ingollare anche tre volte di seguito; ma se il fratello o qualcun altro lascia sfuggire un segno di trionfo, un ammiccar d'occhi, un smriso, egli subito torna in sé, ci guarda offeso e costernato, e se non è più in grado di sputare il cibo abusivamente introdotto, è però in grado di piangere fino a darlo di stomaco. Max va al campo di Marte, permano a Sergio, e Sergio ci racconta al ti torno le avventure incorse. Una sera videro i fuochi d'artificio; era unabellaserad'estate. Sergio trovava che i fuochi d'artificio sono più belli delle stelle, mentre il piccino disse pensosamente che però le stelle sono più distinte. Disse così: distinte. Una mattina assistettero all'atte1rnggio di un aeroplano. Gli aeroplani! Le cose che volano! Perché le cose che volano si vedono proprio come le vedono i grandi. Il resto della vita passa all'altezza delle ginocchia altrui, per convulse foreste di gambe e di ruote, e quanto alle amabili facce familiari: due buchi neri di un naso, visto eternamente di sotto in su. Venne una vecchia con gli occhiali, portando un canestro infilato al braccio, scese in giardino. Sergio e Max, dopo averle fatto ala, si posero ai suoi fianchi. La vecchia sollevò dal cesto un canovaccio luminosamente candido, trasse la prima ochetta e la pose a terra. Quella si guardò attorno stordita per la gran luce solatia, poi s'imbarazzò e scosse la coda: sorrise. Era un'ochetta ancora implume, ma con degli occhini lustri, insondabili; la seconda che, sfuggita di mano alla vecchia, si spampanò addosso alla compagna, parve subito un tipo d'allegrona, la cameriera dell'altra. "Questa è un po' più piccina," disse la vecchia, deponendo l'oca terza. E si capì al solo vederla che costei era una di quel le creature sul le quali un tragico destino, chi sa perché, pesa. Nei giorni seguenti si osservò fino a che punto essa non sapeva vivere; e c'era un garbo infantile, quasi accorato, nel suo costante sbagliare. Si faceva prendere di sotto il becco ogni preda, guardandosi poi attorno smarrita, ma senza rancore, come trasalendo, mentre le due compagne smaliziate e sguaiatone se la lasciavano a tergo. La sua legge consisteva nell'imitare le sorel le; ahimè, che vale quando c'è una sola lumaca da prendere, ripetere il gesto di chi l'ha bell'e acchiappata? Poiché la vita è crudele, un clima d'irrisione si venne formando intorno all'oca minore. "Stupida! Cretina!" le diceva Sergio, non perdendo l'occasione di sfogarsi in quei gioiosi epiteti, che l'umanità adulta accortamente proibisce ai nuovi arrivati. "Dov'è il signorino grande?" "A scuola." "E il signo1ino piccolo?" "Con le oche." "Da quando ci sono le oche," dicevo io, "Max passa le mattine prop1io tranquillo." "Che fortuna queste oche," soleva dire mia madre. E mio marito appena tornato a casa, già nell'.appendere il cappello, diceva: "Max, carissimo, stanno bene le oche?". E Sergio nell'uscire: "Salutami le oche, amico!". E a tavola, quando entrava Max, tutti a ridere: "Ecco il guardiano delle oche!". Fenomeno d'insipienza collettiva, che forse non avrebbe avuto mai fine, senza un delitto. Non potendo uccidere noi, Max si scagliò contro le oche. Tentarono di volare, le bestie implumi, ed io al soccorso: e fu mentre lo raggiungevo che il piccino lanciò il sasso fatale, quello che doveva cogliere nel segno. Una delle tre oche dette una specie di grido, poi tentò ancora la fuga, ma non poté: sanguinava. Io la raccolsi nel cavo delle mani e la mostrai a Max. Avvenne allora un lungo silenzio, e nel tacere del bimbo chino sulla sua vittima, passò il senso d'un irrimediabile. "Amore, dormi." Gli occhi alla lampada, velata in un angolo, Max sembrava pensare. "Oh lodoletta senza le piume collana rosa, chicco di pepe, bimbo mio dolce, olio sul lume, oh biancospino sulla mia siepe! Ramo d'ulivo, smeraldo, amore, consolazione della tua mamma, su fai la nanna, la nanna, la nanna ... oh specchio di candore oh parola di magìa, poesia, oh poesia, oh bacio dato in una mattina di primavera oh bacio della sera oh bacio profondo, tu sei tutti i baci del mondo, tu sei il bacio e la carezza oh tenerezza mia. Tu sei il vento della foresta sei la campana della festa tu sei il campo di grano spigato tu sei la voce del mare tu sei tutte le cose rare, sei quello che avevo sognato tu sei tutte le cose belle tu sei le stelle tu sei il cuore del cuore oh luce splendente, oh delirio d'amore, oh creatura di Dio, mio piccolo niente, bambinello mio!" Ma al di làdella stanza c'era la notte e in mezzo al le tenebre stava l'ochetta: gialla che faceva lume. ,.
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