attraverso l'assoggettamento dell'artista ad un partito politico. Un'opera d'arte è frutto dell'esperienza e della vita intima di chi la crea. Non può essere strumento di propaganda: è evidente. Suo scopo non può essere il persuadere: è risaputo. La storia dell'arte è la storia dello spirito che ha trovato una forma di espressione. La cooperazione col partito comunista può dare ali' artista l' impressione di trovarsi a fianco della classe operaia, ma anche questa è un'illusione, perché i gravi colpi subiti dai prutiti comunisti negli ultimi quindici anni, la amoralità cinica con cui hanno giustificato gli improvvisi mutamenti di direzione, possono spiegarsi solo col progressivo allontanamento dagli strati più bassi della classe operaia. Un partito che abbia veramente unito la sua sorte a quella del popolo non può far scempio dei suoi gridi di battaglia, non può passare dal più accanito antifascismo ad un patto con Hitler, non può invocare la pace e far la guerra. Dalla corruzione di una burocrazia parassita della classe operaia, nascerà un nichilismo rosso, variante degenerata del nichilismo di cui parlò Nietzsche. Allontanarsi da questa burocrazia è indispensabile per l'artista che vuol creare un'opera d'arte viva, e per colui che cerca la verità sociale quale circola e vive fra i ranghi degli oppressi. Non si deve temere l'isolamento. L'artista non è mai solo: il suo cuore batte con quello di milioni di persone che egli non ha mai neppure visto. Soltanto la falsità separa l'uomo dai suoi fratelli. Il valore di un artista è nel servizio che rende alla causa della verità. Il 11Dizionario" di Ignazio Silone Ignazio Silone diresse a Zurigo - Lugano nel 1944-45, insieme a Guglielmo Usellini, il quindicinale socialista "L'avvenire dei lavoratori". Ne ripropone una ristampa anastatica la Fondazione Anna Kuliscioff di Mi Iano (via Vallazze 34, te!. 02/2365 186), per cura di Giulio Polotti e con introduzione e documenti utili a spiegarne la storia ritrovati e assemblati da Stefano Merli. Vi scrissero in tanti, italiani e stranieri, da Caffi a Laski, da Morandi a Saragat, da Lionello Venturi a Fortini, da Barbara Wooton a Ernesto Rossi, da Fernando Schiavetti a Silvio Trentin, da Alessandro Levi a Erich Valar. Documento indispensabile per la storia del socialismo italiano al cadere del fascismo e agli albori della nuova democrazia, ne riprendiamo alcune brevi e succose note dalle rubriche scritte da SiIone. Vocabolario "Abbiamo smarrito i nomi delle cose" Razza. La parola razza esprime l'idea-forza della rivoluzione nazionalsocialista tedesca, ma non è di origine tedesca. La parola tedesca Rasse deriva direttamente dal francese race; come pure è accettato che i francesi l'han 1icevuta dagli spagnuoli (raza) e gli spagnuoli a loro volta dai marocchini; questi infine, attraverso i• Afiica del nord e la valle del Nilo, dagli etiopi. Nella lingua amruica si trova dunque la radice più remota della parola razza, ed è ras, che significa nello stesso tempo: capo, gente, popolo comandato dallo stesso capo e della stessa 01igine. La lingua amarica essendo una lingua semitica, si deve constatare che la parola esprimente l'idea-forza della rivoluzione antisemita, è una parola semitica. Radicale. L'aggettivo radicale deriva dal sostantivo radice e perciò significa andare a fondo, non rimanere alla superficie, non MAESTRI23 contentarsi dell'apparenza, ricercare le radici o cause prime di un dato fenomeno. In politica l'aggettivo radicale significa (o dovrebbe significare): estremista, avversario inconciliabile delle mezze misure, dei palliativi, dei compromessi, partigiano intransigente di un programma rivoluzionario di cui si chiede la realizzazione integrale. Ma questo significato dell'aggettivo radicale sopravvive attualmente solo nella lingua tedesca; in italiano e in francese esso accompagna talvolta le denominazioni dei partiti democratici solo come un residuo dell'epoca in cui questi partiti erano rivoluzionari. Rispetto alla loro politica attuale, essenzialmente conservatrice e fatta di piccoli compromessi, di intrighi, di finte riforme, di tira- a- campare, e di una folle paura di andare a fondo, di andare alle radici dei mali presenti, la denominazione di partiti radicali borghesi è dunque acerba ironia. Lo stesso destino hanno i figli degli anru·chici che fanno carriera, diventano commendatori, mettono la pancetta e devono continuare a chiamarsi Spartaco. Unitario. L'aggettivo unitario deriva dal sostantivo unità e dal verbo unire e indica la qualità del mettere assieme cose o persone separate. È un aggettivo piacevole ali' orecchio e perciò molto usato. In politica esso serve spesso a mascherare il contrario, e così un gruppo di uomini che si organizza per provocare una scissione nel proprio partito, nel proprio sindacato, nella propria chiesa, non si chiamerà mai e poi mai gruppo scissionista, ma volentieri e di preferenza gruppo unitario. Promiscuità e comunità La promiscuità è il contrario dellà vera umana comunità. Il contatto tra uomo e uomo in una massa forzatamente promiscua è sempre esteriore, meccanico. L'uomo perciò non è mai tanto solo come nella massa. Il nostro secolo sembra essere quello delle masse e nello stesso tempo quello della solitudine. Guardatevi attorno: non esiste più il vicinato, non esiste più il prossimo. Osservate l'uscita degli operai da una grande fabbrica: sono rari gli operai che tra loro si parlano, che si sorridono, che si danno appuntamento; e quelli che l'osano, si guardano attorno incerti, diffidenti. I più fuggono, esauriti e tristi, come da un penitenziru-io. Oppure osservate l'uscita da un cinematografo: duemila persone sono state sedute assieme nel buio durante due ore; hanno sognato lo stesso sogno, ognuna amodo suo, e quando le luci si accendono, ognuna si affretta per la sua strada. (È una fortuna che vi siano ancora degli amanti. Ma anche tra essi quanta promiscuità!) La promiscuità è polverio umano ammucchiato. Essa favorisce la tirannia. Lo stato tirannico nasce appunto dalle promiscuità e si affretta a 1ipartire nei suoi robusti stampi di ferro gli uomini tidotti a infonne spazzatura; si affretta ad affiancarli da ringhiosi cani da guardia, a impaurirli, a renderli diffidenti del vicino, a impedire che sorgano fraternità, amicizie. Quegli stampi si chiamano partito unico, sindacato obbligatorio, caserma, dopolavoro; sono organizzazioni coatte che non sopprimono l'atomismo, non distruggono la solitudine, né sopprimono la promiscuità; essi la rendono obbligatoria, le danno un'uniforme di Stato. In quegli stampi animaleschi la solitudine dell'uomo diventa spasimo. Gli oratori dello Stato tirannico esaltano il forzato ammasso nel quale sono costretti gli uomini sciolti dai loro legami naturali e ridotti a vile spazzatura, quale diretta espressione della comunità nazionale, o razziale, o di classe; ma la promiscuità, anche statale, è il contrario della vera umana comunità. La promiscuità è caos; è disperata solitudine nel caos. La comunità invece è ordine, è armonia, è amicizia, è spontaneità, è fraternità, è scelta. Non è concepibile una vera comunità senza libertà.
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