FrancaFortini.Fotodi FulvioForassni o. lascerebbero a desiderare; si preoccupano invece di percorrere iI nostro secolo letterario, italiano ed europeo, decennio per decennio a partire dalla fine degU anni Venti, segnalando i libri amati visceralmente e scelti sempre secondo l'estro e il gusto dei due poeti. Si ingannerebbe altresì chi volesse scorgere nella disposizione aperta e amichevole degli autori al recupero memoriale di eventi letterari, una ideale storia della letteratura italiana novecentesca. Prive come sono di prospettazioni asettiche, le interviste offrono a lettura ultimata una storia letteraria, sì, coinvolgente, fatta di letture privilegiate e personali, di selezioni del gusto, di amichevoli meditazioni intellettuali, ma tutt'altro che sistematica e obiettiva. Il ricordo dei libri amati non tralascia neppure le letture infantili, spesso incontrate per puro caso. Curiosamente, Fortini racconta di essersi imbattuto a dieci anni in un libro "ridicolo" di EliphasLévi,/l rituale della magia, scritto negli anni del Secondo Impero da un prete spretato, amico di Baudelaire e letto anche dal giovane Rimbaud, che univa alle fantasticherie magico-alchimistiche una visione del mondo scientistica e saintsimoniana: "Quella che mi perveniva era eco del 'tempo dei profeti', intorno al 1830, e poi dello spiritismo orientaleggiante del primo ventennio del Novecento (fino a Tagore) di cui, come avrei saputo solo verso i miei vent'anni, tanto forte era stata la presenza a Firenze". Così una reliquia della memoria apre un varco sulla ribalta artistico-letteraria e su letture condivise da una stessa generazione letteraria. La crestomazia fortiniana continua, ponendo di fronte al lettore amori filosofici, politici e letterari. Fra questi ultimi Dante, Shakespeare, Proust, Simone Weil, Whitman, motissimi scrittori russi ... Il pregio principale dell'opera sta prop1io nell'utilità di quel registro domestico, che unifica tanti giudizi letterari e che per qualsiasi lettore può rappresentare una bussola utilissima a orientarsi nel dedalo di letture che le case editrici immettono sul mercato in questi ultimi anni; i difetti (veniali, per la verità) sono invece la condiscendenza dell'intervistatore, Paolo Jachia, che GIRI D'ITALIA 57 avremmo voluto più malizioso nello stimolare Fortini e il desiderio nel lettore di ricordi generosi e avvolgenti di amici, ricordi capaci di gettare luce su figure personalmente conosciute, su circoli culturali frequentati, di offrirci con apparizioni anche fugaci una fulminea scorciatoia critica. Nell'opera di Luzi l'intervistatore, il poeta Mario Specchio, incalza invece in modo continuo l'amico Mario, sospingendolo su itinerari analitici e puntuali. Molte interessanti pagine affrontano (a cominciare da "Frontespizio") la storia delle riviste letterarie, che videro la partecipazione di Luzi, delineando nette coordinate geografiche e politiche dei circoli culturali a lui affini e fanno luce sulle influenze delle parallele esperienze europee e americane: "Effettivamente sì, era un'epoca di appropriazioni coraggiose e insaziabili, fra Poggioli dagli slavi, Traverso dai tedeschi, dai greci e poi Baldi dagli inglesi, Bo dagli spagnoli, poi venne Mac1ì...". Le notizie sui traduttori divengono di primaiia importanza, quando la testimonianza è, come in questo caso, diretta, perché ci consente di ricostruire quel reticolo, altrimenti sommerso, di canali di diffusione delle pubblicazioni straniere e di anticipare talvolta di vari anni la conoscenza di un'opera in un determinato circolo intellettuale, prima che le stampe ne abbiano consentita lapubblica lettura in versione tradotta. Non a caso uno dei passi più interessanti di Fortini riguarda proprio la descrizione della Milano degli anni '45-47 e dell'ambiente culturale che ruotava intorno al musicologo Ferdinando Ballo: "A buona parte della letteratura degli anni di Weimar, tedesca o austriaca, che vent'anni più tardi sarebbe diventata miniera a cielo ape1to per le edizioni Adelphi, la Milano intellettuale era introdotta; anche perché Lavinia Mazzucchetti e Mino Castellani consigliavano e traducevano". È un aspetto interessantissimo, quello del raffronto fra letture comuni a Fortini e Luzi. Ne sia un altro esempio il comune interesse per i temi di carattere filosofico-religioso che li avvicina ai testi dei Padri della Chiesa, dei mistici trecenteschi, di Lutero e, in ambito contemporaneo, di Nietzsche, Goldmann, Bernanos; stesse letture che segnano percorsi antitetici: il battesimo nella Chiesa valdese e, in seguito, la critica al protestantesimo in Fortini, il fascino trascinante della caritas paolina di Luzi. Il dio nascosto di Goldmann, poi, viene letto da Fortini "soprattutto come una proposta di interpretazione del marxismo", per Luzi come disquisizione sul senso del tragico inconciliabile con il pensiero razionale dell'illuminismo e poi del mai·xismo: "Anch'io - dice Luzi - ho dovuto render ragione di questo: in Histrio la vera tragedia è lamancanza di tragico che è, come dicevi tu, passione che travalica la volontà e la ragione e porta alla chiarezza, ma anche allo scontro, porta a tutti questi turbamenti, alle torbidezze dell'anima. Questo discorso di libertà, che è un discorso drammatico, è potuto riaffiorare forse ed essere ripreso, ma solo con la consapevolezza che i fondamenti occulti, oscuri della necessità classica, non erano più attuali". Due percorsi di lettura con molti punti di contatto, seppure con esiti tanto diversi sul piano della recezione individuale e questo perché, tutto sommato, una considerazione simile accomuna idue poeti: "I libri-dice Fortini - non basta averli e leggerli se non c'è una realtà di esperienza che ci permetta di intenderli"; "Sono incontri [quelli con i libri] -dice Luzi-che spesso avvengono a un momento determinato da esigenze personali". Per avere un incontro felice con un libro, questa dunque la comune conclusione, serve una predisposizione intima ali' approccio.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==