() ('),,; Q ~ "" I / () 1,1 n I I 1:1- • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • o • • • • o ILRrTORNODELL'ISLAM •• StefanoAllievi/ FeliceDassetto • • pp. 295/Lire35.000 •• Unitineraiionell'islamitaliano, • regioneperregione.p,erconoscerelarealtà e deglioltrequattrocentomilamusulmani • immigratin Italia. • • • ILRIPUDIO •• RachidBoudjedra • • pp. 210 I Lire25.000 • Il ripudiodellamadredelprotagonistada •• partedel"padrefallico"sconvolgegli equilibriinstabili • di un'esistenzain bilicofra religione, • tradizione coinvolgimentopoliticonell'Algeriadi oggi. • • • LATTEAGRODOLCE • • Nurudc1iFnarah • • pp; 250 I Lire28.000 •• Perlatrilogianarrativa • 'Variazionsi ul temadi unadittaturaafricana", .. dopoCHIUDITSI ESAMOe,sceLATTEAGRODOLCE, •• cheinscenalevicendedellaSomaliadegli • anniSettantanell'ombradelladittaturadi SiadBarre. • • • Distribuzionine libreria:PDE • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Abraham B. Yehoshua Cinque stagioni Il lutto per il passato - e il desiderio del domani: un'intera vita da riconquistare, un Israele incerto fra Europa e Medio Oriente. Traduzione di Gaio Sciloni. Supercoralli, pp. 394, L. 36 ooo Einaudi 48 espos1t1va, presenta tuttavia alcuni tratti comuni: un'ansia di concretezza, perseguita grazie allo smontaggio di categorie astratte, di forze impersonali, dei grandi aggregati macro-sociali (si parla ora di borghesie e non di Borghesia, di operai e non di Classe Operaia, dei meccanismi e degli apparati amministrativi piuttosto che dello Stato, ecc.), un'enfasi sulla diversità, una preferenza dichiarata per l'analisi piuttosto che per la sintesi, il rifiuto di recitare la litania delle Grandi Narrazioni e i I fastidio non solo per una troppo facile cedevolezza alle sollecitazioni del presente ma anche in molti casi per la stessa, inevitabile "politicità" della storiografia. E tuttavia gli anni Ottanta hanno visto all'opera anche delle controtendenze significative, che non prefigurano necessariamente un ritorno all'indietro ma ripropongono problemi e tematiche troppo facilmente date per superate e un interesse nuovo per il recente passato. Quando nel 1989 comparve la Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi (Einaudi) di Paul Ginsborg si poteva pensare alla consueta opera di surrogazione della storiografia anglosassone nei confronti degli storici italiani, tradizionalmente diffidenti delle grandi sintesi narrative. Ma poi seguirono La storia dell'Italia repubblicana (Marsilio 1992) di Silvio Lanam, La repubblica dei partiti (Il Mulino 1991) di Pietro Scoppola, la Storia della prima repubblica (Il Mulino 1993) di Aurelio Lepre, mentre si annunciano opere col letti ve di sintesi sul lo stesso periodo. in particolare nei volumi di Lanaroedi Scoppola venivano in primo piano i temi dell'identità nazionale e della cittadinanza, centrali nel dibattito politico del presente e rivisitati alla luce di una implicita e talvolta espi ici ta tensione autobiografica . È presto naturalmente per parlare di un nuovo orientamento della ricerca: la scelta delle sintesi e l'interesse per la "grande storia" e la politica classica si possono anche spiegare come una reazione fisiologica a un decennio di studi che le avevano consapevolmente ignorate. Ma altri sintomi mostrano che grandi temi come appunto l'identità e l'unità nazionale, le specificità italiane in termini di malaffare politico ecriminalità organizzata, la natura peculiare del sistema politico e l'anomala divisione dei poteri, ccc., tornano sul l'agenda dello storico. Sono i temi che il terremoto del 1989-1992 ha rilanciato con forza e che trovano non solo nelle sintesi citate un rilievo particolare. Penso al grande libro di Claudio Pavone ( Una guerra civile, Bollati Boringhieri 199 l), la cui eco è legata alla sensibilità e all'acutezza con cui viene analizzata la figura della scelta individuale in una fase dramma- ! ica, nella quale ogni singolo protagonista prende coscienza della sua collocazione nella vita nazionale e rispetto al passato. Penso alla fioritura di ricerche del gruppo raccolto intorno alla rivista "Meridiana" su temi come le identità regionali e locali, la cri minai ità organizzata, il mercato e lo stato, ecc., affrontati soprattutto negli ultimi numeri con evidente passione civile. La ricerca "disinteressata" - un postulato deontologico che va ribadito se vuol dire inattaccabilità filologica e controllo delle proprie predilezioni e dei propri valori - insomma non contraddice la consapevolezza che la storia conserva, nonostante tutto, una sua "utilità". L'uso pubblico della storia, però, che aveva un tempo gli storici come suoi protagonisti, è ora patrimonio di altre figure professionali: dei giornalisti e dei politici. Non si tratta certo di rivendicare, nostalgicamente, un ritorno al passato. Ma si può chiedere in primo luogo agli stessi storici, finalmente liberi da logiche di appartenenza politica definite e obbligate, che la loro presenza nel dibattito pubblico ritorni a pesare.
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