'83/'93 • CONSUNTIVI --~~------~-~--~~---------~---~-~~---' UN MODO DI FARE (TRABONACCIA ETEMPESTA) Goffredo Fofi Uno storico del futuro potrà divertirsi molto a vedere la capacità di previsione, l'intelligenza dell'epoca che hanno avuto i nostri intellettuali, giornalisti e politici nel corso degli anni Ottanta. Pensatori deboli, post-moderni e neo-cyber, blobbisti e vetero-catto-cornunisti, sociologi e storici, censisti e stilisti, darnsiani e bocconiani, post-terroristi e neo-profumieri, cornici e predicatori tv si unirono, dopo la congiunta sconfitta del terrorismo e vittoria del Psi, in un unico coro - la fine della storia, la perennità di un sistema pacificato e a-conflittuale e la bella ricchezza italica - e discettando di privato, di sentimenti, di gusto (ah, i dibattiti al festival dell'"Unità" sui pedalini lunghi o corti! e la diffusione galante delle alberonate! e l'edonismo reaganiano con i suoi imprevedibili, sorridenti, immemori adepti!). Insoddisfatti per scelta, curiosi per vocazione, in pochi si è cercato altro. E, in pochi, ci si è incontrati in pochi luoghi, uno dei quali è stato questa rivista. Ci si distingueva con poco sforzo dall'allegra massa dei soddisfatti; ma ci furono momenti in cui venne da sospettare anche a noi, tanto alto e numeroso e vario era il coro degli osanna che circondavano per esempio, anche tra gli amici e i vicini, il trionfo socialista (anche qui, quanti non ci caddero e non celebrarono?), di essere per davvero entrati in un'epoca morta, in una fissità da status quo che disuniva definitivamente i Nord e i Sud e accettava un ordine mondiale aberrante, di muri e disparità perenni. Ci salvò la nostra insoddisfazione, la nostra curiosità. Riguardava, la prima, questo rosa bailamme di convertiti, ma anche, e con diffidenza non minore, gli ultimi arroccati difensori (anche loro per lo status quo!) di un modello politico che la storia stava per sconfiggere sacrosantamente, di un modello fallito e che resisteva col nome di ciò che aveva sin dall'inizio negato, massacrato. Riguardava, la seconda, il vero sommerso (non quello stravistoso "scoperto" e teorizzato da De Rita, il peggiore tra gli ideologi e fabbricatori di alibi del decennio): una società che nascondeva ancora il suo disagio, bensì covandoselo, coi suoi margini, le sue pieghe, i suoi drogati, le sue piaghe, i suoi suicidi, i suoi abbandoni. Non era difficile scoprirla o entrarci in contatto, bastava girare un po' per il paese, frequentare quei vecchi o nuovi amici (a volte, non di rado, lettori) che "nel sociale" intervenivano per professione e per scelta, perché era il loro lavoro o perché volevano lo diventasse, nel loro tempo libero dal lavoro. Si scoprivano così molte cose non ovvie: per esempio che il '68 continuava ad agire solo in un'area di cattolici dissidenti nei fatti anche quando quieti nelle affermazioni; che i politici, grandi e piccini, partecipavano tutti in vario modo del banchetto o lo accettavano, patteggiavano; che i giovani erano assai stupidi i più (come gli adulti) ma spesso molto più inquieti e scontenti di quanto non li volesse l'estetica dei wendersiani italiani, variamente minimalista, intimista, privatistica. E poi si scopriva, 6 allargando lo sguardo, che altrpve la storia non stava certo ferma e che contraddizioni enormi ribollivano o anche esplodevano, che interi continenti erano allo sbando o all'abbandono o invece attivi in modo dirompente, produttivi di un nuovo tanto discutibile quanto intrigante, che esigeva analisi, che chiedeva confronto. Nella difficoltà di reperire il nuovo in Italia, l'opposizione in Italia, scegliemmo da subito altre strade, aggiranti, non evasive e sotto tanti aspetti entusiasmanti. Scegliemmo di cercare e tradurre autori che davvero fossero nuovi, dal Sud e dal Nord, dall'Est e dall'Ovest del mondo. Scegliemmo di essere una rivista internazionale e italiana; saldamente aperta al meglio nella cultura del mondo, alla scoperta di simili e amici nel mondo proprio in quanto fortemente radicata nel contesto italiano. Scegliemmo di essere una rivista di confine: tra le nazioni, le regioni, i generi, le generazioni, le discipline e le idee che ci parevano vive, accettabili, utili a comprendere il nuovo e però anche a intervenirvi secondo valori e modelli più eterni che antichi. (Fummo aiutati da tanti. I nomi? Almeno quelli di due amici che nel frattempo ci hanno lasciati, due "fratelli maggiori" la cui determinazione morale e la cui lucidità furono per noi indispensabili: Romano Bilenchi e Elsa Morante. Ma poi cento altri, vecchi e giovani, dal Nord e dal Sud, dalle capitali e dalle province; senza contare i lettori, magari pochi ma ottimi, che ci hanno pungolato e "protetto".) Con fatica, verificando ancora una volta la giustezza del contare sulle proprie forze, siamo arrivati al traguardo dei dieci anni degnamente, crediamo, e proficuamente per la cultura del nostro paese. Avendo contributo a svecchiarla, ad aprirla, a provocarla, a criticarla, e quando necessario a negarla. Tenendo in scarsissimo conto firme famose e "importanti", poteri ufficiali e privati; e sfuggendo del tutto (anche perché la nostra linea automaticamente allontanava i possibili "corruttori") alla logica dell'assistenzialismo pubblico e a quella delle sponsorizzazioni private. Di questo siamo, ovviamente, fieri; anche di fronte ad altre iniziative e testate. Siamo diventati così, volenti ma anche senza calcolo, un punto di riferimento per nuovi autori, nuovi lettori; abbian10 favorito scambi e conoscenze; abbiamo "lanciato" spesso da soli (abbiamo proposto molto spesso noi per primi, in Italia) i grandi nomi della cultura internazionale di questi anni. E quando i muri sono caduti, noi eravamo preparati; l'avevamo previsto; avevamo contribuito nel nostro piccolo a farli cadere nel mentre che contribuivamo a innalzare quelli giusti nei confronti delle volgarità e delle complicità che dilagavano. Impressiona noi stessi, oggi, vedere come, di numero in numero, si r/uscisse così spesso a prevedere e annunciare grandi trasformazioni in grandi aree del mondo, le antenne pronte a recepire perché ben piantate su un terreno saldamente morale, e grazie a collaboratori competenti e partecipi. Il nuovo che ha messo a soqquadro la nostra classe dirigente
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