Linea d'ombra - anno XI - n. 88 - dicembre 1993

partiti, i leader politici) ma dal basso, dai movimenti popolari, dai soggetti dimenticati o marginali. Più in generale, tuttavia, la generazione degli storici sociali si impegnò in un processo di revisione di categorie e di tematiche che intendeva rendere la storiografia più scientifica aprendola alle scienze sociali e conseguire i suoi risultati con una più marcata distanza dall'oggetto di ricerca. Un catalogo della produzione mostrerebbe sia la varietà degli interessi sia i notevoli risultati conoscitivi conseguiti nel corso degli anni Ottanta. Alcuni temi classici della storia dell'Italia unitaria vennero esaminati in una luce nuova: penso al tema della classe operaia o a quello della borghesia italiana, per citare solo i protagonisti continuamente riproposti del tradizionale schema dicotomico. Sul primo versante, ricerche come quelle di Franco Ramella sulla formazione della classe operaia biellese (Terra e telai, Einaudi 1984) smontavano implicitamente canoni dati per lungo tempo per scontati. Nell'interpretazione tradizionale, l'attenzione dominante era rivolta al movimento piuttosto che alla classe operaia e veniva ribadito il nesso necessario tra sviluppo tecnico-produttivo e "maturità" della coscienza operaia, rafforzato dall'anticipo (rilevato fin dalle ricerche di Manacorda) del ciclo politico su quello economico-sociale (un movimento "operaio" - sindacato e partito - che nasce prima del proletariato industriale, con le correzioni apportate dai lavori di Stefano Merli). Al centro delle ricerche di Ramella stavano invece la comunità e i rapporti di parentela di un gruppo sociale sottoposto ai vincoli inediti di un processo moderno di industrializzazione, i tempi lunghi del mutamento, la "resistenza",opposta al mutamento ma insieme la capacità dei soggetti sociali di condizionarlo e manipolarlo grazie alle strategie familiari: soprattutto, le operaie e gli operai perdevano i connotati astratti e ideologici della tradizione operaista, venivano inseriti in un tessuto di relazioni sociali complesse e mobili, e "facevano politica" senza la mediazione necessaria del sindacato e del partito. La borghesia, a sua volta, era, nella tradizione storiografica, solo una categoria sottesa alla dominante predilezione per la storia politica: e insieme un soggetto che incarnava la debolezza e i limiti della modernizzazione italiana (nella versione comunista-gramsciana) o il soggetto inevitabilmente centrale, se non unico, del processo storico (nella storiografia liberale). Restava, in entrambi i casi, assai poco conosciuto come soggetto empirico, nelle sue articolazioni interne, nella sua col locazione economica, nella sua cultura. Ricerche molto diverse come quella di Paolo Macry sulla borghesia napoletana dell'Ottocento (Ottocento, Einaudi 1988) o di A.M. Banti su quella piacentina dello stesso periodo (Terra e denaro, Marsilio 1989) e più in generale il lavoro di scavo e confronto internazionale promosso da un gruppo coordinato da Raffaele Romanelli restituivano, per il secolo scorso almeno, visibilità storica e consapevolezza delle differenze e articolazioni interne di questo gruppo sociale. Anche la "piccola borghesia" - altro soggetto continuamente evocato e mai seriamente studiato - trovava i suoi primi storici, in particolare con i lavori di Mariuccia Salvati dedicati al Novecento (Il regime e gli impiegati, Laterza 1992; L'inutile salotto, Bollati Boringhieri 1993). Un altro aspetto del rinnovamento storiografico è stata l'insistita e mai come in questo periodo massicciamente e consapevolmente praticata scelta della dimensione locale. Con obiettivi e modalità diverse (le storie regionali pubblicate da Einaudi e le ricerche di microstoria non sono assimilabili) gli storici che si impegnano in questa direzione condividono, in negativo, il rifiuto di utilizzare l'arsenale consegnato dàlla storia politica nazionale e anche le ricerche impostate come semplice ritaglio locale di problemi generali. In alcuni casi- il discorso vale soprattutto per gli studi sul Mezzogiorno e sull'agricoltura promossi da Piero Bevilacqua - l'attenzione, inconsueta nella storiografia postbellica, allo spazio, al territorio, ai movimenti di popolazione offre una prospettiva nuova da cui guardare ai processi di trasformazione per metterne in luce, smentendo consolidati luoghi comuni, entità e consistenza. Su un altro versante, gli studi sul la "soggettività" - vale a dire sul riconoscimento della capacità di scelta, di intenzioni, di volizioni, a soggetti tradizionalmente ignorati dalla ricerca storica (o comunque trattati impersonalmente e collettivamente come oggetto passivo delle pratiche del potere politico oeconomico)- hanno investito non solo il campo che ne ha visto la nascita (la storia delle donne) ma settori tra i più tetragoni all'innovazione. Penso ai lavori di Luisa Passerini, che è intervenuta più volte anche sugli aspetti teorici e metodologici della soggettività, sul fascismo (Torino operaia e fascismo, Laterza I984; Mussolini immaginario, Laterza 1991) e alla ricerca di Sandro Portelli su Terni (Biografia di una città, Einaudi 1985), costruita arditamente e pressoché esclusivamente su fonti orali. Infine, gli anni Ottanta hanno offerto nuovo slancio alla storia amministrativa e politica, non più declinata ossessivamente come biografia della nazione ma aperta al confronto e all'uso di categorie tratte dalle altre scienze sociali. Tutto questo processo di revisione e di rinnovamento, tutt'altro che univoco quanto a tematiche, strategie conoscitive, forma Pian del Voglio ( 1943-1993) Bianca Tarozzi In cima alfa collina, nella casa degli sfollati', prima dell'alba, senza un grido, una parola, mia madre mette al mondo una bambina dagli occhi· grandi, bella, strana sorella. Io l'aspettavo, mi sentivo sola nel bosc@0sc1uo, sulla bruna terra ferita, nella notte della guerra. E su nel cielo il livido bagliore dei fuochi del bengala. Così a tratti s'illumina la mente nel terrore. Lampi, scintille nel cielo dei millenni e schianti, scoppi. Poi tornano le stelle: sguardi fissi. Siamo i padri e le madri di noi stessi. 47

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