trita di dati, è anzitutto una forma di immaginazione, che richiede nel sociologo un superamento del "divorzio fra lavoro e vita": alienazione questa, considerata "normalissima" in molte professioni. Così Mil\s prescrive al sociologo di studiare la propria esperienza personale "interpretandola continuamente", gli consiglia (e consiglia a se stesso) di tenere un diario, di fissare i "pensieri marginali": "le varie idee che possono considerarsi come i sottoprodotti della vita quotidiana, frammenti di conversazione colti per la strada, o magari sogni. Quando tu li abbia annotati", continua Mills "essi potranno servirti ad un ripensamento sistematico, o anche a dare rilievo intellettuale ad una esperienza più diretta" (p. 208). Va infatti ricordato che "nel corso della sua vita, l'uomo moderno può fare pochissime esperienze personali, mentre l'esperienza personale è importantissima come fonte di lavoro intellettuale originale": bisogna perciò "credere nel la propria esperienza" e "considerarla al tempo stesso scetticamente" (pp. 208-9). Infine si tratta, scrivendo, di sbarazzarsi della "prosa accademica", cosa possibile solo se ci si sbarazza della "posa accademica". La vocazione illuministica, comunicativa, pedagogicoletteraria in Mills era fortissima. Basterebbe pensare alla sua ammirazione per Balzac (l'autore di Marx), che Mills dice di aver letto, nel corso degli anni Quaranta, "da cima a fondo". Critico della società e della cultura Balzac (del giornalismo, per es.) nel linguaggio del romanzo, come Mills è critico della società e della cultura, non senza respiro narrativo, nel linguaggio della scienza sociale. In Adorno, che è stato tra i protagonisti, con Max Horkheimer, 24 del l'Istituto per la Ricerca Sociale di Francoforte, la sociologia ha un posto diverso. Filosofo, critico letterario, musicologo, Adorno in Minima moralia presuppone il marxismo (teoria del capitalismo, del! 'antagonismo di classe e della rivoluzione): ma presupponendolo lo attenua, ne distanzia pessimisticamente, data l'esperienza dello stalinismo, la portata pratica. Sviluppa la critica sociale in critica della civiltà: della morale, dell'estetica, del linguaggio filosofico e scientifico, e infine dell'industria che produce e distribuisce cultura. La critica culturale di Adorno indirettamente è critica e politica: ma evita conclusioni politiche. Adorno non crede, infatti, in un nesso lineare fra teoria e prassi, e diffida della stessa idea che si possa tradurre una teoria critica in una prassi collettiva liberatoria. Così lavora simultaneamente e alternativamente su due riferimenti eterogenei e non conciliabili: l)il presupposto di unacoscienzadiclasseanti-borgheseeanticapitalistica, e 2) il presupposto di un valore qualitativamente superiore del!' alta cultura rispetto alla cultura di massa. Da un lato, la coscienza di classe proletaria dice: questa società è fondata sullo sfruttamento e sull'oppressione. Dall'altro, la cultura alta come metro di giudizio dice: la società liberale borghese ha prodotto una cultura superiore a quella dei regimi totalitari e delle ·democrazie di massa. La sola arte moderna che renda conto della realtà è l'arte asceticamente anti-realistica, che rinuncia a una realtà divenuta la parodia di se stessa. La cultura, intesa come amministrazione di beni culturali-feticcio, è falsificazione e amputazione di se stessa. La stessa critica è un 'arte paradossale e da equilibristi: infatti "non c'è vera vita nella falsa". In un sistema di rapporti sociali che distorcono e falsificano, l'autenticità è impossibile, o può esprimersi solo per via negativa. "Gli intellettuali
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