SCRITIRICI 59 Maria Chiappelli L'OCAMINORE a cura di GoffredoFofi "Linea d'ombra" ha prestato sempre molta attenzione agli autori italiani dimenticati o trascurati, e continuerà a.farlo in.futuro. Il nome di Maria Chiappelli è pressoché sconosciuto ma, il lettore se ne renderà subito conto, non è quello di una scrittrice banale. Pochi scrittori come lei hanno saputo raccontae altrettanto bene l'infanzia o, nei "pezzi" che compongono il volume L'oca minore,i sentimenti di una donna di.formazione e ambiente cattolico-borghesi, mossa tra aspirazioni contrarie alle norme sessiste e condizionanti della nostra cultura e il ritegno, il pudore, l'accettazione di modelli dati-secondo una logica che è stata tipica della nostra società fino a tempi molto recenti. Nella seconda metà degli anni Cinquanta mi accadde di incontrarla una o due volte: si occupava, a Firenze, del comitato di sostegno all'azione di Danilo Dolci in Sicilia. Conservo di lei un ricordo incerto, di donna di attenzioni squisite e però misteriosa e irrequieta, curiosa, generosa. Efitmatrice tra le più accanite che si potessero immaginare ... Fu per questo che lessi, acquistandolo su una bancarella, L'oca minore, e trovai molto più tardi un 'altra persona che l'aveva letto e l'ammirava, Silvana Ottieri, che aveva conosciuto la Chiappelli molto meglio di me. Nata a Macerata nel 1902, morta a Firenze, Maria Chiappelli andò sposa giovanissima a un pittore toscano un tempo molto noto. Pubblicò i racconti de L'oca minore presso Bompiani nel 1940, riprendendone alcuni per Un misterioso racconto (Bompiani 1964). Altri titoli, che non conosco: La stella caduta ( Bemporad 1937) e, in tedesco, pubblicato a Jena nel 1941, Stimmen in der Stille (Voci nel silenzio. Di lei hanno scritto De Robertis, Franchi, Bocelli e pochi altri, e di recente nessuno. Suo figlio Predi, italianista di genio, è scomparso pochi anni fa. Questa storia è più che autobiografica: riguarda un mio figlio. Si tratta di Max, l'ultimo nato, detto Massi a causa di una certa pigrizia familiare di fronte alla x. Costui cominciò col nascere prima del tempo, a otto mesi, e fino ad oggi ha sempre avuto l'aria di voler morire; in principio stava così male che - malsicuri se addormentandoci lo avremmo trovato vivo - vegliavamo a turno sulla sua culla, senza abbandonarlo mai. Questa vigilanza, tesa giorno e notte per due anni, parve il filo su cui la vita di Max si aggrappava, e noi sentivamo, con una specie di superstizione, che a rompere codesto filo si sarebbe perduto il bambino. Forse continueremmo ancora a darci il cambio nelle ore di notte, se non ci avesse investito e sradicato dal suo capezzale la morte del secondo fra i miei figli: quel Giorgio al quale i dottori sorridevano nella visita annua e con uno scappellotto lo manda van via. Eravamo tanto immersi nell'opera di salvezza intorno alla vita di Max, e così trepidi per la vittoria ogni giorno più nostra, che la morte dell'altro, il figlio sanissimo, ci stravolse al punto di sbigottirne come per un'ingiustizia di Dio. Max durante quel periodo aveva la polmonite. Rientrando nella sua camera ebbi il senso del terrore. Non osai andare verso la culla; ferma sulla soglia, ascoltavo. Poi una sua manina alzata occupò la zona del mio sguardo come una stella. Furono riprese le veglie a turno, ma con più calma; del resto con più calma fu considerato d'alJora ogni aspetto dell'esistenza. Una vita esile, pallida e preziosissima si sviluppò così sotto le nostre pupille: il tempo passava, passava nella contemplazione del visino i cui riccioli leggeri doravano l'aria sul guanciale. Max ha oggi quattro anni, e la sua vita, tutta tramata di attenzioni e precauzioni, sembra impossibile vicif\Oalla temeraria salute di Sergio, il figlio nato per primo. Lo sport dà il tono alla vita di Sergio; misurarsi in una corsa, eseguire un salto sono azioni che riguardano chi leéompie e nessuno, anche volendo, potrebbe porgere aiuto; così Sergio si allena quotidianamente a contare sulle proprie forze in modo esclusivo, tanto che il resto dell'umanità acquista per lui il significato anonimo e vagamente maligno di un pubblico. Riguardo agli immediati vicini, ai compagni, o sono rivali o alleati, ma nell'uno o nell'altro caso, la solidarietà o l'ostilità, sono fra loro egualmente esterne e provvisorie. Conviene accettare d'essere umani prima d'aspirare all'eterno; l'egoismo di Sergio è una rassegnazione inconsapevole. Potrei raccontare che (molto di rado, ogni cinque o sei mesi) Sergio, verso sera, solo, in camera sua, si mette a piangere. Se io lo sorprendo diceche ha mal di denti. Non è vero, egli non ha mai avuto mal di denti, ma ha sentito dire che prende la testa e che è doloroso. Allora, provando quell'affanno che gli stringe la gola, gli fa serrare le mascelle e gli dà probabilmente un cerchio al capo, suppone che sia mal di denti. Pure una volta ebbe un sospetto e mi chiese: "Ma cos'è questo ... questo ...". Ed io risposi come non so quale belva al fanciullo smarrito nella jungla: "Niente, mio caro, solo lacrime". Molte cose Max non deve fare; ad esempio: ordine del dottore, non deve piangere. Egli ha capito di non essere come gli altri bambini, di non pqter prendere parte ai giuochi dei coetanei, ha capito che al suo primo singhiozzo tutta la famiglia è conquisa; allora da queste bizzarre certezze trae giornalmente le fila d'una speciale sua realtà; cerca d'inventarsi una vita non meno fantasiosa di quella che gli è negata. "Oggi," annunzia, mentre sta per entrare nella vasca da bagno, "mi laverò tutto, meno questo braccio." E lo dice in un modo compunto, affettuoso, così affettuoso che se una goccia cade sul braccio immune ne è come deluso, scandalizzato; la sua desolazione è grande, piange, il cuore gli batte follemente, diventa pallido, e noi, riunite intorno a lui, sudiamo d'angoscia. L'indomani, quando solleva le lunghe ciglia per avvertirci con non so quale mestizia che laverà tutto, sì, ma non la gamba destra, ci guardiamo smarrite: la nonna lo tiene quindi per le spalle, la
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