Linea d'ombra - anno XII - n. 89 - gennaio 1994

4 TRAUN'ELEZIONEL'ALTRA --~----------------..] GLI ELEffORI TI VOGLIONO. SINISTRA, SEI PRONTA? LuigiBobbio All'indomanidelleelezioni un runico inglese mi dice scherzando: "Are you readyfor power?". Con le stesse pai·ole -mi assicura - il primo ministro inglese LLoyd George apostrofò nel 1919 i dirigenti sindacali dei minatori, dei trasportatori e dei ferrovieri, per dissuaderli dall'indire uno sciopero che avrebbe avuto profonde conseguenze destabilizzanti. E com'è noto, in quell'occasione la sinistra inglese dovette riconoscere di non essere pronta e non prese affatto il potere. Nell'Italia di oggi quella domanda ha un suono di verso. Che sia pronta o no, la sinistra è ormai alle soglie del governo. A meno di clamorosi (ma non per questo impossibili) errori, nella primavera del l 994 si compirà quello che non era mai avvenuto nei 47 anni di storia repubblicana (né tantomeno nei precedenti 85 anni di stato unitario). Una "prima" assoluta, quindi, che si faceva attendere da più di un secolo e che mi dà - devo ammetterlo - una certa eccitazione. ls the left ready? Di fronte a questa svolta così a portata di mano la sinistra dovrebbe evitare di montarsi la testa equivocando il senso del mandato che sta ricevendo dagli elettori. Ma dovrebbe anche evitare di montarsela troppo poco. Tutto sta a capire che cosa è veramente in gioco; di quale natura è la forza irresistibile che la spinge là dove non era mai arrivata. Un aspetto deve essere chiaro: la vittoria dei sindaci di sinistra non è stata determinata da uno spostamento a sinistra degli elettori. Così era avvenuto nel 1975, non ora. Quel 55% circa di Rutelli & C. si spiega con due altre circostanze. La prima consiste nel fatto che la dissoluzione del centro ha lasciato in libe1tàelettori potenzialmente di sinistra che finora erano rimasti ingabbiati nella Dc e nei patti ti laici. Quante volte ci eravamo detti che l'unica speranza della sinistra era il tracollo della Dc? Ora il tracollo è avvenuto e )a sinistra ne raccoglie prevedibilmente i frutti. Ma i voti che le aITivano sono il prodotto di un mutamento dell'offerta, non della domanda. È importante non dimenticarlo. La seconda ragione risiede nella divisione della destra. Non si tratta di un fatto accidentale. Non è una coincidenza fortuita. Bisogna capire infatti che la disfatta del regime è stata prima di tutto una disfatta del la destra. I governi degli ultimi cinquant'anni hanno preso il nome di "centro", "centro-destra" o "centro-sinistra", ma dal punto di vista dei programmi e dei referenti sociali in qualsia i altro paese ~uropeo sarebbero stati chian1ati semplicemente "droi te" o "right". E quindi ~el tutto naturale che la fine del regime ponga soprattutto probletru a quella patte politica, di cui si affermano per ora (e non a caso) soltanto le componenti estranee al vecchio regime. Ci voITà del tempo per amalgan1are il tutto e rimettere insieme leadership reciprocamente incompatibi I i.Tanto più che la divisione delladestraèanchegeografica: una parte è solo al Nord, l'altra è solo al Sud; mentre la sinistra è dappe1tutto. Come succede in qualsiasi giudizio universale, si è verificato un vero e proprio contrappasso: gli "eternamente divisi" (ossia la sinistra) si sono uniti, gli "eternamente incollati assieme" (ossa il centro democristiano e affini) sono andati in pezzi. L'arte di coalizzarsi Il politologo Renato Mannheimer ha detto più o meno le stesse cose sostenendo che è stata premiata non tanto la sinistra in quanto tale, quanto la capacità di coalizzai·si (che la sinistra ha avuto e la destra no). Nei sistemi tendenzialmente bipolai·i l'unione fa la forza perché gli eletto1i in posizioni estreme non hanno possibilità di uscita (nel sistema proporzionale succedeva invece spesso che le coalizioni venissero punite dagli elettori marginali dei partiti coalizzati). Ma la parola coalizione non evoca soltanto valori positivi. Il passato regime ci ha insegnato che coalizione può significare anche lottizzazione, spartizione, litigiosità, mediazione estenuante. Il martedì successivo alle elezioni incontro un giovane diii gente di Rifondazione comunista. È raggiante. È assolutainente convinto dell'unità a sinistra senza preclusioni. Ci vuole soltanto -aggiunge - un accordo nazionale per la ripartizione dei collegi e che nessuno pretenda di impoITe a Rifondazione comunista i suoi candidati. Capisco i problemi di quello specifico ceto politico, che trovandosi in una posizione oggettivamente mai·ginalenell'eventuale coalizione, rischia di affogai·vi senza lasciai·e alcuna traccia. Ma questo è anche il modo più sicuro per guastare tutto. Le elezioni dei sindaci non hanno soltanto mostrato che la vittoria è a portata di mano, ma hanno indicato un metodo per raggiungerla. Che è quello di lasciare ape1te le differenze, di non soffocare o stingere le identità, ma nello stesso tempo di far capire che qualcosa di comune esiste davvero. Ciò è stato realizzato attraverso la scelta di candidati che fossero in grado di garantire tutti (ossia: un progetto) senza garai1tire nessuno in patticolare. Coalizzai·si è un'aite ed è un'arte difficile. Richiede un'intenzione federativa che implica vincoli fortissimi su alcune questioni e autonomie altrettanto forti su altre. Basta capire -e non è facile - che cosa stringere e che cosa allentare. I collegi uninominali saranno 707 (475 per la Camera e 232 per il Senato). Sarà in grado la sinistra di trovai·e 707 Sansa? o 707 Cacciati, Orlando, ecc.? Saprà resistere quando occoITealle pressioni (pienamente legittime) di ex-pai-Iamentai·io di funzionari di partito? Saprà preferire l'appartenenza ideale comune alle appartenenze organizzative separate? Saprà trovai·e le procedure giuste? Su questi aspetti insomma la sinistra è pronta? Francamente non lo so, ma dalla loro soluzione molto dipenderà se le elezioni politiche saranno una replica delle elezioni comunali e non una loro smentita.

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