40 CINEMA E RADIO Grasso, per quanto suggestionato dal la petformance registica del la Guerradeimondi) 49 . Laspessocitataintuizionedell'avereunoche si accomoda in poltrona e dice "Ecco come sono andati i fatti ..." sottolinea come l' intimjtà della voce dello stesso Wel les diviene la chiave, ad esempio, di First Person Singular5°. Eppure, quello che a prima vista pare non essere altro che un programma dal titolo assolutamente egocentrico, si dimostra piuttosto una sottile stratificazione di devices coerenti che ruotano intorno ad una prima persona narrante (stream of consciousness, diari, lettere)51 • È l'efficace voce di Welles, ricca del background teatrale e del formidabile know-how radiofonico (diviso tra scienza, tecnologia e geniale artigianato), e missata con le musiche di Bernard Herrmann (autore che, per quanto agli esordi, meglio di altri interpreta la funzione narrativa della musica), a produrre grandi risultati52 • A ciò si aggiunga che in un non del tutto pacifico regime commerciale in cui è il formato ciò su cui si sperimenta maggiormente 53 , il formato stesso diviene il nesso tra un programma e l'altro, struttura profonda della radio, la sua anima. E Orson Welles arriva letteralmente a incarnarla; scrive Gilbert Seldes: "Orson Welles creò una serie in cui l'elemento ricorrente era lui stesso nel ruolo del]' attore principale e del 'narrator-in-character' di ogni show"54 • In definitiva, First Person Singular "offriva ciò di cui la radio aveva bisogno in quel preciso momento: una nuova sonorità da mandare in onda, un nuovo ritmo (di trasmissione), e un senso tangibile di attenzione vigile nei confronti del medium stesso"55 • 10. La presenza "fo1te" del narratore accentra su di sé e sul proprio esserci, "qui e adesso", l'attenzione. Come hanno sostenuto in molti56 , la radio investe sul presente, là dove tutto nel cinema esiste piuttosto al passato: "Lo schermo è anzitutto significativo quale medium di fiction: radio e televisione quali media difact. I nostri miti sono fabbricati a Hollywood, la radio è l'oracolo moderno" 57 . Essa dischiude la realtà dell'immaginario attraverso analoghi percettivi - musica, suoni, parole - che non hanno valore in assoluto, quanto piuttosto perché fanno emergere i fantasmi della coscienza. Ma se fiction c'è, in abbondanza, nella radiofonia wellesiana, pure è fortissimo iIsenso delfact, il presente dell'istanza narrativa della voce di Welles (rafforzato a volte dal frame dell' announceredello sponsor) e lapotenza della signature. Lo si è detto: il forte senso del presente, "il senso, combinato, di avventura e destino, il rumore del cellophane mischiato all'eco della tromba del giudizio universale nella voce portentosa del1' announcer" resero il programma eccitante58 , soprattutto in relazione allosfondo di aspettative degli ascoltatori dell'epoca, costruito, come sostiene Seldes, su una certa gerarchia di voci oracolari: "In cima vi sono quelle che annunciano guerra e caos, e al fondo si trovano le sibille velate, Big Sister e Aunt Jenny, che danno conforto e consigli, una guida alla vita"59 • La voce e i personaggi di Orson Welles, che ha sempre pensato alla radio come medium narrativo più che drammatico, si stagliano dunque contro un panorama di mediocri daytùne serials, travolgenti comedians, quiz dilettanteschi, coniugandosi piuttosto con le invenzioni che lo stile documentario della presentazione e della drammatizzazione dei fatti, fissato ali' origine da The Marcii ofTime, consente. E con un mai troppo dissimulato celato senso etico-politico. 11. Come sottolinea Sarris, l'attività radiofonjca di WeUes nel suo complesso non va esente da momenti di scarsa ispirazione. Certo, Welles deve aver creduto molto nella radio, a giudicare dalle foto di repertorio che lo ritraggono in studio, al microfono, per Iopiù serioso e accigliato, compreso nel ruolo; oppure da quella fine immagine verbale di Paul Zimmerman, di "Newsweek", che recensisce il Welles degli esordi ritraendolo "in piedi di fronte al microfono quasi fosse uno specchio"60 , singolarmente simile alla metafora proposta da Chion, relativa al piccolo Welles delle marionette, a quel seminale "stadio dello specchio" in la cui voce ritorna come "voci degli altri, frammentata nello specchio della rappresentazione che si regala"61 • È probabile che l'autoironia - con radici nei parafernali da mago da avanspettacolo - lo abbia comunque salvato da cadute (di tono) troppo pesanti, sicuramente attutite dall'utilizzazione della maschera "Orson Welles" che consente amplissimi spazi di manovra e non-coinvolgimento 62 • Certo è che l'eredità di Welles si mantiene tanto più viva làdove, come in radio, il senso interattivo, di partecipazione e il potere di suggestione restano quasi inalterati (essendo legati alla struttura comunicativa del medium), a dispetto diframes e disclaimers, e a dispetto del tempo che, si dice, per le voci non passa quasi. Ho un esempio da offrire, su cui concludo: non più tardi di un mese fa, la BBC ha programmato repliche di The Black Museum, introdotto da un Welles quasi-corrispondente estero a Londra ["Orson Welles from London"]: "li Black Museum è un deposito di morte. Lì, nella tetra struttura di mattoni sul Tamigi che ospita il magazzino dell'omicidio di Scotland Yard [si possono trovare banali oggetti del quotidiano, una foto, una statuetta, etc.] tutti toccati dall'assassinio". In coda al secondo episodio, trasmesso lo scorso 23 settembre, uno speaker (imbarazzato?) della BBC ha letto il seguente annuncio, che lascio a voi senza ulteriori commenti: "Le storie di Orson Welles dal BlackMuseum si basano su reali fatti di vita, ma vorremmo ricordare che la serie non è da mettersi in relazione in alcun modo con il Museo del Crimine di Scotland Y ard a Londra. I suoi curatori non sono in grado di organizzare visite né di rispondere a ulteriori richieste di informazioni o altro. Così le sole visite museali di questa particolare natura sono visite dell'immaginazione al Black Museum. Qui su Radio Five"63 • Note l)Cfr. Philip Lamantia, Radio Voices: A Child's BedofSirens, in Paul Buhle (Ed.), Popular Culture in America, Minneapolis,University of Minnesota Press 1987, p. 139. 2) La voce parrebbe una ben curiosa palestra per il Welles che gioca a fare l'adulto e vuole probabilmente imitare la figura paterna: "A nove anni ispessiva la voce per sembrare più vecchio; a dieci fumava sigari, oltre a bere alcolici" (cfr. Frank Brady, Citizen Welles. A Biography of Orson Welles, London, Hodder and Stoughton 1990 I Coronet Books 1991, p.7). 3) Chi on si riferisce soprattutto allo "Zeus delle marionette" che presta il proprio organo vocale, uno solo, ai diversi personaggi che anima (cfr. Miche! Chion, Orson Welles Speaking. Notes sur la voix chez Orson Welles, in "CahiersduCinema", Orson Welles,Alain BergalaeJean Narboni Eds., Paris, Les editions del'Etoile 1982, p. 128). 4) Roskey, dello staff della Todd School, dice al quattordicenne, intrigante storyteller serale, facendo spalancare la bocca al ragazzino: "I want to take a picture of that mouth because someday it's gonna be famous" (Cfr. Brady, p. 11). 5) In Alt for Hecuba, citato in Joseph McBride, Orson Wel/es (Jove Publications 1977), Milano, Milano Libri 1979, p.20 (cfr. anche Brady, p. 26). 6) Brady, p. 49. Anche McBride ricorre alla stessa immagine: "La sua voce risuona come quella di un grande organo di cattedrale"(p. 19). 7) PeterCowie,A Ribbonof Dreams. The Cinema of Orson Welles, South Brunswick and New York, A.S. Barnes & Co./ London, TheTantivy Press 1973,p.207. 8) Brady, p. 18. 9) "What strikes everyone, broadcasters and listeners alike, as significant about radio is that it is a blind medium" (Andrew Crisell, Understanding Radio, London and New York, Methuen 1986, p. 3). 10) Cfr. Roland Barthes, The Grain of the Voice (1972), in lmage - Music - Text, New York, Hill and Wang 1977, p. 181.
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