Linea d'ombra - anno XI - n. 88 - dicembre 1993

'83/'93 - MEDICINA E PSICHIATRIA UNA SFIDA DELNOSTRO TEMPO PERUNA FILOSOFIADELLAMEDICINA Giorgio Bert Sempre più spesso il medico è chiamato a operare scelte fondamentali per la popolazione che non riesce a basare su certezze indiscutibili. Il fatto è che il medico oggi ha un'immagine di sé quale referente scientifico della salute di un singolo paziente: molti dei problemi che gli vengono posti esulano però completamente da questo tipo di preparazione. Ogni atto medico ha valenze diverse: scientifiche, sociali, filosofiche ... Il medico di oggi viene preparato, nel migliore dei casi, a muoversi solo in campo strettamente scientifico, cioè, secondo l'immaginario clinico più diffuso, empirico, pragmatico. L'accettazione totale di un paradigma sostanzialmente empirico è stato il prezzo che la medicina ha dovuto pagare per essere ammessa (a fatica del resto) nel salotto buono delle scienze. Ne deriva una sostanziale diffidenza della più parte dei medici per tutto quanto viene definito con disprezzo "metafisico": quel che cioè non può essere calcolato, misurato, pesato: "Insegnate solo i Fatti a questi ragazzi, solo i Fatti sono necessari nella vita ... Voi potete formare le menti di esseri ragionevoli solo attraverso i Fatti ... In questa vita non abbiamo bisogno d'altro che di Fatti ...". L'ironia dickensiana sarebbe sprecata presso la maggior parte dei medici e dei programmatori sanitari: sono in troppi, una volta usciti dall'università, a pensarla come il signor Gradgrind. Purtroppo però le scelte mediche che si possono risolvere basandosi soltanto sui Fatti, le scelte cioè strettamente scientifiche, si contano, ammesso che esistano, sulle dita di una mano. Il comodo algoritmo batterio-infezione-penicillina-guarigione costituisce una felice eccezione. La causa delle patologie che oggi ci preoccupano maggiormente (arteriosclerosi, cancro, ipertensione, Parkinson, Alzheimer, AIDS ...) resta completamente ignota. Quando si ha a che fare con pazienti del genere gli approcci sono sostanzialmente di due tipi: riduzione dei disturbi e riduzione dei fattori di rischio. La riduzione dei disturbi, la cosiddetta terapia sintomatica, gratifica il paziente ma non il medico e viene perciò colpevolmente trascurata. Un tipico esempio è la terapia del dolore nei tumori, ancora largamente sottovalutata: che importa lenire la sofferenza visto che il malato deve comunque morire tra poco? Se la scelta fosse filosofica, etica anziché strettamente "scientifica" la risposta potrebbe essere alquanto differente. Dico "potrebbe" poiché esistono etiche che alla sofferenza danno un profondo valore morale ... È pur vero che l'etica del medico non dovrebbe prevalere sulle richieste del paziente. I fattori di rischio vengono spacciati per Fatti quando di Fatti veri e propri (misurabili, osservabili) non ce ne sono. In questi casi si è d'accordo nel considerare come Fatti i dati statistici, le probabilità. Sono di questo tipo le correlazioni ad esempio tra fumo e tumore polmonare o tra colesterolo e infarto. Basarsi esclusivamente sui Fatti, siano essi deterministici o probabilistici, è una scelta filosofica, non scientifica; appartiene quindi al disprezzato campo "metafisico". Ciò significa che i medici collocano di solito la loro pratica in una filosofia di cui non conoscono né i fondamenti né gli effetti; e questi ultimi possono rivelarsi letali (metaforicamente, ma non solo) per medici e pazienti. Su questa filosofia si basa ad esempio la cosiddetta outcomes research, apprezzatissima dai programmatori sanitari e sempre più diffusa, che si basa sulla determinazione rigorosa di quel che in campo medico funziona o non funziona. Quel che funziona si tiene (e si paga), il resto si getta (o se lo paga il malato). Poiché la determinazione rigorosa si basa sui Fatti, cioè sulle certezze, essa viene valutata in termini statistici: il fatto che la statistica fornisca contraddittoriamente solo la certezza di una probabilità non sembra preoccupare nessuno. Su queste basi il medico deve limitarsi ad applicare al singolo paziente le verità statistiche, e il paziente a sua volta si trasforma da caso clinico con una sua storia individuale in algoritmo. La soggettività dell'uno e dell'altro appare un mero accidente che i Fatti si incaricheranno gradualmente di eliminare. In nome di una pretesa obiettività l'incontro medico-malato ha luogo al di fuori dell'esperienza personale: l'esperienza clinica, gli aspetti relazionali e psicologici, la valutazione individuale vengono quindi posti in margine in attesa di essere definitivamente (e scientificamente) aboliti. Questa proposta si basa su di una filosofia abbastanza coerente e la sua accettazione può produrre risultati decisamente discutibili: la proposta affacciata in alcuni ospedali inglesi di non curare i coronaropatici che si rifiutano di smettere di fumare (e si collocano quindi fuori del!' algoritmo ufficiale) è uno degli effetti più recenti. Anche il campo delle grandi scelte etiche può essere in tal modo ingannevolmente semplificato: aborto, eutanasia, morte cerebrale e trapianti ... Tutto può venire risolto rispondendo alla semplice domanda: funziona o non funziona? Già, ma funziona rispetto a quali obiettivi? Echi decide quegli obiettivi? Su quali basi, ancora, filosofiche? Se i medici non saranno in grado di elaborare una filosofia in grado di opporsi, se continueranno a credere che la propria attività poggi soltanto sui Fatti, la outcomes research o altre analoghe costruzioni teoriche non potranno che prevalere, in quanto proprio sui Fatti esse mostrano di basarsi. L'individuo dovrà così passare in secondo piano rispetto a un presunto benessere collettivo: una scelta che ha autorizzato in ogni epoca le peggiori dittature. Medici e cittadini hanno oggi almeno un obiettivo comune: l'elaborazione di una filosofia che non si lin:iitiai Fatti ma prenda in esame e ponga in primo piano la complessità degli individui e delle relazioni tra gli individui. È necessario che il medico si riappropri della vituperata "metafisica", cioè dei fondamenti filosofici del suo operare, e sia in grado di difendere se stesso e i pazienti da filosofie della salute falsamente scientifiche: la conoscenza statistica non è superiore ad altri tipi di conoscenza e nonostante le apparenze non è nemmeno basata su Fatti. 91

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