Linea d'ombra - anno XI - n. 88 - dicembre 1993

minuscola utopia p,:onta a risollevarsi non appena un soffio, un refolo di novità non fasulla sulla scena sociale italiana (non politica, proprio sociale) riprendesse a spirare; e un pubblico sia pur minimo ma migliore comparisse. E solo Altan si mostrava indefesso fustigatore, grande proprio per la sua attenzione al mutamento, alla inverecondia, alla pesantezza, alla malafede dei tempi; non disposto a transigere sui vizi della sua parte e sulle sue molte maschere e meschinità, e pronto da ultimo anche a disilludersi su quell'identità sognata, ideale, ma di commossa e sconfitta tradizione, che era dei suoi Cipputi - scomparsi militanti ignoti del costume e dell'antropologia di un proletariato che fu e di cui ben poco oggi rimane. Qualcuno diceva allora - alla metà del decennio-essere I ui i I massi mo conoscitore, anali sta, romanziere, critico e cantore dell'Italia del tempo; e almeno per quel tempo aveva ragione. Mentre Vincino si è ritagliato il suo spazio (amarognolo) di cronista della Politika, del palazzo e dei suoi portinai. C'era poi la "Grande" destra, l'oscenissimo Forattini. Che ad alcuni, a sinistra, potesse piacere, era anche quello un segno dei tempi. Qualcuno lo considerava, alla metà degli Ottanta, il "peggio del peggio" del nostro allegro paese. Tale egli è rimasto, con obiettiva fedeltà alla sua più profonda natura. Ma la satira era "di sinistra", si voleva tale per definizione, ed era questo a farne il successo, a darle immagine e forza dentro l'establishment, a renderla necessaria a un sistema del potere ANNI IPOCRITI Vincino L'unica forma di espressione che nel decennio '80-'90 non è stata omertosa e che anzi ha fatto il suo dovere è stata la satira. Prima dei giudici, prima della Lega e della Rete l'immagine dei politici è stata distrutta dalla satira, dai disegni e dagli sberleffi di noi comici di regime. C'è un binomio indissolubile tra satira e regime, tra satira e dissoluzione di un regime, anzi il grande successo della satira era la spia dell'essere regime in disfacimento. Da notare una cosa, questa generazione di autori è tutta formatasi politicamente dal '70 al '78 e questo substrato politico ci ha dato oltre alla passione politica l'abc politico indispensabile per capirne i meccanismi. Non si fa satira coi giochi di parole o i bei disegni, ma con la voglia di guardare dietro e rivoltare l'informazione ufficiale. Ed è l'informazione il campo di battaglia del fare politico della satira. La sua preveggenza, il suo dire prima, di lato. Il suo essere di parte, da una parte, la parte della satira ... contro, anzi meglio di lato al potere ... Il lavoro era facile, ne combinavano di tutti i colori e tutti: giornalisti, politici, società civile erano omertosi. Tutti sapevano, tutti tacevano, bastava solo beccare nel mucchio e spararla più grossa. Esercitare quel po' di raziocinio del due più due. Goria spendeva più di un miliardo per la sua campagna elettorale? Gava occupava tutto un albergo nel 52 politico-mediologico, a dimostrarne la democraticità, la capacità di ridere di se stesso. In nessun periodo della nostra storia, neanche sotto il fascismo, la satira politica è stata così profondamente consustanziale al sistema di potere dominante, suo specchio necessario, sua complice. Poi il decennio è passato. Sono i caduti i muri e miti della Retorica Comunista e gli alibi del Decisionismo Socialista, le giravolte del Cinismo Collettivo e dell'arricchimento dei più scaltri. Altan sembra oggi tacere o cantare molto in sordina, sopraffatto dai tempi, stremato dalle passate battaglie o incerto di fronte alle nuove. Tanti si aggiornano, moralizzano, deprecano, si riciclano. Fo è fedele alla sua maschera, alla sua retorica, al suo denaro (e mi sa che si dovrà sopportarlo in eterno, come, sull'altra sponda, Forattini). Ma perfino "Cuore" ha capito che c'è poco da ridere; e Gino e Michele hanno capito che va analizzato il fare e sostenuto il ben fare più che il dire baciare e formicare. I tempi sono davvero mutati; altri compiti aspettano la satira, previa quell'autoanalisi e autocritica che i migliori hanno già fatto di fatto. Lunga vita ai migliori. E buon ritorno ad Altan. E ai nuovi che verranno (se verranno, se sentiranno l'urgenza di venire, se ci sarà bisogno di loro), che si guardino attorno, che si scelgano bene gli amici, che diffidino del successo facile. Che si studino gli anni Ottanta per benino, onde non cadere nei trabocchetti in cui si sono volentieri ingolfati e compromessi i loro fratelli maggiori. Sannio per un mese con cinquanta persone, più cento poliziotti? Non c'era appalto pubblico nel meridione dove il l0-15% delle commesse non fosse delle cooperative ravennati o di Carpi? Era come se per tutti il caso, o il numero zero uscisse sempre alla roulette. Allora era facile per Grillo come per "Male", come per "Tango" o "Zut" raccontare un poco di: verità. L'unica cosa, non avevamo capito che prima o poi sarebbe finita. · Il mondo ci sembrava eterno, ed eterno il fatto che la politica fo se cosa da furbacchioni. Castelli di ipocrisia ci circondavano nella città del marzapane, ogni tanto una briciola e via a raccontare un po' di qua e un po' di là ... Bastava guardarli in faccia. O guardare le loro mani, l'assessore alla cultura di Riposto che mangiava aragosta alla tavolata del I° Festival della Satira di Riposto. O vedere Zamorani dell'Italstat sponsor del Premio della Satira di Forte dei Marmi. O quando alcuni del "Male" fecero un giornale di satira per il Psi e Tempestini li pagò prendendo da una valigia mazzette di banconote alla rinfusa un po' a te un po' a lui. La grande ipocrisia, Scalfari che si incazzava perché "Zut" pubblicò la sua foto con l'amante, lui infatti da dieci anni aveva due vite, due famjglie, due case e tutti lo sapevano e tutti stavano al suo gioco. Poi quando "Zut" pubblicò la foto subito per rappresaglja ruppe il contratto di pubblicità con "Repubblica", fece licenziare Saviane dall "'Espresso", e un mese dopo fece licenziare il direttore di "Zut", cioè me. Ipocriti a destra, al centro, a sinistra. Oggi invece è tutto diverso. Dicono. A me pare che a luoghi comuni abbiano sostituito altri luoghi comuni. Per fortuna la politica è sempre una cosa porca e la realtà è sempre peggio, sempre peggio. ·Arrivederci tra dieci anni.

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