58 GIRI D'ITAUA CHERISATE! COVATTAELAMADONNA MarisaCaramella Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana. Mi permetto di scrivere direttamente a questa presidenza per offrire la mia collaborazione in qualità di consulente aziendale, senza aspettarmi in cambio nessuna di quelle generose retribuzioni per cui sono diventati famosi alcuni miei colleghi, e chi li pagava. A me basta salvare l'Italia. E non vorrei finire in prigione in seguito ai soliti equivoci. Anche se il mio consiglio vale certamente più di quelli finora da Voi ascoltati. Si tratta, in breve di questo: Ho notato che, per far fronte al debito pubblico, questa e altre presidenze non hanno trovato di meglio che tentare di aumentare il gettito fiscale. Provvedimento quanto mai impopolare, e che dà scarsi risultati (lo so ben io, che brindo con i miei clienti tutte le volte che portiamo a tennine un'operazione fiscale perfettamente legale, e sono sempre piacevolmente alticcio). Meglio, secondo me, attingere a 1isorse esistenti, alle quali non si è mai pensato. E il mio suggerimento permetterebbe di risolvere parallelamente il problema del pubblico impiego, altra annosissima questione con cui si sono scontrati, o meglio, incontrati, tutti igoverni che ricordo. La invito, signor Presidente, a dare un'occhiata a un libro che ormai da parecchie settimane figura nella classifica dei bestseller, al primo posto. No, non si tratta di quello di Giorgio Bocca, che se seguissimo i suoi consigli staremmo freschi (guardi cos'è successo con la Lega). L'autore del libro si chiama Giobbe Covatta, ma dovrebbero ribattezzarlo re Mida. Tutto quello che scrive si trasforma in oro. Ma non perché la sua penna coli metalli preziosi, anzi. Sono sicuro che anche lui si è rivolto a un ufficio di consulenza tipo il mio, per sapere come sfruttare al meglio le sue risorse. E qui ani va il punto interessante: queste risorse non sono rare. Covatta non è una miniera di uranio. È un pozzo di petrolio: e Lei sa che quando si scopre il petrolio, di solito non si apre un solo pozzo, perché il giacimento sotterraneo è grande, e vi si può attingere ampiamente. Bene, voi ce l'avete sotto gli occhi, il vostro giacimento di petrolio. E non lo sapete. Basterebbe, per scop1irlo, che faceste un giro per gli uffici di qualche ministero, durante le ore mattutine in cui di solito gli impiegati sono presenti e prendono il caffè, e ascoltaste le conversazioni. Le barzellette, soprattutto. Qui, sulla mia scrivania, c'è lo studio condotto dal più brillante dei miei assistenti: dimostra che i vostri impiegati producono in media, giornalmente, almeno una battuta, storiella, aneddoto, imprecazione, inediti. Non sempre è farina del loro sacco, spesso le hanno sentite al bar, o in autobus, o allo stadio, o gliele ha raccontate la figlia che fa le medie, o il figlio del vicino che va alle superiori e non perde tempo con manifestazioni e occupazioni. Ma questo non ha nessuna importanza ai fini del nostro discorso. A noi basta che queste battute, queste trovate, arrivino ai vostri impiegati, e che questi le riferiscano a chi di dovere, invece di tenerle per sé o sprecarle con i colleghi. A questo proposito, suggerirei che non perdeste altro tempo con i tagli alla spesa pubblica o con le proposte di mobilità eccetera, ma che al momento del rinnovo del contratto dei pubblici dipendenti introduceste una clausola obbligandoli a riferire periodicamente ogni arguzia sentita o raccontata durante l'orario di lavoro. Che potrebbe restare invariato, con grande soddisfazione degli interessati. Ho calcolato che lo Stato riuscirebbe, raccogliendo questo materiale, dandolo alle stampe presso una casa editrice fondata ad hoc, naturalmente di sua proprietà, e magari aprendo una rete capillare di librerie che si diramasse fin negli angoli più riposti del paese, dove gli sforzi del libero mercato per ovvie ragioni non giungono, riuscirebbe, dicevo, a far fronte al deficit di bilancio. Sono certo che unendo gli sforzi di tutti gli impiegati dello Stato vincolati al loro datore di lavoro da un contratto che escluda il copyright individuale, e sfrnttando le innumerevoli occasioni di comicità involontaria fomite da parlamento e mondo politico in generale, si arriverebbe a controllare il debito pubblico. Insomma, quello che propongo è un monopolio della barzelletta. E non abbia paura, l'umorismo di Covatta, quello che va per la maggiore, non è pericoloso. È del tipo che un tempo si chiamava da trivio. E che adesso definirei sommariamente da Maurizio Costanzo Show, da Fininvest, per famiglie. li nostro Giobbe se la prende raramente con i politici, almeno con quelli che contano. Per intenderci, spara sulla Croce Rossa: Rosa Russo Jervolino, per esempio. Quando prende in giro un partito, la Lega, per esempio, lo fa coinvolgendo la base, più che il vertice, e subito dopo spara anche sugli oppositori, in modo da non scontentare nessuno. Gli obiettivi preferiti della sua satira sono i libri: la Bibbia, in p1imis,e i I Cuore di De Amicis. Ora, lo scrittore torinese è morto, e i suoi concittadini hanno altro da fare con i licenziamenti Fiat che non preoccuparsi del buon nome della loro città, quindi, da questo lato, nessun problema. Più delicato è il discorso sulla Bibbia e sui Vangeli. Ma Covatta concentra i suoi sforzi umoristici sulla Madonna e Gesù Cristo, sui patriarchi e sui santi: tutta gente morta. li Papa, CL, i difensori della vita li lascia saggiamente in pace. E poi, sappiamo che il nostro Pontefice, pur accusato di integralismo da alcune teste calde, non è certo Khomeini. Se gli toccano il Libro Sacro, invece di invitare i cattolici sparsi per il mondo a braccare il colpevole e tirargli, che so, almeno uno schiaffo, mette in pratica una filosofia assai più agile e moderna, che è un po' anche quella della mia agenzia di PR annessa a quella di consulenza aziendale: meglio che se ne parli, del prodotto che si vuol vendere, meglio che se ne parli male piuttosto che niente. Più si citano Madonne e santi, più questi diventano popolari. E poi, Covatta ha un pregio: li presenta, i santi, le Madonne e i Gesù Cristi, in veste assai umana, intenti a imprese (atti sessuali, per lo più) che tutti compiono, a comportamenti che sono quelli della gente comune. Il processo di identificazione è più facile, in questo modo: i personaggi sacri non sono più astrazioni lontane, diventano compagni di strada, figure familiari. Lei obietterà, leggendo il libro, che si potrebbero avere rogne dalle minoranze, che sommate insieme diventano maggioranze. Non si preoccupi, qui siamo in Italia, mica in Ame1ica: la con-ettezza politica è ancora un'espressione sconosciuta, e donne, marocchini, bambini, meridionali, drogati, negri, handicappati, zingari eccetera, anche se an1111ontanoa un buon numero (le sole donne sono più del cinquanta per cento della popolazione, come Lei sa), non contano un accidente da noi, si è visto. Anzi, spesso ridono spiritosamente della letteratura che le prende in giro, e si applaudono a vicenda al Maurizio Costanzo Show. Nessuna rappresentazione grottesca di questi gruppi ha mai scandalizzato nessuno: gli spettatori passano dal riso al pianto all'applauso con una facilità che tradisce il sollievo di non essere al loro posto. E non c'è nemmeno da temere che l'umorismo del nostro Giobbe sia difficile da intendere: il suo linguaggio è chiarissimo, quando inventa qualcosa (di rado), subito lo traduce, lo spiega, quando usa paradossi, li fa così paradossali che anche un cretino li capirebbe. Senta qua: " ... il ripetente Paganini Nicola ... era stato bocciato un sacco di volte, aveva ottantanove anni". Chiaro, no? Come si fa a non ridere? Pensi, ottantanove anni, alle elementari! Ah ah!
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