22 MAESTRI La politica di Stalin ha finalmente messo in luce la natura burocratica dello Stato russo, e in una luce così viva che chiunque abbia occhi deve ben vederla. (Dico burocratica e non sovietica, per l'evidente ragione che già dal 1919 i Sovieti hanno abbandonato la loro funzione di rappresentanti della volontà del popolo. D'altra parte, sarebbe altrettanto inesatto considerare l'attuale sistema russo una dittatura del partito bolscevico, poiché il Partito Comunista russo ha perduto, sin dal 1927, tutte le caratteristiche di organizzazione autonoma e, perciò, di partito. Ma far questo intender a chi di dovere, è ben difficile) conosco degli intellettuali di sinistra che sembra abbian gli occhi solo per portare gli occhiali). Chiedo, dunque, agli amici miei che sono in grado di farlo, di spiegarmi cosa possono pensare della politica di Stalin scrittori come Bert Brecht, Ludwig Renn ed Anna Seghers (per nominare solo qualcuno degli scrittori comunisti intelligenti), e perché mai la rettitudine intellettuale sia divenuta una merce così rara. Io tento di attribuire il silenzio di questi scrittori a codardia, o a ignoranza o ad una vana speranza che la burocrazia di Stalin finirà col volgersi a sinistra, o ad una · specie di orgoglio (assolutamente fuori luogo) che li trattiene dall'abbandonare la nave che affonda, come i "topi", o, infine, soltanto alle difficoltà materiali del momento. Spiegare altrimenti il lungo silenzio nel quale essi tuttora persistono è un problema di cui non vengo a capo. Ma mi tornano a mente le dure battaglie che combattei con me stesso, nel periodo dal 1927 al 1930, prima di risolvermi ad abbandonare il partito comunista. La forza del partito comunista, la sua "superiorità" rispetto ad altri partiti (eccetto, forse, quello fascista), è che non si limita ad ottenere dai suoi membri la partecipazione alle riunioni e l'esercizio del diritto di voto: non gli basta una parte della loro attiv.ità,ma esige la loro vita intera. In questo senso, non è esattamente un partito, ma piuttosto un Ordine. Per un buon comunista il partito è più di un'organizzazione politica: è la famiglia, la chiesa, l'unica realtà sociale; o, ciò che è lo stesso, il sostituto di tutte queste entità. Tale è specialmente per i membri minacciati di espulsione. Dei legami che vincolano i membri al partito, quello ideologico non è il più forte: il partito può cambiar tattica o programma, può dire oggi il contrario di ciò che ha detto ieri; non importa: "il partito ha sempre ragione". Ma il solo pensiero di essere espulso riempie di terrore il comunista ben pensante. Il partito è il suo mondo: perderlo o vederlo crollare sarebbe, per lui, peggio delle pene dell'inferno. È questa la forza del partito comunista, come anche di quello fascista; ma anche la sua debolezza. Chiunque abbia occhi perusarli, e non soltanto per ornamento, constata qual' è il mirabolante resultato: il partito comunista è diventato il miglior rifugio della più vuota stupidità. Le conseguenze sono rovinose specialmente per l'intellettuale al servizio del comunismo. Da quando lo stalinismo ha oscurato ogni espressione della vita russa sotto l'ala della sua dittatura burocratica, la Russia non ha più dato un romanzo degno d'esser letto o un film degno d'esser visto. Lo pseudo-realismo della letteratura ufficiale russa contemporanea mi ricorda l'arte del ritocco fotografico, ideale estetico di un ceto in decadenza, che tenta di conservare le illusioni di una gioventù perduta rifugiandosi nella fotografia "artistica". Molti anni fa Lenin denunciò i rischi delle "malattie infantili" del comunismo; oggi, chiunque abbia testa sulle spalle, deve ammettere i sintomi di un'idiozia senile. Triste destino, passare dall'infanzia alla senilità senza conoscere l'età virile! I motti "difesa della civiltà" e "umanità sociale", per quando adottati in mala fede, servirono ad attirare allo stalinismo molti artisti e scrittori di primo rango nel mondo occidentale. Sin dal principio io mi levai contro l'equivoco impegno preso da costoro, e tutte le mie profezie sono state melanconicamente confermate dal corso degli eventi. Non era difficile prevedere che uomini dell'integrità di André Gide, Aldous Huxley, Dos Passos non avrebbero potuto recitare a lungo la parte dello sciocco nella commedia a cui erano chiamati a collaborare. L'errore era nel punto di partenza. Concordato, ecco il termine che mi pare definisca felicemente i rapporti fra lo Stato russo burocratico e gli intellettuali delle democrazie. Un concordato, come tutti sanno, è un compromesso piuttosto discutibile, per cui un potere politico debole e un potere spirituale in decadenza si riconoscono a vicenda, condividono la loro autorità e si assicurano aiuto reciproco. Così il Cattolicesimo romano si arricchì materialmente mentre tradiva la sua missione religiosa. In un concordato, la parte sacrificata è sempre il potere spirituale. Lo Stato burocratico russo, allontanandosi dal vero soviettismo e comunismo, sentì il bisogno di sostituire alla luce scomparsa del "leninismo" una spiritualità presa a prestito dal mondo occidentale: volle essere riconosciuto, dall'élite occidentale, come la realizzazione delle più nobili aspirazioni del genere umano, l'erede legittimo della tradizione umanistica, lo Stato fornito dell'organizzazione più liberale e democratica che la terra abbia mai conosciuto. In cambio di tutto ciò, oltre ai benefici materiali, offriva ad artisti e scrittori, finora rattristati dal loro isolamento, il contatto con le masse, e l'illusione di essere a capo del movimento più progressista dell'umanità. Il valore di un'opera d'arte fu determinato dal grado di accettazione del concordato stalinista. Un romanzo, un quadro, una scultura o un pezzo di musica, erano acclamati dalla stampa del partito capolavori d'arte o condannati e ignorati, secondo la fede politica dell'autore. Ai "congressi", gli intellettuali potevano protestare contro la censura fascista, i campi di concentramento in Germania e in Italia, la soppressione della libertà di insegnamento e la persecuzione religiosa in quei paesi, ma, grazie al concordato, dovevano chiudere gli occhi innanzi al fatto che tutte queste miserie esistevano anche, e più che negli altri paesi, in Russia. Potevano compiangere il fato di Ossietzky, ma dovevano ignorare quello di Serge. Questo bastava per dare, alle eloquenti rivendicazioni di dignità umana, di libertà di coscienza e di diritti democratici che uscivano da quei congressi, un sapore piuttosto strano ed un effetto assai dubbio. Il mercato era così chiaro e vergognoso che per gli intellettuali che vi presero parte, non si possono trovare attenuanti, neppure nella loro inesperienza politica. Fu legittimo il sospetto anche sull'antifascismo di certi scrittori profughi tedeschi, adoratori di Stalin. È ragionevole domandarsi se il loro anti-hitlerismo sia niente di più di una reazione alla legislazione razziale in Germania; fatto sta che alcuni non si curarono neppure di celare la loro ammirazione per Mussolini - finché anch'egli divenne antisemita. Ad ogni modo, il Patto russotedesco, con i suoi lodevoli effetti ha messo fine, ed una fine piuttosto ingloriosa, alla cooperazione tra lo Stato russo e gli intellettuali di sinistra. La maggior parte dei quali si consolarono presto, e non trovarono difficoltà a sostituire Stalin con Roosvelt o Churchill. Ma nel gruppo c'erano uomini del tipo a cui accennavo al principio di questo articolo, per i quali la parabola dello Stato russo rappresenta una tragedia ben diversa. Forse si considerarono traditi; ma, se mai, fu principalmente autotradimento. Non ultimo fattore della rovina dei partiti comunisti è stato il conformismo dei loro intellettuali. Grave è la colpa di cui devono rispondere innanzi ai poveri operai che essi han contribuito ad ingannare! Speriamo almeno che la rottura del concordato fra la burocrazia di Stalin e la maggioranza degli intellettuali di sinistra possa esser di qualche profitto, e servire almeno di monito ai giovani scrittori ed artisti che cercano una via per il futuro. Converrà esporre ancora una volta certe verità tutt'altro che nuove, ma a cui quest'ultima esperienza ha dato nuovo vigore. Il connubio dell'arte con al rivoluzione non può ottenersi
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==