Linea d'ombra - anno XII - n. 89 - gennaio 1994

sifilide. Se Inessa fosse già esistita ai tempi di lnessa, non ci sarebbe stato problema. Comunque ammetti che nella Russia post-comunista il nome è piccante. L'ha inventato il tuo umile servitore." L'umile servitore corse davvero in America. E spari. Mi mandò soltanto tramite Santina lo splendido volume Petersburgieri e oggi, edito a Mi I ano, al quale la ditta allegò di suo, quale omaggio, un pacco di dodici pezzi del proprio prodotto. Mi divertì la crocetta stilizzata su ogni bustina. Gogolev passò in America, principalmente a Cleveland, più di un trimestre. Là si convinse che gli americani erano indiscutibilmente i primi anche in quel settore dell'industria leggera (molto leggera) e con il proprietario della fabbrica Glamour, Pat Macpherson, firmò un accordo di joint venture. Gli americani dovevano fornire a Kaluga macchine speciali, nonché iniziare i russi al segreto dell'estrazione di una gomma fine e "resistente al fuoco" (espressione piuttosto oscena per lo slogan "fireproof') perfino dalle materie prime più rozze. Kal uga, è ovvio, offriva mano d'opera a basso costo. Presidente del la società divenne Pat Macpherson, suo vice Gogolev. li contratto prevedeva che in caso di decesso di Macpherson, il suo scranno presidenziale passasse a Gogolev, e in caso di morte di Gogolev il consiglio d'amministrazione a Kaluga scegliesse il suo successore russo. I guadagni della vendita di Inessa (in tutto il mondo) dovevano essere divisi a metà, mentre Glamour limitava la propria vendita e i propri esclusi vi guadagni all'America. Poco dopo la firma della joint venture si unì alla transazione Santina, che inizialmente intendeva cambiare il proprio nome con In Essa, ma fece rapidamente marcia indietro avendo appurato che laChiesa, sotto l'influsso della crescente minaccia dell' Aids e della soverchia abbondanza riproduttiva nel Terzo Mondo, considerava sottovoce la possibilità di ammorbidire la propria posizione riguardo ai mezzi antinfettivi e anticoncezionali artificiali. L' Aids, del resto, indipendentemente dai calcoli sul cambio di atteggiamento della Chiesa, aveva causato un vero, generale boom nel settore di cui si parla. Per siglare lo sposalizio di Glamour e lnessa Gogolev invitò Macpherson in Russia, come forma di restituzione dell'ospitalità. Anche il produttore americano trascorse in Russia, soprattutto a Petersburg e a Mosca, più di tre mesi. Del suo soggiorno mi riferì (purtroppo è difficile dire "mi raccontò") Gogolev a Trieste. A Trieste? Sì, al mancato autore del libro Proust e Svevo, nel ruolo di futuro milionario, venne ad un tratto il desiderio di conoscere la città natale dello scrittore italiano. Fui di nuovo suo ospite, questa volta nell'hotel a tre stelle Ulisse, che portava quel nome in omaggio al grande irlandese un tempo professore alla scuola triestina di lingue Berlitz. La relazione di Gogolev, dopo un preliminare tanto lungo da mettere alla prova la capacità d'attenzione del lettore, porterà fmalmente in scena il personaggio del titolo. Non senza, però, una digressione su Trieste. Per la seconda volta ero inquella città e per la seconda volta mi commosse la sua atmosfera centro-europea, intessuta di radi motivi italiani. Gironzolai con Igor senza meta, entrammo in piccole osterie poco pulite, dove (come indicava la scritta sul vetro "Oggi trippa", proprio come dalle mie parti natìe) si poteva mangiare una porzione di trippe e bere un bicchierino di vodka con un pezzetto di aringa d'accompagnamento. Ci sedemmo nei cosiddetti caffè eleganti, poco simili ai caffè romani o milanesi, che nell'intonazione delle risa e dei discorsi, nell'aspetto delle donne e nel gesticolare degli uomini parevano saturi d'aria di Vienna, di Cracovia, di Leopoli. Lo percepì anche Igor, in modo puramente letterario: era un eccellente conoscitore di tutto ciò che aveva scritto Svevo. Ed è un fatto che chiedesse in qualsiasi occasione dello scrittore triestino, ma senza troppo ardore. Era ormai immerso nel "business" fino al collo. Lo affascinarono solo le catene appese fra i paletti lungo la strada nell'eventualità dell'arEST,LONTANO EVICINO 45 rivo delle raffiche di bora; conveniva allora agguantare quelle catene senza indugio per evitare un volo sulle ali della bora nell'aldilà o perlomeno nell'ignoto. A Igor era rimasto dalla scuola il concetto di "vento della storia", credeva che da non molto soffiasse sul serio, ma temporaneamente con forza limitata. "Si leverà un giorno una bora tale che il mondo non si rimetterà più insieme, si spezzeranno ovunque le catene. Intanto bisogna fare i soldi, che sono l'unica salvezza." Infine la storia che dal primo momento si preparava a tirar fuori in mio onore lo strinse all'angolo nel salone dell'Ulisse, accanto ad una bottiglia di cognac. "Mi han detto che voi polacchi avete inventato per la Russia l'appellativo Orso, che bisogna strapazzare finché è debole e che non va stuzzicato quando è nel pieno delle sue forze orsine. Non ti offendere; è proprio una scemenza, l'Orso momentaneamente debole è più pericoloso di quello forte. Ma non sono affatto certo che il nome venga davvero da voi polacchi. In fin dei conti esiste RussianBear, OrsoRusso, Ours Russe. In un modo o nell'altro ci si è appiccicato addosso un carattere orsino nazionale (e imperiale) i I quale dona alla mia storia, vera da cima a fondo, un singolare sapore di metafora ovvero di simbolico compendio dell'epoca dei nostri fatti. Prima portammo Macpherson a Kaluga, per mostrargli il palazzone del Comitato Distrettuale di Partito i cui grossi e solidi muri dovevano accogliere ed ospitare dopo un mese le macchine americane assieme agli istruttori americani. Gli presentammo anche il personale da noi assunto: centocinquanta operai e cinquanta impiegati dell'amministrazione aziendale. Lo stupì in verità tale proporzione, ma lo tranquillizzò l'assicurazione che col tempo le macchine avrebbero iniziato ad assottigliare il numero di operai. 'E la burocrazia aziendale?'. 'Quella per un bel po' non la tocchiamo, in considerazione della necessità di mantenere buone relazioni con i pur sempre potenti ex funzionari di partito.' Dubito che avesse capito la nostra specificità post-comunista, l'essenziale tuttavia era che fece cenno con la testa, annuendo in segno di assenso. Da Kaluga lo portammo prima a Petersburg (quale mia città natale), e poi a Mosca. Venne la volta della dolce vita1 russa, in risposta ai piaceri e alle attrazioni americane. Non credeva ai suoi occhi, accompagnato sui sentieri della Russia ricca, presa dalla furia di godersi la vita, la RussiaMilionaria2 , come direbbe il vostro drammaturgo napoletano De Filippo, un paese che, a un passo dalla povertà, anzi dalla miseria, si rimpinzava do otkaza, fino a dire basta, di cibi prelibati, inghiottiva come acqua alcoolici di prima qualità, si immergeva nella dissolutezza senza moderazione né vergogna. Macpherson prese gusto infretta a quegli incanti dellajoint venture. A volte mi venne il sospetto che in America si fosse fatto inserire, pagando salato, un altro stomaco e un'altra vescica. Diventò insaziabile e volgare. Dal mattino alla sera era, se non ubriaco, molto allegro. Non faceva caso alle ore dei pasti, mangiava quasi senza sosta. Dopo due mesi divenne un Gargantua americano. Si gettava subito su tutte le ragazze (carine del resto) che gli passavamo da scegliere. 'Non ne lascio andare nessuna, non ho l'abitudine di scartare', strillava con un gracidìo insulso, spiegandoci con quel gracidare che verificava così la qualità del suo prodotto Glamour. 'In fin dei conti lavoro sodo', si giustificava con l'espressione seria. Così, alla fine, proprio gli eccessi erotici stroncarono quel corpaccione famelico. Lo trasportammo ad una clinica moscovita con un infarto leggero. Tre giorni dopo era già pronto, fresco fresco, a lasciare la clinica. Andai da lui la sera con una bottiglia di vodka secca. Bevemmo un paio di bicchierini, si fece di colpo sentimentale e mi rivelò il sogno più grande della sua vita. Aveva cioè un innato estro di cacciatore, e non era mai riuscito a soddisfarlo on a high socia! leve!. Aveva cacciato robetta, una spe-

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