Linea d'ombra - anno XI - n. 88 - dicembre 1993

disperazione, soggetti, sceneggiature, racconti, diari veri e diari apocrifi, lettere suicide, ricette, poemi, liste di nozze: nella prima metà degli anni Ottanta principalmente ho scritto, casse e casse di infantili deliri amoroso-esistenziali appena travestiti da cinematografo: conservo tutto, ma grazie a Dio non ho più riletto. La sera ci inciuccavamo nei bar.Tutt'intorno rutilavano le scosciate e i socialisti con la cravatta; ma noi nemmeno li guardavamo: un po' fricchettoni, un po' presuntuosi, un po' settari, ci eravamo abituati a considerarci degli estranei in casa propria. Gli altri erano una moltitudine imperscrutabile, pazzoidale; ogni tanto, s'incontrava qualcuno che aveva la nostra stessa faccia, il naso aggricciato dalla perenne sottostante puzza ma gli occhi dolci. Così, senza guardargli la data di nascita, perché la parola generazione è la più razzista che conosca, si diventava amici. Il millenovecentottantasei. L'anno de La Messa è finita. L'anno che vincemmo il premio Solinas. L'anno che mi fregarono l'ultimo motorino. Senza che nessuno se ne sia accorto, tutto il soggetto di Mignon è partita è in mezza pagina de Il tempo e il luogo, di Trifonov, una lateralissima cugina antipatica che si chiama proprio Mignon, come la Mignon del Meister, moscovitina ignara del proprio alto lignaggio letterario. Io l'ho rapita per inzupparla a piazza Melozzo, con tutta un'altra storia attorno. Siccome il grande puffo Furio (Scarpelli) in tre anni ci ha fatto due lezioni di sceneggiatura (per il resto si chiacchierava, o si andava a comprarci la pizza al taglio, o le scarpe per lui che è vanitosissimo), la prima consisteva: dividete il foglio a metà, di qua le mosse (così chiama per spregio-scherzo i movimenti di macchina) di là le parole, e la seconda: fregate a tutto spiano, io per sconfinato affetto le ho messe in pratica ambedue, felice di avere così bel materiale che mi faceva uscire dal cinema, o dal divano sfondato di viale Parioli, con la voglia di camminare. Ma già non era più bella Roma la notte: tutte le piazze e piazzette, i sagrati, gli slarghi, lucidati dalla saliva dell'umidità, erano un parcheggio. La .sofferenza culturale è andata di pari passo con quella pratica, quotidiana; negli anni in cui ti formi conta tanto chi vedi, chi baci, che leggi, che guardi, che ascolti. Penso ferisca allo stesso modo non avere un auditorium quanto i servizi disastrati; credo che assieme al pane, venga Leopardi. Sarà anche che avrò un complesso di Elettra grande come !'Empire State Building, ma io mi sono sentita abbandonata: e insieme a me, tutti i miei fratelli. Indebitati pubblicamente a nostra insaputadiquarantaquattromilionicadauno,enonavereospedali per partorire, nella nostra città, in modo civile, e il denaro pubblico speso nell'arte con altri scopi, e Gianni Amico che non lavorava, e nessuno di quelli come lui. Ci hanno chiuso uno dopo l'altro tutti i cineclub, e i d'essai, e i giornali alternativi. S'è spenta la musica, la notte, e tutti all'Hemingway: ci è rimasto Berlusconi e "La Repubblica", l'uno contro l'altro. La cosa davvero deprimente è che sembrava che nessuno se ne fosse accorto. Nel frattempo, col cinematografo mi diceva bene, e assieme alla gloria e ai soldi che mai mi sarei aspettata di guadagnare, mi si è appiccicato il sentimento di essere una traditrice, mentre ingoiavo Martini cocktail belli secchi come ne Il fascino discreto della borghesia: che avevo dimenticato i miei amici morti dentro- le Ritmo diesel con la spada nel braccio, le mie amiche omosessuali, i gatti di strada con gli occhi chiusi dal pus a cui mettevo il cortisonchemicetina, e altri tipi di sbornie, tristi, allegre, o allegrissime, e tanti giorni, e anni. Mica sarò martelliana anch'io? Mi domandavo attonita mentre ormai spingevo perfino una carrozzina; il lato involontario, inconsapevole, inconscio, del socialismo, quello mondano, che piace alle donne, che va alle feste, che legge i libri giusti, che s'adagia, scettico e blu, e il Craxi lo prende in giro con supponenza criminale, solo perché è ignorante e conosce a stento Garibaldi. Aò. Dicevo amia figlia duemesenne: mica saremo martelliniane, ioe te, pezzettino? Sai che si fa? Adesso si fa un film protagonisti un comunista e una settantasettina. Facciamo finta che tutto il resto non ci sia. Perché a noi di mettere al mondo personaggi poco innamorecci non ci viene. Rileggiamoci i giornali vecchi. Quante ce ne diranno (quante ce ne hanno dette) ma riflettiamo un po' su chi eravamo, noi che adesso siamo così confuse, forse ci fa bene, pezzettino. Dall'Inghilterra, se si tendeva l'orecchio, arrivavano certi boati, di là dal mare! Stavano prendendo la parola gli immigrati, i mezzosangue, gli anti-tatcheriani, sugli schermi e nelle pagine s'è dichiarata una feroce ed ironica guerra a certi accenti e intonazioni della voce (purtroppo io non li capisco, ma il mio cuore sì) che venivano da Oxford e da Eton, hanno detonato Rushdie, Mc Ewan, Hanif Kureishi. E con loro, nel cinema, fu My Beautiful Laundrette. C'era una riscossa internazionale, allora! Mi venne voglia di menare le mani. Peccato che abbia avuto i pugni così fragili! Ormai eravamo al millenovecentonovanta. Il muro era venuto giù. Rimasi nuovamente incinta. Avevamo tutti dieci anni di più. A qualcuno donavano, ad altri meno. Quindi, cara "Linea d'ombra", che ti tengo allineata con stupefacente costanza, numero dopo numero, accanto a "Nuovi argomenti", per un bisogno di pluralismo che mi invade pure la cucina, accanto alla Calvè c'è sempre la soya, dovrei dirti male anche io degli anni Ottanta, se fossi coerente. Eppure dentro di me sento che non sono stati peggio dei Settanta, né dei Sessanta o Cinquanta. La proporzione fra stronzi e no resta più o meno invariata nel corso dei secoli, mi pare. Però ho valicato la trentina, e mi ha attanagliato una specie di scoramento ideologico, da bestiola diffidente chiusa nella tana con la prole: che l'anima del!' essere umano è così tapina, che in fondo questo che abbiamo è il migliore dei mondi possibili. Sta a noi essere diversi. Noi in persona, anime uniche e irripetibili come le impronte digitali. Non sarebbe più bello se, tanto per cominciare da te, "Linea d'ombra", Goffredo Fofi non la smettesse di avercela con Nanni Moretti e Bernardo Bertolucci e i succitati fra di loro? Se nel cinema si spandesse un po' di fraternità, visto che l'uguaglianza in arte è impossibile, dati i diversi patrimoni di talento, e si avesse tolleranza per chi ci è diverso? O dobbiamo aderirci perfettamente l'un l'altro come dei formaggini a spicchi, ligi nel formare il medesimo tondo? E se ci va di essere quadrati, o rettangolari o addirittura astratti? Sarà che oggi è un pomeriggio di una Gloomy Sunday, come canta Billie Holiday, e certe canzoni sarebbe meglio non mettersele, se piove, ma è proprio quest'intolleranza fra i migliori che mi fa più disperare, nel senso letterale: di perdere la speranza per il prossimo e i prossimi decenni che verranno. 71

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