Linea d'ombra - anno XI - n. 88 - dicembre 1993

offrirsi alle migliori condizioni) dai supergruppi, consapevoli che la loro crescita avrebbe sempre avuto limiti invalicabili. Quelle più a disagio sembravano insomma proprio le medie editrici, troppo grosse per fare solo produzioni ipermirate e comunque oberate da costi di struttura sconosciuti ai piccoli editori, ma al contempo troppo piccole per i superinvestimenti che richiede la grande editoria per sbaragliare il mercato con best seller e campagne televisive. La rinascita del Saggiatore, in parte il successo di Baldini & Castoldi (peraltro di casa Elemond), gli esordi di sigle tutte nuove e del tutto indipendenti, come Donzelli NASCERE IN TEMPI DIFFICILI EmiliaLodigiani Una testimonianza sugli anni passati da parte di un piccolo editore che ha solo un lustro di vita non può che essere parziale e, influenzata come ovviamente è da un'ottica di "fase nascente", è forse più soggettivamente ottimistica di quanto il contesto generale sembrerebbe consentire. Perché nella fase iniziale le difficoltà si danno per scontate: si sa di avere a che fare con un'attività di tempi lunghi e che, dal punto di vista economico, è forse in assoluto quella a più lento ritorno. Mentre la passione e l'entusiasmo che hanno spinto a cominciare non si sono ancora logorati nella fatica della routine, anche perché, col passare del tempo, aumenta sempre più quell'apporto esterno di progetti, idee, scoperte e suggerimenti che fanno dell'editore anche un catalizzatore di passioni ed entusiasmi altrui. Quello che forse può, nonostante tutto, rendere alla nostra esperienza, per quanto limitata, un certo interesse di testimonianza, è il particolare periodo in cui Iperborea è cresciuta: il periodo già di crisi e ripensamenti seguito alla superficiale euforia degli anni Ottanta, periodo di transizione senza direzione evidente, di trasformazione senza reale innovazione, ma che ha comunque obbligato i piccoli editori a prendere coscienza del contesto generale, sia economico che culturale, in cui si muovono. Nascere in tempi difficili può essere alla lunga, se si sopravvive, un vantaggio: non ci si può più permettere l'hobbismo (anche perché l'editoria, come hobby, è diventata troppo costosa), si è costretti a uscire dal!' ottica del proprio campicello, per cercare di capire quelli che possono essere la propria funzione e i propri punti di forza, visto che, comunque, ci si deve confrontare con una concorrenza di ben altro peso e potere sullo stesso piano, negli stessi scaffali di libreria e presso lo stesso numero di lettori limitato e che non dà nessun segno di voler crescere. Attenuando l'irriducibile individualismo, i piccoli editori hanno negli ultimi anni cominciato a capire che, visto che combattono spesso sullo stesso fronte, contro l'uniformità, l'appiattimento, l'omogeneizzazione di una produzione libraria dominata dalle leggi del mercato, che ha come ultimo interesse quello della qualità, è meglio, quando è possibile, provare a farlo insieme. Abbandonando narcisistici piagnistei o slogan tipo "piccolo è bello", esperimenti, per fare un esempio, come Il Tappeto Volante, nato come catalogo collettivo di segnalazioni librarie e vendita per corrispondenza, ma diventato anche centro di iniziative di promozione della lettura, di incontri in libreria, di rapporti con le scuole e le biblioteche, 42 e Anabasi, fanno ben sperare. È infatti la media editoria (si tratti delle sigle storiche o di quelle appena nate) che potrà, se la crisi gliene darà modo, spezzare i troppo stretti vincoli della specializzazione e del mercato di nicchia, che portano spesso la piccola editoria a una strutturale incapacità di visione complessiva, e tornare ad elaborare progetti editoriali e culturali che sappiano mettere a contatto e armonizzare ambiti e discipline, esigenze e indirizzi diversi ma contigui. Si tratta in definitiva di tornare, nei modi e con gli strumenti adeguati ai nostri tempi, a fare anche politica culturale. sono una prova che la mobilitazione culturale può andare al di là del puro peso economico. Ed è forse questo che continua a dare un senso all'attività del piccolo editore e che spinge ad andare avanti, nonostante tutte le difficoltà, ancor più in periodi come questo in cui è facile provare un senso di inutilità. Non solo perché resta il desiderio di scoprire, di esplorare aree nuove, la gioia di far conoscere e vedere riconosciuti autori di grande valore trascurati da altri, non solo per il piacere semplice che dà ogni attività artigianale basata sulla cura maniacale del prodotto, e il piacere profondo che deriva dalla qualità rara di rapporti umani personali che le piccole dimensioni permettono, non solo per la soddisfazione di veder crescere un proprio pubblico limitato, ma fedele, che si riconosce evidentemente nelle nostre proposte, ma anche l'idea, o l'illusione, che in qualche modo si può dare un contributo a una riflessione quanto mai indispensabile nel vuoto lasciato dal decennio passato, un arricchimento di idee, di esperienze, di punti di vista che possono apportare gli scrittori del nordeuropa che pubblichiamo per cercare di capire in che modo e di cosa riempirlo. PICCOLO È BELLO Sandro Ferri La richiesta di una testimonianza sul passato decennio da parte di "Linea d'ombra" non poteva cadere in un momento più difficile per le Edizioni e/o. Stiamo vivendo un processo di trasformazione in condizioni economico-finanziarie assai ardue. Credo che questo stia succedendo in tante altre aziende, strutture, situazioni italiane. L'Italia sta cambiando - non saprei proprio dire con quali esiti - e noi nel nostro piccolo stiamo cambiando. Non ci sono i soldi: le librerie spesso non pagano o pagano tardi; pochi mecenati privati o pubblici sono ancora disposti a dare soldi all'editoria (qualcuno, comunque, ce n'è ancora, visto che di case editrici, non proprio povere, continuano a nascerne); quei fortunati che i soldi li hanno si guardano bene dal trasformarli in libri. Dieci anni fa non era così. Non credo che fosse meglio: l'editoria viveva protetta nella bambagia, i soldi (privati o pubblici) giravano di più e, senza grandi fasti ma neanche poveramente, il popolo editoriale campava con maggiore tranquillità.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==