Linea d'ombra - anno XI - n. 88 - dicembre 1993

M3!liit3M ACHENG La trilogiadei re Introduzionedi AlfredoGiuliani.Acura di Maria RitaMasci pagine 240 lire 28 000 Unascrittura semplice ed epica. Unostile che richiama quello degliantichi cantastorie, l'ironia pacata dei grandi maestri del Dao. YITZHAKSHAMI- SHMUEL J. AGN0N- DAVIDV0GEL- AMos Oz J0SHUAKNAZ- A. B. YEH0SHUA Seicapolavoridellaletteraturaebraica a cura di AlanLelchuk pagine 416 lire 38 000 Laletteratura ebraica nell'esecuzionedi sei maestri. M3·HliPIM NIC0IA FANO(A CURA DI) Vieniavanti,cretino! pagine 218 lire 22 000 Da Totò ai FratelliDe Rege:storie e testi dell'avanspettacoloe del varietà. FIANNERYO'C0NN0R Nelterritoriodeldiavolo a cura di OttavioFatica pagine 140 lire 24 000 Il mistero - e il mestiere - di scrivere, in un libro percorso da una fede violentae irriducibile nella letteratura. Af.EXANDERSTUART Tribu pagine 176 lire 24 000 UnaLondracupa e fiammeggiante fa da sfondoalla storia di un produttore cinematograficoche tenta di allestireun film sulle bande giovanili. ..----------~, I Sevoletericevereil nostro catalogoo acquistare libri I per corrispondel)zainviate-questacedola I Nome..............................................Cognome................................. I Via.........................................Città............................ CAP................. I I O Desidero ricevereil catalogo I O Desidero riceverei seguentititoli I Titolo/Autore..................................................................................... I I Titolo/Autore..................................................................................... 1 Titolo/Autore.................................................................................... I O Pagherò in contrassegno I· I O Hoversato la cifra sul ccp 43907005 intestatoa: EdizioniTheoria 1 Eo1z10N1 THEORJA ViaSeverano 33- 00161 Roma I tel. 06/44291214 fax 44291390 .J .._ _________ EDIZIONITHEORIA • VIASEVERANO, 33 - 00161 ROMA quell'attivismo che restava subalterno o al più diventava parallelo alla militanza politica, alla creatività diffusa e liberata di quando la cultura (ogni cultura e tutta la cultura, in un'accezione così vasta da sfidare la stessa definizione antropologica) diventava il terreno privilegiato e perfino l'ideologia di ricambio degli ultimi movimenti politici e ... "privati". Fin da allora si riempiono le scuole di animatori e le piazze di attori e gli enti locali di bibliotecari e archivisti, ma resta ancora precaria e incompiuta l'immagine e la competenza che fonda l'operatore culturale. La sua invenzione sarà perfezionata più tardi, persino dopo le coraggiose orge dell'Effimero e di quel capodanno (anzi, capodecennio) romano e imperiale in cui Festa e Cultura diventano sinonimi e festeggiare la festa diventa l'attività culturale che compendia tutte le altre. È più tardi infatti, in tempi più quaresimali e in modi più istituzionali, che si comincia a riflettere e a scegliere - sempre arbitrariamente, come si conviene a dei vincitori - fra grano e loglio e oppio, cercando di raccapezzarsi tra i detriti del festivo e del permissivo, dello sperimentale e del gratuito, dell'assistenziale e del terapeutico, del provocatorio e del demenziale, su cosa fosse e a cosa dovesse servire l'attività culturale. li paziente impegno degli amministratori dei mille condomini sociali d'Italia risolse gradualmente la questione: qualcuno sentenziò che "la cultura è un servizio" e tutti gli credettero. Era l'unica definizione di cultura che erano politicamente in grado di accettare. E di comprendere. Una volta messo su un ufficio comunale (provinciale, regionale ...) relativo ai "servizi culturali", la faccenda si fece semplice e regolare: chiunque avesse a che fare con quegli uffici diventava finalmente "operatore culturale". I gruppi teatrali, musicali, di arti plastiche e visi ve e audiovisive, i singoli organizzatori, consulenti, competenti e ambulanti che avessero voluto realizzare un qualche "progetto", non avevano che da aggiungere, in calce alla domanda, qualche riga sui benefici che avrebbero ricevuto gli utenti del "servizio", e potevano già sperare; per mettersi poi al sicuro, bastava che si passasse dal fare spettacoli al promuovere corsi per attori, dai concerti ali' animazione musicale per le scuole materne, era cioè sufficiente prendere l'arte e metterla dalla parte di un qualunque servizio già strutturato e funzionale. Più chiaro di così ... Tutto il Territorio fu culturalizzato, ma a parte gli ospizi, i manicomi e le prigioni, soprattutto le scuole furono prese d'assalto. Della loro mancata riforma (manca da così tanto tempo che l'attesa si è fatta messianica) non si avvertì più l'esigenza: ogni scuola poteva diventare a tempo più che pieno, aggiungendo operatori di musica, danza, scherma e scacchi fino a tarda sera. Meglio di così... Tutto questo può sembrare già cronaca attuale, ma non lo è. Già dalla metà degli anni Ottanta le cose sono cambiate, per via di almeno due innovazioni. Da una parte gli enti locali hanno cominciato ad operare culturalmente in proprio, battezzando propri operatori attraverso propri corsi di formazione, ma anche inventando interi servizi, interamente affidati alle loro cure: dalle università della terza età alle biblioteche decentrate, alle visite guidate, alle vacanze accompagnate, si può dire che il servizio culturale e l'assistenza sociale si sono così compenetrate da confondersi e diffondersi all'unisono. Non c'è terapia che non sia pedagogica e pedagogia che non sia terapeutica. Dall'altra, però, le ferree leggi dell'economia che- malgrado i furti e i fasti di tangentopoli -dettano leggi alle amministrazioni e ne minacciano la creatività politica, hanno suggerito la

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